Lungo l’ascolto degli echi di Giuseppe Berto e Francesco Grisi, con gli echi del mare e delle colline tra il Veneziano e la Calabria

Berto è giunto nella Calabria di Grisi. Grisi ha ascoltato la Venezia degli amanti perduti dell’Anonimo di Berto. Nelle loro pagine le storie tracciano un indefinibile e infinito destino...Una Roma conformista li vide eretici o vitali in un processo culturale dentro l’utopia della parola. Entrambi portavano la Calabria nell’anima... Non solo un gioco lirico ma anche una lettura antropologica del Novecento letterario...

La Calabria non è soltanto un “pezzo” di Sud. È il mito che si è incagliato nelle civiltà ed ha fatto di esse silenzio e voce degli archetipi nel destino di un popolo. La Calabria non è mai solitudine, perché è sempre in compagnia del mare, di quel mare che lascia incontrare onde greche con onde latine, e dei boschi, nei quali i “chiari” sono fatti dalle albe e dalle lune che dialogano con i lupi nell’ascolto dei destini. Destini che cesellano l’intreccio tra il mare e le colline.

Giuseppe Berto

Giueseppe Berto (Mogliano Veneto, 27 dicembre 1914 – Roma, 1º novembre 1978) ha attraversato i destini della Calabria e continua ad ascoltare il vento che giunge dal Mediterraneo e dai Mediterranei.
Quella Calabria che ha visto il racconto dei brigante, quel Mediterraneo che ha il cielo rosso e l’Africa negli occhi, quella Calabria che ha sconfitto il male oscuro, quella Calabria che si respira anche mentre si ascolta un Anonimo veneziano sino ad un Mediterraneo che è quello di un Oriente incastonato tra Cristo e Giuda.
Non bisogna inventare nulla ricordando Giuseppe Berto. Bisogna interpretare quella sua solitudine che non è mia una cosa buffa, ma può essere la reticenza o il destino, l’attesa e la sparizione tra il mare e le colline.

Francesco Grisi (1971)

Berto è stato amico di Francesco Grisi (Vittorio Veneto, 9 maggio 1927 – Todi, 4 aprile 1999). Tanto che Grisi lo impersonò in un suo racconto, come ricorda lo stesso Berto in una sua lettera inviata a Francesco (lettera inedita, ormai non più tale), in una Roma conformista che li vide completamente anticonformisti ed eretici o vitali in un processo culturale dentro l’utopia della parola. Entrambi portavano la Calabria nell’anima.

Grisi da genitori calabresi di Cutro ha raccontato la sua vita attraversando i luoghi di una Magna Grecia geografica e dei sentieri intrecciati tra metafisica e metafora. Quella Calabria che è futura memoria e che si lascia respirare nei cieli chiari e nei tramonti di una poltrona che naviga tra le acque del Tevere.
I personaggi non sono, in entrambi, immaginari di un realismo, nonostante su Berto si sia sviluppato un intenso dibattito, che ha dimensione di rappresentazione di senso. Sono un percorso nel mistero che gioca con l’intrepida fantasia. Berto è giunto nella Calabria di Grisi. Grisi ha ascoltato la Venezia degli amanti perduti dell’Anonimo di Berto. Nelle loro pagine le storie sono da leggersi e da catturare come elementi di un destino. Un indefinibile e un infinito destino. Ma la letteratura è tale se riesce a raccontare e mai a descrivere. Berto non è lo scrittore della descrizione. È piuttosto lo scrittore dell’invisibile e dentro l’invisibile è possibile catturare le onde dell’inquietudine.
Non c’è alcun personaggio che conosce il riso o il sorriso tout court, l’ironia sì. Ma l’ironia è lo specchio del senso tragico che trova un suo senso nel sogno. Il male oscuro è la lotta con il sogno. Se si vuole anche con l’incubo. Quando compare il padre tra Maria e il vecchio in Grisi c’è la figura del padre. Non muoiono con la morte. La morte li rende ancora più vivi, tanto è che accompagnano non solo pagine di letteratura ma di vita, di quella vita che si fa letteratura. Gli amori di Berto nell’attraversamento del buffo sono anche gli amori nell’ironia di un amore che si sottolinea come a futura memoria.
La fede, e non parlo di religiosità, è il combattimento paolino che si legge in Berto con il tragico dialogo tra Cristo e Giuda ma anche la ricerca della terra promessa in Grisi che accompagna i suoi romanzi. Un raccordare i segni trasformandoli in simboli. Ci sono simboli fatti di testimonianza, di vita, di linguaggi. C’è quella Calabria alla quale si faceva riferimento. Ovvero quella terra tra le colline e il mare.
Una Calabria nella bellezza del magico e terribile nella visione del selvaggio. Non solo un gioco lirico ma anche una lettura antropologica.

