Tutte le città, grandi e piccole, della nostra Penisola sono legate ai tradizionali festeggiamenti dei loro santi patroni, risalenti a tradizioni antichissime, che si svolgono annualmente con un rituale particolarmente ricco, emotivo e coinvolgente, fatto di processioni, coreografie, musiche e canti, dolci tipici e molto altro. Si tratta di feste e celebrazioni dedicate ai santi, ai beati, alla Madonna e al Redentore.Sono diffuse in tutta Italia, le più scenografiche e imponenti si tengono nel centro-sud Italia e coinvolgono nei preparativi la città per quasi tutto l’anno. Un’espressione di cultura popolare e folklore che, in certi casi, richiama migliaia, perfino milioni di partecipanti. Basti pensare alla festa patronale per Sant’Agata a Catania, una delle più importanti in assoluto, con la spettacolare processione delle reliquie, la quale ha ottenuto il riconoscimento Unesco come Bene Immateriale Patrimonio dell’Umanità. È la terza festa religiosa per importanza al mondo, pari solo alla Settimana Santa di Siviglia e alla Festa del Corpus Domini di Cuzco in Perù. Da attenzionare anche la festa di Santa Rosalia a Palermo, La Vara a Messina, e moltissime altre.
Le feste patronali non sono solo semplici cerimoniali in onore di un santo o di una santa, ma un momento di gioia collettiva in cui fede devozione e folklore s’intrecciano, consentendo a giovani e adulti di vivere e riscoprire riti e tradizioni che risalgono a secoli fa.
Il Trasporto della Macchina di Santa Rosa a Viterbo è un evento unico al mondo, al quale nel corso degli anni hanno assistito molti personaggi illustri: papi, re, politici, rappresentanti del mondo della cultura e dello spettacolo, soprattutto tanta gente comune, fedeli, viterbesi e non. La Macchina di Santa Rosa fa parte della rete delle grandi macchine a spalla italiane. Il prestigioso riconoscimento da parte dell’Unesco è avvenuto nel 2013, insiemealla Festa dei Gigli di Nola, la Varia di Palmi e la Discesa dei Candelieri di Sassari. La sua torre illuminata è la più alta di tutte, misura 30 metri. La nuova Macchina, vincitrice del concorso pubblico indetto dal Comune di Viterbo, si chiama Dies Natalis, per i santi il giorno della nascita al cielo, il giorno della morte.
Il bozzetto è stato presentato il 17 settembre 2023 al Teatro dell’Unione di Viterbo alla presenza delle autorità cittadine.
Dal 3 settembre 2024 la nuova Macchina sfilerà per i prossimi cinque anni. Come la precedente, Gloria, anche Dies Natalis è stata ideata dall’architetto Raffaele Ascenzi. Il corpo morto di Rosa – ha sottolineato Ascenzi – dà un messaggio molto forte in un giorno che siamo abituati a vivere come di festa. È il nome stesso della Macchina: il giorno della morte è quello della nascita in cielo per la Chiesa. Dies Natalis recupera la storia delle Macchine dalla prima risalente all’anno 1695 fino al cambiamento epocale che avvenne nel 1967, con il Volo d’Angeli, quando la statua di santa Rosa venne posta fuori la macchina, sulla sua sommità. In questa Macchina invece essa collocata è all’interno, e sopra torna la croce. Grande attenzione è stata riservata all’illuminazione. Sarà fondamentale – ha dichiarato Ascenzi-. Lo è per tutte le Macchine ma per questa ancora di più. Il suo colore grigio, che richiama quello del peperino, raccoglierà la luce e la rifletterà. L’interno sarà, inoltre, riempito di fogliette in alluminio che sono molto riflettenti e genereranno un mix tra rifrazioni per rendere compatta l’illuminazione. Più di un migliaio i punti luce. Le fiaccole, – ha detto Ascenzi – a fiamma viva, saranno settecento. I trecento candelieri, invece, sono dotati di una tecnologia che possiamo definire orientale, che riproduce l’effetto della fiamma viva. Così si evita che durante il trasporto si spengano
