Milano, febbraio 2023 – Dopo un restauro durato un anno a seguito del ritrovamento da parte dei Carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale di Monza, il capolavoro cinquecentesco “La Madonna del latte” di Marco D’Oggiono torna a far parte della collezione permanente della Pinacoteca Ambrosiana.
L’opera restaurata, il prossimo 15 febbraio, sarà al centro di una cerimonia di presentazione incorniciata dalla splendida Sala 23 della Veneranda Biblioteca Ambrosiana in Piazza Pio XII a Milano, uno scrigno che racchiude in sé una Biblioteca, una Pinacoteca e un’Accademia: tre realtà tra loro complementari volte a promuovere l’amore per le lettere, le arti, la scienza e il bello. Più di quattrocento anni di vita, propiziatrice di incontro delle tradizioni culturali, nel porsi a servizio della fraternità, con un compito tutt’ora attualissimo: promuovere l’amore del Vero e del Bello per il bene delle persone, della Chiesa e della società. Nelle parole dell’Arcivescovo di Milano, S.E. Mons. Mario Delpini, Gran Cancelliere dell’Ambrosiana, Patrono e ultimo responsabile.
Il prezioso dipinto del primo Cinquecento, misteriosamente rubato dalla Pinacoteca Ambrosiana a metà del secolo scorso, probabilmente durante un periodo di restauro degli ambienti della prestigiosa e quattrocentesca Accademia milanese e, ritenuto perduto, è stato individuato attraverso la segnalazione di un mercante d’arte di Milano, nel marzo 2021. Alla identificazione hanno contribuito la Conferenza Episcopale Italiana CEI e Ministero della Cultura a salvaguardia del patrimonio storico-artistico ecclesiastico, impegnati in una certosina catalogazione e pubblicazione delle creazioni d’arte, finalizzata a contrarre e contrastare il fenomeno della sottrazione per furto dei beni culturali ecclesiastici. L’opera è stata presentata nel settembre 2021, negli spazi della Veneranda Biblioteca Ambrosiana e Generali Arte da Monsignor Marco Rocca direttore della Pinacoteca, alla presenza del Tenente Colonnello Francesco Provenza, comandante del Nucleo monzese.
‘La Madonna del latte’ tela in olio su tavola che per peculiarità stilistica è riferibile una datazione di inizio Cinquecento attribuita a Marco d’Oggiono, pittore ed esponente del Rinascimento lombardo, allievo di Leonardo da Vinci. Nato da Cristoforo orefice possidente, probabilmente ad Oggiono tra il 1470 e il 1475 e, morto a Milano intorno al 1524, Marco d’Oggiono, maggiore tra i pittori dell’area di Lecco, fu artista indipendente nella bottega di Leonardo, la cui presenza è rilevata documentalmente nel periodo in cui il maestro toscano operava presso la corte sforzesca tra il 1482 e il 1499. Eseguì tele monumentali e commissioni di grande prestigio per le famiglie Trivulzio e Bagarotti.
Dalle tonalità tipicamente leonardesche del verde-azzurro con un richiamo alla simbologia devozionale cara alle donne sterili, bandita poi da Concilio di Trento (1563) che, ritenne quel genere di raffigurazioni di madri a seno scoperto nella funzione di allattare, contrarie al decoro e al senso morale, l’iconografia della Madonna del latte, si ripete nel suo corpus pittorico come si evince dalla monografia dedicata a Marco d’Oggiono di Domenico Sedini, autore di numerosi saggi e pubblicazioni d’arte.
AMBROSIANA
La speranza come la ragione per il lavoro dell’accademia, la speranza come la fonte di energia, di ispirazione, di passione per l’Istituzione Veneranda che qui vive da secoli, cioè la Biblioteca e la Pinacoteca ambrosiane, e per le Classi dell’Accademia che invece si sono costituite in questo ultimo decennio, aggiungendosi e integrandosi alla più antica accademia di studio su San Carlo Borromeo, attiva da molto prima.
Più di quattrocento anni di vita, con un compito tutt’ora attualissimo: promuovere l’amore del Vero e del Bello per il bene delle persone, della Chiesa e della società.
Nelle parole dell’Arcivescovo di Milano, che dell’Ambrosiana è Patrono e ultimo responsabile, troviamo il compito di questa antica istituzione, declinato nel contesto culturale e sociale dei nostri giorni.
Quale speranza?
“La speranza che mi sembra iscritta nella vocazione originaria dell’Ambrosiana e nella costituzione dell’Accademia è quella di propiziare l’incontro delle tradizioni culturali, di essere a servizio della fraternità. La fraternità che siamo chiamati a sperare, quella per cui siamo chiamati a lavorare non è costruita sulla carne e sul sangue, come si dice nel Vangelo di Giovanni, cioè sull’appartenenza etnica o sulla lingua comune. Si costruisce invece su una più alta, limpida, audace interpretazione della vocazione ad essere fratelli e sorelle in ragione dell’appartenenza all’umanità, per la quale Dio ha preparato un giardino in cui si possa vivere in pace”.