Aeroporto di Skopie. Il vento tira dai Balcani. Profonda notte nella terra macedone dove lo sguardo verso Pristina è un indirizzo di saluto. La poesia è oltre la parola e i linguaggi si diffondono in echi di Baktisma. Il suono del cuore non è soltanto un battito.
Ha la movenza delle donne con il velo sul capo. Spazio di aeroporto e la mia Calabria è la cantara delle fisarmoniche e dei tamburelli. Calabrisella mia… Ma io sono di una paese dove la partenza ha antiche nostalgie.
Tre volte arrivai a canalicchio e tre volte tentai di ritornare per non lasciare il paese. Ballate nella piazza o nelle piazze che segnano incontri fissati o incontri senza appuntamenti.
Ci si ritrova spesso nella piazza senza darsi appuntamenti. La parlarsi ha rimandi grevi. Qui in Macedonia la parlara è una contaminazioni di voci e di richiami. Siamo Greci fino in fondo?
Siamo forse semplicemente contaminati. Essere contaminati sul piano etnico significa comunque contaminare. I “meticciati” linguistici sono una eredità che trasmette valori e koinè. Qui le lingue si incontrano. A Skopie, Tetovo, Kosovo… gli incontri sono in una folata di emozioni. Cattolici, ortodossi, musulmani, islamici sono nel verso degli accenti e in un vocabolario di semantiche.
Come nella mia Calabria dove si respirano silenzi e lentezza. Il calabrese viole essere parlato con pazienza e lentamente, racconta Corrado Alvaro. Naim Frasheri è un raccontatore di culture popolari. Perché tento questa visione di confronto? Perché c’è di mezzo la tradizione antropologica dei popoli.
Aeroporto di Skopje. Il vento tira dai Balcani. Oltre all’interno il mondo che giunge sino a Scutari. Domani sarò a Roma. Città dei Mediterranei intrecciati e non compresi completamente. A Roma tutto è possibile. Un Occidente che resta nell’immaginario orientale. La tradizione non si sbilancia. Siamo abitatori di terre e di mare, di deserti e di isole. Si annuncia il volo. Si parte.
Dopo Roma ritornerò nella mia San Lorenzo. San Lorenzo del Vallo, nella Calabria del mio destino. Una nostalgia che non ha nulla di rimpianto. Ma di vite vissute attraversate abitate. Ci sono ancora i fichi neri nel mio giardino e l’aranceto cresce le sue dolci arance. Tra storia e leggenda i destini sono intrecci di civiltà.
Pierfranco Bruni, nato in Terra Calabra cui è profondamente legato, vive tra Roma e la Puglia da molto tempo. Archeologo, antropologo, letterato e linguista, fecondo saggista e poeta è presidente del Centro Studi Francesco Grisi e vicepresidente del Sindacato Libero Scrittori Italiani. Dal carismatico e sopraffine stile letterario, Bruni è alla seconda candidatura al Nobel per la Letteratura. Già Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali e componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’Estero, nel corso della sua carriera è stato docente in Sapienza Università di Roma ed ha appronfondito lo studio rivolto alla tutela e alla conoscenza delle comunità di minoranze etnico-linguistiche.
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