Si è svolto sabato 2 dicembre a Roma, in Casa Maria Immacolata, istituto delle Figlie della Carità in via Ezio, il convegno “Lumière”, organizzato dal Coordinamento della Famiglia Vincenziana Italia, a quattrocento anni dall’esperienza di Luce di santa Luisa de Marillac (1623 – 2023) avvenuta nella Pentecoste del 1623 quando, all’età di 32 anni, la futura santa era talmente avvilita da fissarsi nell’idea di essere oggetto di punizione divina. Da questo avvenimento Luisa potrà uscirne in forza dell’azione illuminante dello Spirito Santo, dell’Intercessione di San Francesco di Sales e della mediazione pedagogica di San Vincenzo de Paoli.
Padre Erminio Antonello CM, visitatore della provincia dei Missionari Vincenziani Italia, ha affrontato il tema “L’esperienza della Lumière in Luisa de Marillac: radici e antefatti”. Ha spiegato il sacerdote: “Occorre leggere la Lumière non come un frutto già compiuto, ma come un germe che si era radicato ed è cresciuto nell’anima di Luisa. È vero che ciò che sta all’origine contiene, comanda e decide il valore di tutto ciò che ne segue, ma questo come in embrione. L’azione dello spirito non è precipitosa, non è un momento di grande luce che poi si spegne, ma la scintilla di un fuoco che, a poco a poco, brucia tutto ciò che si sottomette ad esso. Di conseguenza, l’evento della Lumière non va isolato come un fatto a sé stante accaduto una volta sola nella storia di Luisa, ma piuttosto va interpretato come una luce che l’ha illuminata in un crescendo per lei stessa sorprendente, o meglio ancora come un principio dinamico che ho operato continuativamente nella sua anima e l’ha resa docile, trasformandola in donna di carità”.
Suor Assunta Corona FdC ha affrontato il tema “La presenza dello Spirito, anima della carità in Santa Luisa”. Ha sottolineato: “la celebrazione del quarto centenario del noto evento della luce di Pentecoste ci rinnova nell’affetto a Luisa de Marillac, donna che fu all’origine della “piccola Compagnia delle Figlie della Carità”. E il granello di senape che ci ha generato e che ha dato vita a un grande albero destinato a dare riparo a tanti fratelli segnati dalla povertà. Il vincolo con chi ci ha generato, per usare l’espressione letterale di San Vincenzo, ci obbliga a rimanere in ascolto per un colloquio continuo con lei. Ci sostiene in questo cammino l’attività interiore e la instancabile ricerca della comune ispirazione con chi, come noi, si è lasciato affascinare dal carisma della carità”. Suor Assunta, nel commentare il regolamento per le suore destinate a servire nelle carceri, scritto sicuramente da Luisa de Marillac, ha spiegato: “si era ancora ben lontani dall’emancipazione della donna, ma Luisa dimostra una modernità sorprendente. È un anticipare i tempi e l’evoluzione dei costumi che sa dare solo Dio. Lo Spirito Santo rinnova e attualizza il mistero dell’Incarnazione, dando a delle umili ragazze di campagna, la grazia di annunciare il Regno di Dio con i loro gesti di amore e di compassione: splendide “parabole” che ciascuno di noi è chiamato a fare anche oggi. A Luisa non sfugge la violenza, l’insolenza, la miseria dei galeotti e in quell’inferno accende una luce di Dio con la grazia schiva di semplici, umili ragazze modestamente rivestite di carità. L’evento della Lumière non fu che l’anticipo di una visione che nel procedere del tempo ancora oggi cerca chi le dia compimento e continuità. Siamo qui per questo”.
Padre Nicola Albanesi CM ha concluso il convegno parlando sul tema “Il mistero trinitario orizzonte del vivere fraternamente nei gruppi vincenziani”. Il sacerdote ha esordito spiegando che “il titolo mette in relazione il mistero trinitario con il vivere insieme, in legami di fraternità, dei membri dei vari gruppi, associazioni, comunità della Famiglia Vincenziana. Negli scritti di Santa Luisa è presente questo motivo. Viene descritto con precisione di linguaggio a motivo della sua buona preparazione teologica e profondità spirituale per la sua esperienza mistica. Tuttavia, è una correlazione antica. Da sempre nell’esperienza cristiana, la vita fraterna, caratterizzata dalla comunione tendente all’unità, è stata percepita come il riflesso della vita trinitaria come effetto della partecipazione alla vita divina”. Luisa de Marillac vive con sempre più consapevolezza la sua relazione con Dio: “Passa da una sconfinata ammirazione dell’infinita grandezza di Dio ad un abbandono sempre più fiducioso e confidente a quel Dio grande capace di un amore altrettanto grande, proporzionato alla sua grandezza”. In Dio-Padre Santa Luisa vede essenzialmente il Creatore. Nel Dio-Figlio Santa Luisa contempli innanzitutto il modello esemplare di ogni stato di vita, di ogni virtù. In Dio-Spirito Santa Luisa contempla la sua fonte di illuminazione, l’artefice di ogni bene. Spiega padre Albanesi: “la Trinità diventa il principio dell’unità perfetta, e la sorgente della perfetta carità. Il vincolo tra le persone, la comunione creato dalla Trinità, fa tendere la comunità all’unità. Allora si comprende come la comunità non fa vivere semplicemente insieme, ma si vive insieme gli uni per gli altri, l’uno in funzione dell’altro. E non si lavora insieme, semplicemente collaborando tutti per lo stesso scopo. Sarebbe ancora troppo poco. Ma si lavora insieme in unità di intenti e di volere. A immagine della Trinità, dove tutte le azioni ad extra sono congiunte e quindi come un corpo unico”.
Scrive santa Luisa de Marillac in Lumière: “Ed ecco che il giorno di Pentecoste, mentre partecipavo alla santa Messa e facevo l’orazione in chiesa, d’improvviso in un istante il mio spirito fu illuminato su tutti i miei dubbi. Compresi allora che dovevo restare con mio marito e che sarebbe venuto un tempo in cui avrei potuto fare i voti di povertà, castità e obbedienza, in una piccola comunità, dove anche altre avrebbero fatto lo stesso. Capii che si trattava di un luogo dove si sarebbe servito il prossimo, ma non mi era comprensibile come ciò potesse accadere dal momento che questo servizio si sarebbe svolto in un “andare e venire”.