Nel Trasporto sono impegnati 113 facchini che si dividono in varie categorie, in funzione della posizione che hanno e dei compiti che svolgono: i “ciuffi”, le “spallette fisse”, le “stanghette”, le “spallette aggiuntive”. Durante il trasporto gli stessi e le altre figure che assicurano i necessari appoggi per le soste, sono coordinati dal capofacchino che impartisce i comandi. Essi sono ben noti, sia ai viterbesi, sia a quanti solo di passaggio abbiano assistito ad almeno un trasporto: alla partenza, la “mossa”, “Ciuffi di Santa Rosa, accapezzate il ciuffo”, “Semo tutti d’un sentimento?”, “Facchini di Santa Rosa, sotto col ciuffo e fermi”, “Sollevate e fermi”, “Per Santa Rosa, avanti!” e “…Posate piano, adagio…”. I facchini si stanno preparando al meglio. I ragazzi sono tutti galvanizzati per la nuova Macchina – ha dichiarato Massimo Mecarini, Presidente del Sodalizio dei Facchini di Santa Rosa – Quest’anno faremo il percorso classico, dato che, essendo nuova la Macchina, non ce la sentiamo di eccedere. Per il prossimo anno, invece, in occasione del Giubileo, sicuramente faremo qualcosa in più. Nella città di Viterbo il ruolo del facchino si tramanda di padre in figlio. Da sempre ed ancora oggi è possibile che i figli divengano facchini quando ancora i padri sono in attività; ci sono attualmente esempi numerosi. Fede, forza e volontà sono le tre caratteristiche del facchino di santa Rosa. La fede nella santa, la forza fisica e morale e la volontà, elemento basilare per un’associazione che si compone di soli volontari; e il rispetto per gli altri, per i facchini più anziani, per la divisa e per se stessi. Dopo cinque soste, i facchini devono compiere il grande sforzo finale, percorrere una ripida via in salita che conduce al Santuario: essa viene effettuata quasi a passo di corsa, con l’aiuto di corde anteriori in aggiunta e di travi dette “leve” che spingono posteriormente. Quanta bellezza e spettacolarità! L’emozione è sempre grandissima!
Tra le personalità più illustri che hanno assistito al Trasporto, ricordiamo in particolare papa Giovanni Paolo II, che durante il suo pontificato viaggiò più di tutti i precedenti papi messi assieme, e non poteva mancare certamente nella Città dei Papi; egli fu il quarto papa a venire a Viterbo per ammirare la Macchina di Santa Rosa, all’epoca si chiamava Spirale di Fede. Prima di Lui, ci furono Pio VII, Gregorio XVI e Pio IX.
Per papa Wojtyla fu fatto un trasporto straordinario, il 27 maggio 1984, era un giorno di pioggia, le autorità volevano sospenderlo, i facchini invece erano determinati a rendere omaggio al Santo Padre, e così fecero, con la strada sdrucciolevole e la Macchina appesantita dalla pioggia. Quando arrivarono finalmente a Piazza del Comune, stremati dalla fatica, accadde qualcosa di straordinario, la pioggia di colpo cessò. Papa Giovanni Paolo II che era affacciato alla finestra della Sala delle Bandiere del Comune di Viterbo, alla vista della Macchina con l’entusiasmo di un bambino esclamò: Evviva santa Rita!, anziché santa Rosa. Resosi conto di aver sbagliato il nome della santa si affrettò a scusarsi, e, contravvenendo alle regole del protocollo che non consentiva di uscire dal Palazzo Comunale, scese tra la folla, per congratularsi con i facchini, e li salutò con queste parole: Valeva la pena di venire a Viterbo!.
Il Trasporto della Macchina avviene il 3 settembre di ogni anno, all’interno del programma della Festa di Santa Rosa che va dal 22 agosto al 15 settembre con una nutrita serie di celebrazioni nelle diverse parrocchie della città. Nel programma spiccano su tutti tre giorni, il 2, il 3 e il 4 settembre.
