Ci ha lasciato Luigi Maria Lombardi Satriani. L’antropologo, l’inventore della antropologia moderna, lo studioso dei linguaggi e delle tradizioni tra storia e memoria, tra ritualità nella ricerca del mito e ricerca degli archetipi nei processi dei popoli dentro le civiltà. Il politico mai di parte. Il filosofo delle culture sommerse. L’accademico che non ha mai creduto alle accademie perché nel suo Carlo Levi il vissuto è stato sempre cultura popolare e quindi il ricettore delle identità nelle eredità del senso delle radici. Il poeta che disegnato l’amore e il vissuto degli amori.
Ho tante ricordanze da distribuire nel mio mosaico della vita e dei nostri incontri: dalla Calabria a Roma, da Campobasso a Scanno. In quel Premio Scanno che ci ha visti sempre insieme negli ambiti antropologi e letterari. Ho tanti tasselli da mettere in ordine. Con lui scompare il modo di pensare alla antropologia non solo come ricerca ma come esistenza. Ma in questo primo impatto io voglio parlare dell’antropologo oltre. Ovvero del poeta che presentai, recensii, che ascoltai e lessi grazie alla Ferrari editori e a Francesca Londino. Il suo libro di poesia che “raccontai” immediatamente. Ne parlammo a lungo proprio a Scanno e poi a Roma. Ma chi è stato il Luigi Limbardi Satriani poeta? Che è il Luigi Maria poeta? Annoto qui come feci anni fa.
Credo che la chiave di lettura del libro di Luigi Maria Lombardi Satriani “La poetica dell’amore” come sottotitolo e come titolo “Omnia vincit amor”, pubblicato nelle eleganti edizioni di Ferrari Editore, stia nella lettura particolareggiata della nota conclusiva dello stesso autore, una nota dalla quale si evince un elemento fondamentale che è quello del viaggio intorno alla sua vita, ad una vita non soltanto di intellettuale, di antropologo, di scrittore, di uomo di pensiero che ha partecipato al dibattito e alle battaglie culturali di questi decenni, ma è una nota nella quale c’è la forza di un percorrere la propria esistenza grazie ad un incidere su ciò che è stata la sua famiglia, su ciò che è il rapporto con la sua famiglia, su ciò che rappresenta il concetto di famiglia e ciò che rappresenta il concetto di tradizione.
Sono elementi fondamentali che hanno portato Lombardi Satriani a una ricerca tout court del legame tra storia territorio e tradizione, ovvero le antropologie dei territori, ma soprattutto la comprensione di una civiltà e delle civiltà ha permesso di penetrare quei sottosuoli della memoria, quei sottosuoli dostoevskiani, che sono rilevanti all’interno di un processo che è un processo culturale sic e ti simpliciter.
Un grande antropologo, un maestro dell’antropologia, un maestro di quell’antropologia che è stata flusso dinamico di varie dottrine e di varie scienze. Il legame tra antropologia e tradizione, tra antropologia e demologia, il dialogo tra antropologia ed etnia o etnie, sono dentro il suo cammino, la sua ricerca.
Quando noi parliamo di questi elementi è naturale che i linguaggi sono codici della comunicazione, della conoscenza, del sapere, e in questi codici entra la letteratura, entra la poesia, entrano i linguaggi poetici e allora non mi meraviglio che un grande antropologo, uno che si porta dietro e dentro un’esperienza dell’antropologia dell’umanesimo, ma anche dell’antropologia sul campo da un punto di vista scientifico, si sia confrontato con la propria sensibilità e con la sensualità del linguaggio e dei linguaggi della parola, attraverso la poesia, perché è la poesia che diventa percezione, è la poesia che diventa rivelazione, è la poesia che diventa chiave di una vera e propria percezione di quei linguaggi che sono linguaggi sommersi, linguaggi labirintici in cui la parola è il segno dinamico di una sensualità e di una sensibilità che sono e che diventano a loro volta dei linguaggi di manifestazione in cui il senso dell’onirico è appunto senso della vita, senso della vera e propria manifestazione dell’essere e quindi della conoscenza di se stessi.
Ecco perché Luigi Maria Lombardi Satriani è dentro questa feritoia di emozioni, perché la sua parola è emozione e se vive il senso del tempo e della memoria in quella tradizione antropologica, il senso della sensualità è attraversato dalle sue esperienze che passano in una testimonianza in cui la donna diventa nucleo centrale nel suo vissuto, la donna come madre, la donna terra, la donna mare, la donna impastata nella sabbia e nella terra che diventa, a sua volta, consapevolezza e conoscenza del proprio Io.
