Roma, 22 settembre 2022 – Mediterraneo e geopolitica. È un legame stretto che chiama in causa una diversità di elementi e di aspetti che intrecciano storia e cultura tout court. Senza mai dimenticare il Mediterraneo nelle letterature. Infatti è un rapporto che diventa sempre più problematico e armonico che raccoglie istanze e modelli di tutto il contesto meridionale. Sud e letteratura. Un tema antico che risulta ancora affascinante e intrigante sia sul piano puramente letterario che su quello culturale più in generale.
Bisognerebbe avviare un significativo dibattito che possa riguardare la “cultura” poetica, ma, in modo particolare, la poesia nei suoi contesti regionali.
La poesia, come il teatro, è quella che maggiormente ha incarnato la certificazione di quel localismo che si decodifica nel popolare in prima istanza ma che poi assume un taglio universale. In tutto il Sud, non c’è poesia, o non si dà poesia, se manca l’immagine del luogo. La letteratura si esprime attraverso sentimenti, sentieri onirici, riappropriazione di luoghi che raccontano attraverso la metafora il tempo e la storia.
Ci sono eredità in letteratura che attraversano non solo i contenuti e le dimensioni tematiche ma si innervano nel linguaggio. Il linguaggio non è soltanto una forma di comunicazione. È la costante dell’essere che vive tra la parola e il tempo. Si pensi al rapporto tra la tradizione popolare e l’identità delle letterature. Tradizione popolare, favola, racconto sono sottolineature di un processo letterario che nel Sud trova una sua più esplicita forma comunicativa e documentaria. Il Sud, la poesia e il radicamento popolare. Sono tre elementi che caratterizzano il senso del “localismo”. In letteratura il localismo si identifica anche con il senso delle radici, con il “regionalismo” culturale, con l’identità della tradizione.
Non esiste una letteratura locale. Esiste, invece, una letteratura di autori che vivono nella propria terra. Oppure esiste una letteratura che racconta, ora con motivi lirici ora con motivi realisti, l’appartenenza ad una terra. Tommaso Fiore e il suo raccontare quel “popolo di formiche”, Leonardo Sciascia e la Sicilianità, Corrado Alvaro e la Calabresità, Rocco Scotellaro e i contadini della Lucania, Silone e i suoi cafoni sono forse il portato di un localismo? Certamente sì. Se localismo è capacità di trasformare il senso dell’appartenenza in arte, in linguaggio, in espressione onirica, in visioni simboliche.
Cosa è dunque il localismo rispetto all’universalismo? Me lo sono spesse volte posto anche scrivendo il mio saggio – antologia sulla letteratura pugliese del Novecento e i miei testi sulla letteratura calabrese e meridionale e sui poeti del Mediterraneo. Ed è un aspetto che ritorna soprattutto in una visione di letteratura o di poesia del ritorno. Ovvero di poesia che si identifica non nella schizofrenia avanguardistica ma in un modello di linguaggio che recupera la tradizione e fa della tradizione un progetto di vita – letteratura. Poeti che raccontano i luoghi in una geografia che non è soltanto paesaggio e natura ma è geografia dell’anima il cui linguaggio ha ben catturato gli stilemi della forma e dei contenuti che sono vivi nella letteratura mediterranea.
La stessa poesia mediterranea non è forse poesia localista? E poeti come quelli che si portano il Sud appiccicato nella carne e nelle parole sono forse poeti da definire localisti: da Bodini a Tedeschi, da Selvaggi a Carrieri, da Comi a Sinisgalli, da Gatto a Fallacara, da Grisi a D’Arrigo, da Troccoli a Fornaro, da Calabrò a Rasulo, da Butitta a Pierro (per toccare i tasselli della poesia dialettale)?
Luigi Fallacara: “Mi commuovono i canti un tempo uditi/e poi per sempre dentro me fuggiti/come in un luogo dove ancora esistono”. Che bel localismo c’è in “Immagini del Salento” di Girolamo Comi. Solo due versi:
“Cristalli di luce varia
spaccano l’ozio dei suoli”.
Che localismo di luce solare si avverte in “Paesi bianchi” di Raffaele Carrieri. O nei versi di “Chi è passato prima di me”:
“…Non era la colomba d’Archita
Quando tra questi ulivi
Mi colse prima morte”.
La parola che inebria e che sa dare voce a tutto il Sud. L’emblema di quel localismo che è fatto di appartenenza in Bodini si fa destino e comunanza:
“Tu non conosci il Sud, le case di calce
da cui uscivano al sole come numeri
dalla faccia d’un dado”.
O, sempre di Bodini, la poesia dal titolo “Torchiarolo”:
“Sulla piazza di Torchiarolo
dalle case rosse e blu
le anime sante del purgatorio
invocano Maria e Gesù”.
In questi ultimi versi c’è tutto il sentire di una meditazione arcaica che è dentro il concetto di localismo e resta come pietra miliare nella poesia dei luoghi, delle partenze, dei ritorni. In quella poesia che si legge attraverso due modelli interpretativi: il sacro e il mito.
Ma non era anche Salvatore Quasimodo un poeta localista? E Corrado Alvaro? Poeta e scrittore? Poeta o scrittore? Il localismo invade sia nella narrativa che nella poesia se si localismo si deve parlare. La letteratura pugliese degli ultimi anni è una letteratura che ha sperimentato temi e forme.
E’ naturale che tutto questo è localismo. Ma è piuttosto un termine che non ha valore soprattutto in letteratura. Non esiste una letteratura locale. La letteratura si caratterizza certamente per le cose che riesce a dire e che lascia nel lettore. Se poi invece il cosiddetto sentimento del radicamento rientra nel localismo è un altro discorso e mi auguro di non dover affrontare.
C’è tutta una poesia, invece, che va riletta, va ristudiata, va riproposta. E si tratta appunto di un poesia di autori locali che vanno tenuti in alta considerazione. La storia letteraria d’altronde è piena di contraddizioni del genere. Bisogna seguire, studiare e proporre una chiave di lettura per educare e innescare un confronto con le realtà poetiche vivono nel territorio. La letteratura, dunque, traccia sempre percorso il cui rapporto è tutto giocato tra la parola (il linguaggio) e la vita. Anche in questo caso il Sud è nella letteratura – vita. Il Mediterraneo è un destino tra i linguaggi che richiamano visioni antrantropologica all’interno di processi etnici e mitici. Solo così il processo di conoscenza può diventare riscoperta di identità e di echi nuovamente radicanti.