Lunedì 2 settembre 2024, alle ore 12:00 in Piazza del Plebiscito, la Sindaca di Viterbo, dott.ssa Chiara Frontini, consegna la “Mazza argentea” simbolo del potere temporale del Papato, ai dignitari del 1700 del Corteo Storico. In questo giorno, come da tradizione, il Cuore di Santa Rosa viene portato in processione per le vie della città affinché lei continui ad intercedere presso il Padre. Alle ore 17:30 nella Cattedrale di San Lorenzo la “Venerazione del Cuore di Santa Rosa”e Liturgia della Parola presieduta da Sua Ecc. Rev.ma Mons. Orazio Francesco Piazza,Vescovo della Diocesi di Viterbo.
La partenza dal Santuario del Corteo Storico per raggiungere la Cattedrale. Esso percorrerà: Via Santa Rosa, Piazza Giuseppe Verdi, Corso Italia, Piazza delle Erbe, Via Saffi, Piazza Fontana Grande, Via delle Fabbriche, Via San Pietro, Via San Pellegrino, Piazza S. Carluccio, Via Card. La Fontaine, Piazza della Morte, Via San Lorenzo, Piazza San Lorenzo. Alle ore 18:00 dalla Cattedrale la Solenne Processione con l’urna contenente il cuore di Santa Rosa che, portato dai Facchini di Santa Rosa sarà preceduto dal Corteo Storico composto da trecento figuranti e percorrerà le seguenti Vie: Piazza San Lorenzo, Via San Lorenzo, Via Card. La Fontaine, Via Annio, Via Cavour, Piazza del Plebiscito, Via Ascenzi, Piazza del Sacrario, Via Marconi, Piazza Giuseppe Verdi, Via Santa Rosa. La Processione si concluderà nel Santuario con il saluto e la Benedizione del Vescovo.
Martedì 3 settembre 2024, alle ore 17:00 l’incontro dei Facchini con Sua Ecc. Rev.ma Mons. Orazio Francesco Piazza, alle ore 18:00 la Celebrazione dei Primi Vespri presieduti da don Luigi Fabbri, Vicario Generale della Diocesi di Viterbo, e, alle ore 21:00, il Trasporto della Macchina di Santa Rosa, Dies Natalis. Quest’anno in Piazza del Comune non verranno collocate tribune, solo sedie, e sono previsti spazi dedicati per le categorie più fragili.
Mercoledì 4 settembre 2024, giorno della Festa della Patrona, è scandito da una serie di funzioni religiose. La Celebrazione Eucaristica alle ore 7:30 presieduta dai Padri Conventuali di San Francesco, quella delle ore 8:00, presieduta da don Nicola Migliaccio, e, un’altra, alle ore 9:00, presieduta da don Luca Scuderi. Alle ore 10:30, la Solenne Celebrazione presieduta da Sua Ecc. Rev.ma Mons. Orazio Francesco Piazza, animata dall’Unione Musicale Viterbese “A. Ceccarini”. Alle ore 12:00 la Celebrazione Eucaristica presieduta da don Roberto Mingolla, alle ore 16:00 la Celebrazione con la partecipazione dei mini facchini, presieduta da don Alfredo Cento, un’altra, alle ore 17:00, presieduta da don Elio Forti, e, infine, alle ore 18.00, la Celebrazione e i Secondi Vespri presieduti da don Luigi Fabbri, Vicario Generale della Diocesi di Viterbo.
Ricordiamo anche che dal 5 al 15 settembre durante il tempo di permanenza della “Macchina” sul sagrato, il Santuario sarà sempre aperto, anche la sera, dalle ore 21:00 alle ore 23:00, per dare la possibilità ai pellegrini e ai tanti devoti della santa, di entrare e sostare in preghiera. Altri due eventi sono previsti al Santuario: venerdì 23 agosto ore 17:30, l’inaugurazione della mostra “Fra le mura del chiostro: la vita quotidiana in un monastero di clausura”; e, venerdì 6 settembre, alle ore 10:30, Sua Ecc. Rev.ma Mons. Orazio Francesco Piazza celebrerà la Santa Messa in ospedale e con il Cuore di Santa Rosa benedirà i fratelli e le sorelle ricoverati. Un appuntamento di rito sono le cene di solidarietà con i facchini in Piazza San Lorenzo, nei giorni dal 27 al 30 agosto, con la novità dell’allestimento di uno stand per celiaci. Tra le altre novità di quest’anno, il docufilm realizzato del Comune sulla costruzione di Dies Natalis, e, il ritorno dopo quarant’anni della tombola, che si svolgerà mercoledì 4 settembre, in Piazza della Repubblica, a partire dalle ore 19:00.