Questa terra che è donna, o questa donna-terra fisicità carnalità, diventa anche la donna madre e allora questi sistemi che sono sistemi simbolici sono sistemi che noi viviamo all’interno di un processo che non è soltanto culturale ma anche profondamente esistenziale.“La poetica dell’amore” è un’intermittenza del cuore a questa manifestazione proustiana che diventa angolatura lirica, che diventa significato e significante di un percorso in cui la liricità diventa fondamentale.
Il libro è diviso in due parti: “La cognizione del tempo” e il “Canzoniere, cronaca di un amore”. Quindi il tempo, la consapevolezza del tempo, avere la consapevolezza del tempo in un tempo che passa, in un tempo che è passato e che non ritorna, e ciò che ritorna è soltanto nostalgia, ci dice questa poetica dell’amore e proprio attraverso questa nostalgia (nostos) si ritorna alla terra, si ritorna quindi a quella terra che è terra madre.
I suoi versi dedicati al padre hanno un raccontare in cui il senso del mistero è il senso, in fondo, della ricerca del tempo perduto, diventa un risonanza in un tempo che si cerca come tempo ritrovato ma l’armonia di un tempo, non è un bisticcio di parole, è la disarmonia del quotidiano. Si recita: «I figli non dovrebbero parlare dei padri, possono solo seguirli e assecondarne i precetti in quanto è impossibile».
In quattro versi come si cattura questo esilio del tempo e si cattura ancora di più l’esilio del tempo anche nel Canzoniere, in quella cronaca d’amore che dovrebbe, o potrebbe essere, una rappresentazione di alcuni fatti, di alcune avventure, diventa invece una “sensazione” perché qui c’è poesia. In questa poetica dell’amore, scritta, enucleata dall’antropologo Luigi Maria Lombardi Satriani, è possibile rintracciare quella poetica dell’antropologia del cuore, dell’antropologia dell’anima come metafora e metafisica dell’antropos. In “Fantasie delle notti trascorse” si può leggere: «Il tuo corpo baciato in ogni parte con ardore incessante sin quando la mia forza vitale è fluita su te e ci siamo abbracciati ancora una volta che c’è dolce essere sommersi di baci».
“È dolce perdersi in questa malinconia” direbbe forse Sandro Penna mutuandolo da una lettura leopardiana perchè Leopardi diventa il punto centrale, insieme a Cesare Pavese, oltre ad una visione, a un immaginario che veniva dalla Vita nova di Dante e dal Canzoniere di Petrarca. Ma nella Vita nova, che ha una sua eplicitazione pur in uno “stile dolce”, si recupera la fisicità delle tante Beatrici che diventano un po’ Laura, ma soprattutto, diventano la sensualità di Fiammetta, e si ascolta ancora in questi versi: «Odo con te immensa distesa del mare e con vento leggero va e viene sulla spiaggia dorata di luce e la vedo inondata dai nostri sguardi e dall’amore che spira tra noi».
Sono versi splendidi, di uno splendore direi sublime, questi recitati e chiosati da Luigi Maria Lombardi Satriani, come sono versi sublimi quelli dal titolo “Lo specchio”: «Sei lo specchio nel quale ritrovo i riflessi, i miei pregi e difetti, di cui avverto l’orgoglioso possesso e il senso di colpa. Ti ritrovo simile a me anche se abbiamo differenti storie e trame di vita e il mistero di snodi convergenti, di esistenze dal loro variegato snodarsi e somiglianze inattese che folgorano il buio con i loro lampi di luce rendono ancora più fonda e tenera la notte che circonda il nostro incessante peregrinare nel tempo» (Scott Fitzgerald ed Hemingway).
In questa “Tenera è la notte” tra Fitzgerald e Zelda, un racconto d’amore che Lombardi Satriani mutua in questa “Poetica dell’amore” e allora gli ascolti di una letteratura che è ben custodita nella formazione di questo grande antropologo diventa dimensione e distensione onirica. Come non si può sussurrare che questo viaggio poetico dell’amore sia un viaggio nella poesia dell’amore. Si ascolta questo verso nella poesia dal titolo “I segni di un corpo”: «Ho le mie mani colme di te (…) Più avanti ripenso con il pensiero a questi gesti e capisco cosa intendesse che, mentre facevano all’amore, mi disse di avermi nel sangue. So che quando ti dirò questi versi non crederai le parole pur dette in anni lontani che ho scoperto la tua gelosia retrospettiva per gli amori che hanno tramato il mio tempo e che tu ti costringi ad accettare con sano realismo ma con evidente fastidio. È così che comunque procede il nostro insopprimibile amore».
Io credo che sia un poema rivoluzionario dal punto di vista sentimentale.
