Roma, 4 settembre 2023 – Sono stato a Gardone. Il Vittoriale. Respiro Gabriele D’Annunzio lungo gli spazi delle stanze. Riscopro vita in memorie. Incontro Eleonora Duse nel suo busto. La scrivania del Vate. Eleonora è ciò che sarà sempre. Poi sono stato a Vigevano. Ad Asolo. Eleonora è una tempesta di emozioni con la recita del tragico e la vita del dramma che percorre una memoria di “cenere”. Il teatro e stato l’onirico di una esistenza. Gardone. Asolo. Un immaginario che si fa vita tra le ricordanze.
Il tragico sulla scena del teatro e nella vita ha in Eleonora Duse la traghettatrice degli inquieti spiriti tormentati tra tremore e speranza. Sulla scena la donna dagli occhi malinconici e passionali. Nella vita la donna che ha vissuto gli amori e il passare del tempo in una clessidra in cui ogni granello di sabbia è diventato dissolvenza. Il teatro riscoprì la maschera greca in una potente pietas che coinvolse la ribalta dentro il retroscena tra costumi e specchi.
La metafora dello specchiarsi divenne fondamentale non solo per il teatro, ma per tutta la letteratura del Novecento che creò il personaggio oltre la storia. Il personaggio divenne autonomo e svolse in solitudine il suo ruolo. Il personaggio dalla realtà rappresentativa si metamorfizzò in personaggio destino e personaggio interprete di se stesso. Ovvero solo anche se sulla scena gli attori si rivelano con le loro personalità restando comunque attori. Lei no. Lei arriva attrice sul palco ma si reinventa e costruisce il suo ruolo.
Una costruzione spontanea e libera. Infatti lo stesso D’Annunzio, e non solo, scrivono pensando soltanto a lei. Ed è come se tutto dovesse ruotare intorno alla Divina. È come se lei inventasse tutta l’avventura non al di fuori della scena ma nella rappresentazione della scena. Ecco la metafora dello specchio. Uno specchio interno. Uno specchio esterno.
Dunque. Cosa è stata Eleonora Duse nel teatro moderno? Cosa ha rappresentato nel passaggio dal teatro al cinema? Un dato culturale è nel suo rapporto con Matilde Serao e Grazia Deledda. Un significante umano è nella lettura tra vita e recita con Marta Abba e Sarah Bernhardt…Eleonora Duse [Vigevano, 3 ottobre1958-Pittsburgh, 21 aprile 2924]. Verso il centenario della scomparsa. La Divina. La Dea. Il teatro nella vita. E l’amore? Andiamo or disciolti. Or congiunti. Recitò l’amore e il dramma in una città morta. Guardò dal palcoscenico la cenere tra le parole di Grazia Deledda. Amò nel profondo delle labbra il suo Gabriele. Furono anni di tempesta. Furono amore sotto la pioggia sotto il pineto. Il teatro che diventò poesia e la poesia si fece recita.
È nella recita che il tragico esplode con una inquietudine tale da essere scavata nella vita del pubblico in una emozionante penetrazione di esistenze.
Eleonora, una attrice che ha creato di sé non un personaggio, ma il personaggio. Un personaggio che ha recitato sempre se stessa il più delle volte reggendo alla improvvisazione, come ebbe a dire Luchino Visconti, soprattutto in testi dannunziani. Già a cominciare dalle prime sperimentazioni, ovvero da una Gaspara Stampa rappresentata che il modello prende corpo. Sono nel giro dei suo viaggi nei palcoscenici internazionali del 1904: “Case di bambole”, “La donna del mare”, “Fedora” e poi il D’Annunzio della “Città morta” o della “Gioconda”.
Anche D’Annunzio conobbe il vero teatro con lei. D’altronde “Il fuoco” del 1900 è un romanzo certamente ma si tratta anche di una rappresentazione diario – teatro nel quale quella Ghisola è appunto rappresentazione in un “notturno” che sarà il cieco e silenzioso racconto di una vita un cui Gabriele sembra confessarsi tra la figlia e quella metaforica, appunto, Ghisola che è la vera isola di un amore amante infinito.
La Divina si racconta sulla scena, dunque. Per raccontarsi recita il tragico e la sensualità del tragico nella inquieta sua solitudine di un albergo americano. Nel suo ricordare quello che non c’è più e quello che non verrà mai il tempo si è consumato tra i miti, le visioni oniriche e l’infinito gioco delle parti. Pittsburgh 1924. Sono ritornato ad Asolo. La Dea la Divina respira il suo vento. Immagini e immaginario ricompongono tasselli di un mosaico in ricordi di vita. Asolo è una piazza di fotografie ingiallite che riportano ad un tempo giammai dimenticato che non c’è più. Gardone e il Vittoriale sono un tempio.
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Pierfranco Bruni, nato in Terra Calabra cui è profondamente legato, vive tra Roma e la Puglia da molto tempo. Archeologo, antropologo, letterato e linguista, fecondo saggista e poeta è presidente del Centro Studi Francesco Grisi e vicepresidente del Sindacato Libero Scrittori Italiani. Dal carismatico e sopraffine stile letterario, Bruni è alla seconda candidatura al Nobel per la Letteratura. Già Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali e componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’Estero, nel corso della sua carriera è stato docente in Sapienza Università di Roma ed ha appronfondito lo studio rivolto alla tutela e alla conoscenza delle comunità di minoranze etnico-linguistiche.