Chi era Santa Rosa? Qual è il messaggio che da lei deriva e in che modo si è diffuso?
La vita di santa Rosa rimane in gran parte avvolta nel mistero, in assenza di informazioni illuminata solo dall’ultimo anno della sua esistenza, quando la Vita inizia a raccontarci in modo più dettagliato la sua vicenda. I documenti ad oggi noti tramandano solo lanno di nascita del 1233 di santa Rosa. Rosa nasce sette anni dopo la morte di san Francesco d’Assisi e muore due anni prima della morte di santa Chiara. Nella sua famiglia si respira amore e devozione verso san Francesco, e, davanti alla sua casa, è situato il Monastero della Clarisse. Rosa chiede di entrarvi, ma viene respinta perché povera, non avendo una dote da portare, è gracile e malata; la sua vera malattia non si conosce subito, solo più avanti. Decide allora di immergersi tra le vie di Viterbo come terziaria francescana, conducendo una vita di penitenza e di carità verso i poveri ed i malati. La piccola Rosa nasce con una rarissima malformazione fisica, caratterizzata dall’assoluta mancanza dello sterno; tale malattia oggi è chiamata “agenesia totale dello sterno” e porta la persona ad una morte precoce entro i primi tre anni di vita; ma per Rosa non fu così. Rosa cresce in una famiglia di modesta estrazione sociale, il padre Giovanni e la madre Caterina erano lavoratori e piccoli possidenti, educano la bambina nell’amore e nel rispetto di Dio; abitano in una casetta dentro le mura di Viterbo, non lontano dalla Chiesa di Santa Maria in Poggio. Ancora oggi è visibile una parte della casa paterna. Possiamo immaginare che Rosa trascorra i suoi primi diciassette anni tra i giochi e i piccoli lavori in casa, contribuendo come poteva, a causa della sua malattia, ai servizi per la famiglia e alimentando al contempo la sua fede nella parrocchia di Santa Maria in Poggio, venendo a contatto con le prime esperienze di vita religiosa dei frati Minori e delle monache Damianite di Santa Maria a Viterbo. Nel 1250, dopo una visione della Vergine, veste gli abiti della penitente. Da quel momento porta sempre con sé un’effige di Cristo. Da laica Rosa inizia un’esortazione penitenziale per le strade di Viterbo, esorta tutti all’amore per Gesù e Maria, alla fedeltà verso la Chiesa, raccogliendo intorno a sé grande consenso e ammirazione. Viterbo era una florida città che, pur essendo sotto il potere temporale dei papi, già nell’XI secolo si era costituita in Comune, in una ricerca insieme all’autonomia economica anche di quella politica. Il XIII secolo, in cui nasce Rosa, rappresenta l’epoca di maggiore prosperità per la capitale della Tuscia. Al suo interno Viterbo era però segnata dalla lotta tra le fazioni di parte guelfa, fedeli al pontefice romano, e quelle di parte ghibellina, fedeli all’imperatore Federico II di Svevia. Tra le due fazioni divampano le battaglie, mentre si alimentano nuovi movimenti religiosi non sempre ortodossi ed allineati alla gerarchia ecclesiastica di quell’epoca. Rosa, in una realtà fortemente segnata dai contrasti fra il potere dell’impero e