A dire il vero mi sono accostato a questo libro con una chiave di lettura in cui cercavo l’antropologo nella tradizione dell’amore e ho trovato, invece, la poesia dell’amore non solo scritta ma vissuta da un antropologo che ha posto al centro l’uomo con le sue virtù, i suoi vizi, i suoi difetti, le sue fughe, il suo omerico ulissismo. Il suo ondeggiare nella storia di Paolo e Francesca, straordinari versi di un frammento dantesco.
Quel duellare tra Francesca e Paolo sono una pagina di grande poesia quando il poeta dice: «Vorrei essere Paolo e scaldarmi al sole che le francescane parole conferiscono all’astro solitario nei cieli questo immenso potere». Ebbene, c’è la classicità della poesia, a volte c’è il tocco ironico che non diventa mai tocco umoristico, ma ironico sì.
L’ironia diventa anche un senso del tragico e il senso del tragico viene completamente vissuto e viene vissuto fino in fondo, fino a toccare gli estremi di una poesia, di una letturatura in cui l’onirico diventa il senso e il sentimento ancestrale, perché il senso e il sentimento ancestrale sono dentro il viaggio e l’antropologo viaggia, è finzione per immaginazioni, lungo l’immaginario, lungo la tradizione, tornando alla realtà e superando la storia.
Perché la storia viene superata dall’antropologo perché si affida alla memoria e, affidandosi alla memoria, non fa altro che affidarsi a quel tempo che è segnato. Ecco allora perché i segni, le forme simboliche di una letteratura che va dalla cultura classica fino a Pavese, questo tardo emetico che ha raccontato la poesia in prosa con i Mari del sud e il Mestiere di vivere diventa poi in Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Ebbene Luigi Maria Lombardi Satriani è stato attratto e la sua attrazione è dentro questi due temi: i mari del Sud, sul piano hemingueiano, direi, e il senso e la morte. Il senso e la morte si sposa con il senso del tempo in questo libro, la morte e il tempo, e poi la sapienza del vecchio. Ecco ritornare il Vecchio e il mare. Il vecchio che osserva il mare, che dialoga con la pazienza di un tempo che non c’è più . «Con il ricordo delle ore da poco trascorse, con il vuoto che occorre per il prossimo incontro e con la nostalgia del tuo corpo che si mescola al mio e l’ardore di altri baci e carezze, inondarsi reciproco che non conosce stanchezza e si proietta vittoriosa nel tempo».
E’ questa la “Poetica dell’amore” tra la cognizione del tempo e il cantico dell’amore come Canzoniere. Una poesia tutta nel vissuto, tutta tagliata nella lacerazione delle carni del proprio essere e ricucita con la saggezza dell’uomo che ha tanto vissuto e tanto ha assorbito, «che ogni cosa che vedo sembra di averla già vista». Di nuovo ritorna Pavese, ma Pavese è stato l’autore del romanzo della letteratura ed è stato anche l’antropologo che ha ascoltato i paesi suoi che sono diventati i paesi nostri, i paesi tuoi.
Ebbene, quella valorizzazione del paese, della festa che viene superata dal giorno successivo in termini leopardiani, rivive Luigi Maria Lombardi Satriani in qualcosa che è stato e vive il rimpianto, egli stesso dice: «Io convivo con il rimpianto» e convivere con il rimpianto significa non perdere il contatto con la memoria e, non perdere il contatto con la memoria, significa ancora una volta guardare lo sguardo della nostalgia. Dentro lo sguardo della nostalgia ci sono elementi della sua poetica tra il viaggiare in una geografia fisica, in una geografia estetica ed etica, in una geografia della parola.
Rincorrere il tempo e sezionare il tempo in attesa che la morte sopraggiunga e quando la morte verrà avrà gli occhi di tutto ciò che abbiamo visto, di tutto ciò che abbiamo sofferto, di tutto ciò che abbiamo vissuto. Questa storia d’amore non è un capriccio, è un ricomporre i tasselli del mosaico, del poeta, dell’uomo, dell’intellettuale, dell’antropologo, della tradizione sua di famiglia, per lasciare un segno tangibile come tassello in questo grande viaggiare che è verso i mari dell’infinito, verso i mari che hanno il filo dell’orizzonte, ma che hanno anche un confine.
«La barca che si allontana cade nel sole, precipita nel sole, e dopo un po’ quel sole diventa crepuscolo, diventa sole tramontato». Il tramonto del sole è la metafora del tempo che è trascorso, del tempo che è andato via. «Con vigile cura mi hai dedicato gesti e parole d’amore e il sorriso. Sei stata fresca, benefica pioggia nella mia vita riarsa». Il poeta, dunque. Ma qui l’uomo scava tra quelle memorie che sono il tempo della eredità profondamente radicata nella giovinezza che non smette di vivere tra in canto e un sogno. Era nato a Briatico, in Calabria, il 10 dicembre del 1936. È scomparso a Roma il 30 maggio 2022.