Giuseppe Selvaggi, il centenario dalla nascita. Il giornalista poeta calabrese: dal “Tempo” al “Messaggero. L’incontro con Bonaiuti, La Pira, Alvaro e Troccoli. Convegno a Cassano Ionio, 29
Agosto 2023 con Pierfranco Bruni: “In Selvaggi il tempo della poesia resta sempre il tempo del viaggio”.
“Come Centro Studi Francesco Grisi porteremo avanti un progetto su Giuseppe Selvaggi e l’incontro con Corrado Alvaro e Giuseppe Troccoli – sottolinea il presidente Pierfranco Bruni, saggista e antropologo, contattato dalla redazione di Paese Italia press.it insieme ai media partner Verbum press.it e Lafrecciaweb.it . un incontro tra scrittori calabresi lungo i fili generazionali che hanno raccontato una terra di paesi tra mari e montagne. In una confessione rilasciata da Giuseppe Troccoli a Giuseppe Selvaggi, e da lui pubblicata in un articolo apparso su “il Tempo” dei 28 ottobre 1951, si parla di una Calabria che non c’è più ma di una Calabria il cui sentire nostalgico ci porta indubbiamente al tempo dei ricordi. Una calabria che intreccia vita, storia e letteratura…”
Giuseppe Selvaggi (Cassano all’Ionio, 29 agosto 1923 – Roma, 26 febbraio 2004) è stato un giornalista e poeta italiano.
Giornalista parlamentare per “Il Tempo” ed “Il Messaggero” e direttore delle riviste culturali “Idea” e “Pianeta” (edizione italiana della francese “Planète”) e della rivista d’arte “Il Patio” della quale fu anche fondatore.
Tra le sue sillogi di poesie vi sono “Fior di notte”, “Canti ionici”, “L’italiano nuovo” e “Corpus” (1984). Nella critica d’arte ricordiamo il suo “Cento Pittori e una modella” e nel campo dei reportages giornalistici “Sette corrispondenze calabresi”, una delle quali è un’intervista al famoso boss Frank Costello (Francesco Castiglia).
Amico stretto di Giorgio La Pira. Fu il primo giornalista ad intervistare Corrado Alvaro nel 1945 a guerra finita.
Fu stretto collaboratore di Ernesto Bonaiuti per cui scrisse nel 1945 sul settimanale Il ” Risveglio” prima di tiventare redattore capo del Il Tempo e poi de Il Messaggero dove negli anni ’60 /’70 da giornalista parlamentare si occupò in prima pagina di questioni politiche.
Fu amico di Togliatti e Pertini.
Gli studi universitari a Roma, alla Facoltà di Lettere, dove seguì il primo corso di lezioni di Giuseppe Ungaretti su Leopardi, facilitarono i contatti con movimenti d’ispirazione religiosa che condussero Selvaggi ad una fraterna amicizia con Ernesto Bonaiuti (Roma1881-ivi 1946), Sacerdote, storico, studioso di storia del cristianesimo e di filosofia religiosa, uno dei massimi esponenti del modernismo italiano, perseguito per non aver prestato giuramento fascista nel 1931), con cui Peppino Selvaggi collaborò come accennavamo, alle sue riviste Il “Risveglio” e “1945“, traendo una formazione profondamente significativa nell’animo e nella sua opera poetica.
Selvaggi dichiarò in una intervista rilasciata a Pasquale Falco nel 1984, “l’apertura di una finestra sul pensiero extranazionale…Con Bonaiuti si tentava di sapere davvero chi e che cosa dovevano, potevano, nel presente, essere Mosè e Gesù, e poi, Marx” .
L’incontro umano e letterario tra Giuseppe Selvaggi con Corrado Alvaro e Giuseppe Troccoli è sintetizzato” In un breve epistolario che dà la dimensione di un dialogo costante tra due intellettuali e tra due poeti che hanno segnato il corso letterario calabrese di questi anni – rileva Pierfranco Bruni – in un passo di una lettera datata Firenze 3. 12. 1945 si legge: “Spero rivederti a Roma al più presto. Mandami, per piacere, il recapito preciso di Alvaro, che mi saluterai alla prima occasione. (… ) lo sono intento all’ultima revisione dei miei manoscritti: Verga (studio) e L’ombra che nella mente posso (liriche)”. In una dedica al Purgatorio dantesco Troccoli incide: “A Giuseppe Selvaggi, con affetto di compaesano e di amico”.Era il 1951. Il sentimento di appartenenza è certamente un valore. Un valore forte che passa attraverso il recupero di quel tempo perduto che si fa identità.In Selvaggi, appunto, Troccoli trovava quella “paesanità” che lo portava alle sue origini, alle sue radici, al suo mondo dell’infanzia e della fanciullezza.Sempre nell’articolo dei 1951 (apparso su “il Tempo”) Selvaggi annotava, riferendosi a Lauropoli e in particolare ai personaggi che vi campeggiano, delle sottolineature che hanno un senso non solo letterario: “Tutte queste figure sono la Calabria , è fatta così la Calabria : un ammasso di figure umane contorte dalla miseria, dalla superstizione, dalla vanità dei piccoli casati paesani, dal dolore accumulato in secoli di rinunzie, contorte dalla necessità di andare lontano (…)”.
“E ancora è importante questo inciso di Selvaggi al mondo di Troccoli, che era lo stesso mondo di Selvaggi – afferma Bruni : “i calabresi nel mondo: quegli esuli che siamo tutti noi fuori dalla Calabria, che con una rapidità assimiliamo quello che nelle altre regioni troviamo di utile alla nostra affermazione di uomini. Nasce così quello stacco evidente che un calabrese riesce a produrre nella propria vita e negli usi con un semplice viaggio oltre i monti della Lucania”.Un rapporto, allora, tra corregionali legati da un unico interesse che è quello dei senso di una appartenenza i cui valori di fondo diventano non solo testimonianza ma espressione letteraria. Un rapporto, inoltre, anche tra due generazioni. Generazioni che hanno vissuto l’età della diaspora e hanno raccontato il dolore della separazione, un dolore che si è fatto consapevolezza ma anche mistero.Ho parlato di questo e di altro, in riferimento a Giuseppe Selvaggi, in un libro edito alcuni fa e pubblicato dalla casa editrice Il Coscile”.
Selvaggi , ballerino Don Lurio (1999/2000)
Selvaggi, Palmiro Togliatti, (1946)
@photocredit Pierfranco Bruni
Pierfranco Bruni, nato in Terra Calabra cui è profondamente legato, vive tra Roma e la Puglia da molto tempo. Archeologo, antropologo, letterato e linguista, fecondo saggista e poeta è presidente del Centro Studi Francesco Grisi e vicepresidente del Sindacato Libero Scrittori Italiani. Dal carismatico e sopraffine stile letterario, Bruni è alla seconda candidatura al Nobel per la Letteratura. Già Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali e componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’Estero, nel corso della sua carriera è stato docente in Sapienza Università di Roma ed ha appronfondito lo studio rivolto alla tutela e alla conoscenza delle comunità di minoranze etnico-linguistiche.