Berto che non smetto di amare e di rileggere è quello dell’Anonimo in una Venezia incantata e poi l’eresia di un Giuda che mette in discussione tutta la teologia cattolica con il sorriso bello di Gesù, che è consapevole di quella verità. Forse in queste due stagioni lo scrittore Berto trova una centralità straordinaria, oltre l’aspetto della psicanalisi.
Così in Grisi che con il suo raccontarci sempre a futura memoria traccia una profezia. Certo, ci troviamo di fronte ad una letteratura altra rispetto a quella che ci è stata imposta e proposta e da noi accettata passivamente. Non credo che si possa raccontare il Novecento letterario facendo a meno di Giuseppe Berto e di Francesco Grisi. Non credo che Calvino, Primo Levi, e Moravia abbiano focalizzato una triangolarizzazione interpretativa del Novecento dei linguaggi. Bisogna andare oltre.
C’è un Novecento letterario della metafisica che va oltre il realismo e oltre la rivolta della fantasia. Berto e Grisi sono voci palpitanti tra i destini e i personaggi.
Giuseppe Berto supera la questione realista completamente, defalca il neorealismo, e vive il mistero della presenza della magia tra il sogno e la funzione di una letteratura legata al magico sentire il sogno dentro la vita e il tragico nell’ironia del sempre. Quella Calabria resta il fuoco tra i Mediterranei che recitano amori e ascolti di mare.

Francesco Grisi e Pierfranco Bruni

L’immagine sublime, nella consapevolezza del dolore, è l’ascoltare il mare parlando alle onde e affidando al vento sul mare i pensieri del sogno. Berto è stato necessario nella mia vita di scrittore. Grisi resta fondamentale. Nella necessità di scrivere non c’è il bisogno di capire.
Per uno scrittore il tempo della parola è sempre anonimo come le musiche del veneziano che agitano storie nella Laguna e immagini di Mediterranei sull’alto di Capo Vaticano. Il mio scrivere senza Berto e senza Grisi non sarebbe stato quello che è, quello che stato ascoltando le colline e il mare.

Photocover : Giuseppe Berto e Francesco Grisi (Wikipedia)

…..

Pierfranco Bruni è nato in Calabria e vive tra Roma e la Puglia. Scrittore, poeta, italianista e critico letterario, già direttore archeologo presso il Ministero della Cultura. Esperto di Letteratura dei Mediterranei, vive la letteratura come modello di antropologia religiosa. Ha pubblicato diversi testi sulla cristianità in letteratura. Il suo stile analitico gli permette di fornire visioni sempre inedite su tematiche letterarie, filosofiche e metafisiche. Si è dedicato al legame tra letteratura e favola, letteratura e mondo sciamanico, linguaggi e alchimia. Ha pubblicato oltre 120 libri, tra poesia saggistica e narrativa. È presidente del Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi”. Ricopre incarichi istituzionali inerenti la promozione della cultura e della letteratura. Quest’anno con decreto del Ministero della Cultura Mic , è stato nominato Presidente della Commissione per il conferimento del titolo di “Capitale italiana del Libro 2024“. Recente è inoltre l’incarico assegnato sempre dal Mic di Componente dellaGiunta del Comitato nazionale per il centenario della morte di Eleonora Duse (21 aprile 1914 – 21 aprile 2024)  direttore scientifico nazionale del Progetto Undulna Duse 100 e del Progetto nazionale Manlio Sgalambro a 100 anni dalla nascita. Entrambi indetti dal Mic
@riproduzione riservata

Stampa Articolo Stampa Articolo