Eleonora e Gabri. Per la divina correrò il rischio…

Ho creato il teatro per te. Divina!"... Era un tempo in cui la decadenza dava nomi alle esistenze eppure quell'aereo che sorvolò Vienna era la passione che dava alla storia il coraggio dell'eroica giovinezza che fu...I pensieri sono sabbia che a granelli raccolgono il silenzio delle immagini che sanno dei profumi del bianco e nero...Gabri pronuncia soltanto: "Sei l'unica che non meritai...

Correrò il rischio di essere un tramonto. Gli anni corrono come frecce impastate di vento in una altura di tempo. I pensieri sono sabbia che a granelli raccolgono il silenzio delle immagini che sanno dei profumi del bianco e nero.

Eleonora sembra perdersi sotto la pioggia in un pineto in cui gli aghi sfiorano foglie e ginepri. Porta negli occhi la giovinezza e la recita e la sua voce ha la tenerezza e la sensualità di Francesca. Inferno nel paradiso. Oppure un paradiso negli interni quotidiani.

Francesca da Rimini è il teatro della recita che vibra in un fuoco che diventa notturno. Eleonora ha gli occhi nella malinconia. Gabri ha l’innocenza nel velo del piacere. Sono sempre più in tramonto. Scendo. Salgo. I gradini sono il racconto degli anni. È mai possibile che non ricordo quanti siano i gradini che ho salito e sceso dentro il gioco delle alchimie?

La divina e il vate. Mi sono incamminato nelle loro vite in un’età che non so più. Eppure da ragazzino ho attraversato i loro sogni e le realtà che hanno disegnato i loro destini. Sono passate epoche. Cosa sono le epoche. Ogni città mi sembra una città morta e ogni teatro mi rappresenta i gesti divini di Eleonora. Il velo scivola dal suo volto e la maschera della mia età rivela le rughe di un amore bello come il sole e stanco come il giorno a fine giornata.

Eleonora: “Figlio, non dirò altro. Ti ho amato tanto da farmi scivolare nella tua vita come un’aurora nell’alba adriatica dei nostri viaggi vissuti e ora indelebili e impercettibili come il soffio di un tuo bacio rimasto nell’ombra di uno sguardo tenero e spietato…”.
Gabri: “Non parlarmi come se recitassi il dramma dell’antico tra una stanza di Vigevano e il rumore del treno tra le ferrate di Asolo o nelle nebbie di un vapore nel cielo delle Americhe. Pensa a come ci siamo amati e a come io ti amo tra le alghe della Versilia. Non pensare al bosco ma al mare”.
Eleonora: “Non posso, figlio. Ho amato troppo per poter ritornare ad amare oltre il troppo che si è consumato tra gli intrecci delle dita e le mani che hanno la gestualità di una donna vissuta…”.
Gabri: “Io come te sono vissuto. Tanto sono vissuto da voler vivere ancora con te. Scaccia dagli occhi il navigare delle nere maree. Sei stata Alcione e forse anche Undulna. Prima di conoscerti già eri dentro di me. Quando camminavo tra le strade di Pescara provavo a cercarti. Il mare di Pescara mi ha condotto ai litorali dei nostri mari. Dal mio Abruzzo alla nostra Toscana. Ho creato il teatro per te. Divina!”.

Ho riletto appunti annotati da un quaderno a un libro. Mi sono trovato a rileggere cieco il notturno delle parole e il trionfo che credevo fosse nella morte della fine e ho rivisto l’immagine di Ghisola. Vorrei poter dare un senso alla frantumazione dei frammenti che mi camminano tra le pagine della vita.

Ma come capire l’immenso amore tra Eleonora e Gabri? Era un tempo in cui la decadenza dava nomi alle esistenze eppure quell’aereo che sorvolò Vienna era la passione che dava alla storia il coraggio dell’eroica giovinezza che fu.

La sera è fiesolana. Piove come pioveva nel pineto. Eleonora apre la porta e il suo Gabri scrive le cose segrete. Alza lo sguardo e lei fa cadere il velo. Pallida. Lo sguardo impietrito. La bocca serrata.

Gabri pronuncia soltanto: “Sei l’unica che non meritai…”.

Poi venne Pittsburg. Era il 1924. Si racconta tanto. E tanto si è detto. Ma il detto e il raccontato a volte sfogliano anche leggende. Dopo quattordici anni con la penna su un foglio Gabri si accascia.

Eleonora resta un vento nel tramonto. Correrò il rischio di tramontare lasciando che il vento soffi sul mio volto? Il rischio non sempre vale il gioco? Ammesso che il gioco possa valere un rischio. Per Gabri, tra i suoi amori, ci fu un amore che valse una vita. Per Eleonora ci fu un uomo che valse vivere l’amore come vita.

Eleonora e Gabri. Per la divina correrò il rischio di tramontare raccogliendo il soffio del vento sul volto.

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Pierfranco Bruni è nato in Calabria e vive tra Roma e la Puglia. Scrittore, poeta, italianista e critico letterario, è direttore archeologo presso il Ministero della Cultura. Esperto di Letteratura dei Mediterranei, vive la letteratura come modello di antropologia religiosa. Ha pubblicato diversi testi sulla cristianità in letteratura. Il suo stile analitico gli permette di fornire visioni sempre inedite su tematiche letterarie, filosofiche e metafisiche. Si è dedicato al legame tra letteratura e favola, letteratura e mondo sciamanico, linguaggi e alchimia. Ha pubblicato oltre 120 libri, tra poesia saggistica e narrativa. È presidente del Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi”. Ricopre incarichi istituzionali inerenti la promozione della cultura e della letteratura. Recentemente, con decreto del Ministro della Cultura, è stato nominato Presidente della Commissione per il conferimento del titolo di “Capitale italiana del Libro 2024“. @riproduzione riservata

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