il Papato, scelse con coraggio e fedeltà di difendere i diritti del Pontefice predicando, pubblicamente, il Vangelo e la difesa dei suoi ideali. In questa sua opera, come san Domenico, predicò contro l’eresia catara e si scagliò contro ogni ingiustizia sociale. Questa fu la causa dell’allontanamento di Rosa e dei suoi genitori dalla città: esiliata dal podestà di Viterbo, insieme alla sua famiglia, con animo sereno ed abbandonato a Dio lasciò la città d’origine raggiungendo dapprima Soriano del Cimino e poi, in un secondo tempo, la località di Vitorchiano. Qui seminò la bellezza del suo animo e della sua fedeltà a Dio e a san Francesco di Assisi. Con la morte di Federico II, nel dicembre 1250, Rosa e i suoi possono rientrare a Viterbo, dove nella primavera muore; la tradizione vuole che Rosa muoia il 6 marzo 1251. Viene sepolta, senza cassa, nella nuda terra del cimitero della sua Parrocchia di Santa Maria in Poggio, detta oggi Crocetta. Dopo diciotto mesi le autorità e il clero chiedono a papa Innocenzo IV il Processo di canonizzazione. Quando Alessandro IV trasferisce provvisoriamente la Curia papale a Viterbo, sogna per tre volte la santa che gli dice di traslare il suo corpo nella Chiesa delle Clarisse. Molti i miracoli a lei attribuiti, dei quali cinque mentre era ancora in vita, e numerosi i pellegrinaggi a lei dedicati. Il corpo fu ritrovato integro, e il 4 settembre del 1258, dopo la terza apparizione, il papa Alessandro IV si rese definitivamente conto che la figura sognata che gli parlava era davvero Rosa. Decise quindi di trasferire il corpo incorrotto di Rosa nella vicina Chiesa delle Clarisse, ove oggi sorge il Santuario della santa, in Santa Maria delle Rose in Viterbo, affidandone a loro la custodia ed il culto. Nel 1357, a causa di una candela caduta, scoppiò un incendio all’interno della cappella dove era custodito il corpo della giovane. L’urna venne completamente consumata dalle fiamme, come pure le vesti di Rosa e tutti i documenti e gli ornamenti che erano lì conservati, ma il suo corpo rimase assolutamente indenne, solo annerito.
Sono ben conservati il cuore, gli organi interni, le masse muscolari e lo scheletro con ossa tutte in connessione anatomica. Nel 1252 papa Innocenzo IV pensa di santificarla, e ordina un processo canonico, che forse non comincia mai.
La sua fama di santità cresce però ugualmente, e, nel 1457, Callisto III ordina un nuovo processo, regolarmente svolto: ma nel frattempo egli muore, e Rosa non verrà mai canonizzata con il consueto rito solenne. Il suo nome però si trova elencato, alcuni secoli dopo, tra i santi, nell’edizione 1583 del Martirologio romano. Nel tempo si dedicano a lei chiese, cappelle e scuole in tutta Italia, e anche in America Latina. Dopo più di otto secoli dalla morte, è ancora possibile vederla incorrotta. Rosa, terziaria di san Francesco, è Patrona della Gioventù francescana. L’età di diciotto anni della giovane è stata confermata anche dalla ricognizione scientifica condotta sul corpo della santa ed eseguita nel 1995 dal prof. Luigi Capasso.
