Forse la componente più caratterizzante (“sentimento”) in Pier Paolo Pasolini resta la malinconica malinconia. Legata a un sentiero che farà da sfondo a molte sue poesie: la nostalgia.
È la malinconia della diaspora tra lingua e dialetto, la rottura tra campagna e città, tra paese e metropoli, tra marxismo e cattolicesimo, tra colpa e peccato.
Una malinconia che linguisticamente recupera dal suo amato Pascoli, al quale dedicherà la sua tesi di laurea.
Una malinconia problematica e vissuta come nostalgia, appunto, che graffia le pareti antropologiche e mitiche, tematiche e archetipiche, di uno scrittore come Cesare Pavese, con il quale, inevitabilmente, si confronta, ma che non ama, anzi lo evita. E commette un errore di vanità.
Pasolini poeticamente nasce proprio nella morsa tra Pascoli e Pavese. In Pavese il Pascoli delle campagne raccontate si colloca in una liricità profonda sul piano linguistico, e simbolica in termini metafisici. Pasolini è qui che nasce in poesia.
Il padre di Pascoli è lo specchio della madre di Pasolini. La grecità cercata di Pasolini nei miti classici è bella e pronta in Pavese. Questo lo comprende ma non accetta di riconoscerlo. La Medea di Pasolini è nel canto tragico di Pavese.
I suoi primi romanzi, dove si avverte un traslocare di valori tra tradizione e modernità, conducono direttamente a “Paesi tuoi” e al “Compagno” di Pavese. Ma anche la rottura stilistica dalla struttura ermetica alla raffigurazione del campo lungo meta realista nel verseggiare raccontato è già nel Pavese di “Lavorare stanca”.
Il tentativo di superare il moderno restaurando la tradizione è un cammino sia pascolano della fase di Barga che pavesiano all’interno del “Mestiere di vivere”. Sono dati imprescindibili per comprendere fino in fondo un’opera aperta come quella creata da Pasolini.
L’unico elemento “definente” resta la storia. In Pasolini campeggia vertiginosamente mentre in Pavese giganteggia il tempo stretto dentro il mito. In Pasolini la storia è agganciata alla ragione.
Due formazione diverse certamente ma speculari.
In entrambi la letteratura è segmentata dalla antropologia. Da una parte resta il binomio Marx-Gramsci e dall’altro il dialogo costante Vico-Eliade. In fondo sono dimensioni che fanno della malinconia una fenomenologia dello spirito.