La rievocazione del naufragio
Autorità civili e militari si sono riuniti l’1 aprile sul lungomare di Ribera (Sciacca) per la commemorazione della morte dei marinai greci a bordo della nave Angelika naufragata il 6 febbraio 1906 nei pressi della spiaggia del Corvo di Seccagrande. La cerimonia, suggestiva e commovente si è svolta nei presi del monumento eretto sul lungomare Gagarin a ricordo del tragico evento.
Due dei marinari che formavano l’equipaggio, Giorgio e Diamantes Lemos allora furono sepolti a Ribera, contrariamente agli altri marinai che il mare non restituì. Tra le autorità presenti alla cerimonia anche il dott. Domenico Macaluso (Mimmo) che recuperò parte del fasciame e delle ancore del veliero dell’isola di Inosusses. Ribera è gemellata con il comune greco dell’Egeo e ricorda periodicamente il triste evento. Macaluso ha nel tempo posto in essere gemellaggi amministrativi, visite ad Inousses e favorito la realizzazione del monumento delle ancore a Seccagrande in memoria dei marinai greci morti ed avviato collegamenti periodici sul web tra le due comunità.
Mimmo Macaluso tra i principali artefici del ritrovamento del relitto nel suo intervento commemorativo ha pronunciato parole toccanti sulla morte dei poveri marinai e sulla sfortunata vicenda. “E’ una tragica vicenda che ha creato un rapporto di amicizia tra la comunità di Ribera e quella di Inousses, l’Isola greca da cui proveniva il veliero. E’ una vicenda che ancora oggi ci commuove perché la maggior parte degli uomini, che componevano l’equipaggio della nave, perirono tra i violenti flutti e i cittadini dell’isoletta di Inousses, nell’Egeo, patria degli sventurati marinai, si vestirono di nero, ma non potettero piangere sui corpi dei connazionali. I parenti dei tre fratelli e dei rispettivi figli, tutti della famiglia Lèmos, non seppero dove si era inabissata l’Angelika e dove riposavano i loro congiunti”.
Una vicenda che vale la pena ricordare poiché dopo il naufragio, qualche giorno, dopo il mare restituì i corpi di Giorgio e Diamantes Lemos e un mese dopo il cadavere di un altro marinaio che non fu identificato, sepolti a Ribera. Su tutta la vicenda cadde l’oblìo, fino al 1978 quando un giovane ricercatore subacqueo riberese, Mimmo Macaluso, seppe della nave da carico affondata a Seccagrande, a poche decine di metri dalla spiaggia e scorse due grandi ancore e tanti mattoni rossi. Iniziò da qui la complessa ricerca sulla identificazione delle origini del relitto. Macaluso, con lo storico locale Raimondo Lentini, avviò una indagine lunga e difficile .
Dalla morfologia delle ancore, alla testimonianza di un abitante ribetese ultranovantenne e, dopo la consultazione del registro dell’anagrafe del comune di Ribera del 1906, si scoprì l’identità della nave e la sua provenienza.
Un giovane agronomo greco, Giorgio Diakenissakis, studente universitario a Palermo, oggi sposato a Ribera, dopo avere individuato il compartimento marittimo di Chios, fece da interprete per comunicare al sindaco dell’isola di Inousses il rinvenimento del relitto della nave, cercata per anni e mai trovata. Possiamo immaginare la commozione degli abitanti dell’Isola greca e dei familiari discendenti di quei marinai. La nave che aveva in carico mattoni rossi per le costruzioni con la scritta “Societè Generale des Tuileries Marseille”. Tante donne si vestirono di nero, il lutto durò diversi giorni.
Nella vicenda, per ricostruire la storia, un ruolo importante lo ebbe un anziano testimone riberese, Antonio Tamburello, di 97 anni, che raccontò a Mimmo Macaluso di essere stato in parte testimone della tragedia quando a 7 anni il padre lo portò a dorso di mulo sulla spiaggia del Corvo dove, dal mare ancora agitato dalla tempesta, emergevano brandelli di vele, frammenti di fasciame e soprattutto sulla spiaggia giacevano centinaia e centinaia di mattoni rossi marsigliesi. Il padre li vendette ai riberesi per le costruzioni a tre lire ogni 100 unità.
Da quelli recuperati sott’acqua dal Club Sommozzatori Seccagrande (Mimmo Macaluso, Pippo Cardella, Giuseppe Puccio, Ignazio Calè, Aldo Mastrodomenico, Franke Dangelo, Vincenzo Gabriele, Nino Miceli, Nicola Riggi, Giovanni Zuccarello, Fabrizio Marchese, Calogero La Rocca, Vincenzo Carapezza), un secolo dopo, Tamburello ne volle regalato uno per portarlo con sé nella tomba a ricordo della sua infanzia. Mimmo Macaluso e i sommozzatori del “Seccagrande Sub”, con un lavoro durato tanti giorni, con circa 90 ore sott’acqua nella stagione invernale, grazie ad una grande gru con un lungo braccio in mare, portarono con difficili operazioni sottomarine, sulla spiaggia le due grandi ancore dell’Angelika, 1800 chilogrammi di peso ed alte tre metri.
Con le ancore ad alcuni mattoni rossi, a ricordo della tragedia è stato realizzato un monumento sul lungomare di Ribera che ricorda l’evento.
Il monumento di ancore realizzato sul lungomare Gagarin di Ribera
La commemorazione dei marinai dell’Angelika
Un momento della cerimonia del 1 aprile 2023