Quando leggiamo la vita di un santo, troviamo sempre al suo interno la narrazione della conversione, ossia di un cambiamento di rotta, una cesura sul percorso della sua esistenza. Ci sono poi cambiamenti più eclatanti di altri, come la conversione di Paolo di Tarso, di Agostino d’Ippona o quella dello stesso Francesco d’Assisi. Tuttavia troviamo anche conversioni più “comuni”, più quotidiane, come quella di Rosa. Una conversione annunciata da una visione, avvenuta mentre giace malata a letto, che la fanciulla pur in gravi condizioni di salute, senza esitare, si appresta a trasformare in azione. La descrizione della conversione di Rosa è contenuta nella pergamena duecentesca. L’incontro con Gesù per Rosa non è qualcosa di straordinario, avviene nell’ordinario letto del suo dolore, prostrata nelle lacrime, nell’accettazione completa di quello che lei è, compresa la sua condizione di malattia, e persino nell’impossibilità di recarsi da sola nella chiesa più prossima alla casa paterna. La conversione di Rosa è segnata dalla sua consacrazione a penitente con la benedizione dei propri genitori e delle donne sue vicine di casa. Dando ascolto alla Vergine, esce di casa, inizialmente per un piccolo pellegrinaggio in alcune chiese di Viterbo, ma in seguito questo suo percorso si amplia, divenendo un’attitudine, uno stile di vita. Rosa è una donna nuova, libera, non ha paura della sua malattia, del suo essere donna, che in quest’epoca non era certo una condizione privilegiata, e inizia ad annunciare la Parola di Dio usando non parole, ma gesti: percorreva continuamente la città di Viterbo, sorreggendo in mano la croce e lodava il nome del Signore nostro Gesù Cristo e la beatissima Vergine Maria. La sua predicazione rammenta quella di san Francesco quando si rivolgeva ai suoi frati. Con semplicità di cuore, predicava ogni giorno al popolo Gesù Cristo, annunziando ai buoni beni eterni, e, ai cattivi, supplizi sempiterni. Rosa è stata un modello di pacificazione tra gli uomini: piccola, innamorata di Dio, generosa verso gli altri, portatrice di un messaggio di speranza e di gioia. Il suo servizio fu come una forma di “nuova evangelizzazione che raggiunge anche le persone più lontane e più deboli”; ed è stata anche un grande esempio di solidarietà. Il gesto straordinario che si ricorda in questo senso di lei, è quello di mettere nel grembiule le poche cose che il papà le aveva lasciato per il pranzo, delle quali si privò distribuendole ai poveri. Questa solidarietà diventa un modo per rendere bella e gioiosa la vita. Di lei si raccontano molti miracoli e prodigi. La sua fama di santità si è, da subito, diffusa nel mondo. La popolarità e la devozione per la giovane Rosa è cresciuta nel tempo e nello spazio. Viterbo si trovava sulla via Francigena e molti romei, i pellegrini diretti a Roma, venivano e ancora oggi vengono a contatto con la reliquia del corpo della santa. Il culto e la popolarità di santa Rosa si sono in questo modo propagati in tutta l’Europa. Per tale ragione fu canonizzata da papa Callisto III nel 1457. La sua memoria liturgica ricorre il 6 marzo, ma la sua festa si celebra, con solennità, nella città di Viterbo il 4 settembre, giorno della traslazione del suo corpo.
Ricordiamo infine un’iniziativa di evangelizzazione francescana, tenutasi in piena pandemia di Covid-19, che ha riguardato proprio la patrona viterbese. Si tratta della peregrinatio della Reliquia ed Icona di santa Rosa che, partite dalla città di Rieti il 13 ottobre 2019, ha visto coinvolte le novanta fraternità francescane secolari del Lazio. Per quanto riguarda la Diocesi di Civita Castellana, quattro sono state le fraternità interessate, in sequenza di itinerario: le località di Capranica, Civita Castellana, Orte e Bracciano. Ad Orte Scalo, venerdì 28 febbraio 2020 alle ore 17:30, la Celebrazione di Accoglienza con la Fraternità francescana di Sant’Antonio e San Bernardino presso la Parrocchia dei Santi Giuseppe e Marco (la Chiesa di Sant’Antonio), dove vi fece sosta per più di un anno, per poi ripartire verso la tappa finale, Bracciano.
Rosa ha amato la Chiesa e la Città di Viterbo, se ne è presa cura sfidando le convenzioni del tempo, per cui non era lecito ad una donna, per di più povera e laica, parlare in pubblico e girare per la città a predicare. Tutti noibattezzati in Cristo, anche sul suo esempio, dobbiamo prenderci cura delle nostre Comunità cristiane, ritrovare tutti un rinnovato senso di solidarietà e condivisione, ascoltare il desiderio, inconscio ma presente, dell’incontro con Cristo, con la sua Parola, con il suo amore, con la promessa dell’immortalità futura.