Marinetti 80. Del Futurismo, a cura di Pierfranco Bruni. Special Terza parte

Boccioni il Futurista dannunziano che amò Vittoria Colonna...È tempo di celebrazioni futuriste. Il Futurismo non solo come modello di cultura o come proposta di una innovazione linguistica ma anche come “esigenza” esistenziale. Si è futuristi se il colore supera il suono della parola o se le ombre dei colori attraversano il “metallico” delle parole...

Roma, 28 setrembre 2024 – Gli amori e le arti. Ovvero amore e morte? Ma no!
È tempo di celebrazioni futuriste. Il Futurismo non solo come modello di cultura o come proposta di una innovazione linguistica ma anche come “esigenza” esistenziale.
Si è futuristi se si ama il rischio. Si è futuristi se la concezione della vita è una costante impresa fatta di rivoluzioni nelle idee. Si è futuristi se il colore supera il suono della parola o se le ombre dei colori attraversano il “metallico” delle parole.
Si è futuristi alla Marinetti ma anche alla D’Annunzio. Gli amori di D’Annunzio sono stati amori futuristi? D’Annunzio certamente amava la rivoluzione ma sapeva che l’amore ha bisogno della tradizione. E non spazzavano via i sentimenti, gli imbrogli amorosi, i tradimenti. L’amore non è soltanto dare o religiosamente donare ma gli amori tra gli amanti diventa colore e, dunque, impresa.
Per i futuristi non era naturale avere un amante o una amante ma l’amore diventa, in modo trasgressivo, passione. Ho detto passione e non ossessione. Ebbene, questo amore futurista non conosce ricompense ma neppure nostalgie o rimpianti, perché lo si vive nella “penetrazione” fulminea, nella luce abbagliante, nel sentiero che non si fa orizzonte, nella durata che è parentesi ma mai fine. Ancora D’Annunzio ci ha insegnato che gli amori si vivono superando le romanticherie.
Il teatro diventa fondamentale. L’amore futurista ha bisogno di teatro e proprio il Gabriele nazionale ha messo in piazza i suoi amori. Uno tra tutti: quello di Eleonora Duse. Un amore inquieto ma riposante. Un amore-recita ma un intenso.
D’Annunzio anticipa il teatro futurista proprio mettendo in piazza e nel teatro della vita e non solo della finzione i suoi amori e quello con Eleonora diventa un “fuoco” mai spento anche se la cenere riesce a mascherare ma il bravo attore sa tenere la scena. E i futuristi sapevano che bisognava tenere la scena e custodire il retroscena consapevoli che la ribalta va gestita.

Umberto Boccioni – Vittoria Colonna

Cosa è stato l’amore di Umberto Boccioni con Vittoria Colonna?
Un futurista emblematico che è riuscito a portare il colore nello sfrecciare dello spazio senza mai misurare il tempo e disperdendo i tratti e i segni.
Cosa è stato questo amore? Una parentesi.

Lo dice molto bene un libro (tutto da leggere) di Mariella Caracciolo Chia che racconta proprio questa passione – risorgimento dell’anima tra l’artista e una principessa.
Appunto Boccioni che era nato a Reggio Calabria quando incontra la principessa Vittoria Colonna, sposata, da quindici anni, con Leone Caetani di Teano, ha trentatrè anni. La principessa ha due anni più dell’artista.
Un incontro fulminante. Proprio, come si dice oggi, una attrazione fatale? Una parentesi dunque.
Il titolo del libro che raccoglie le lettere tra i due amanti racconta il loro viaggio: “Una parentesi luminosa – L’amore segreto fra Umberto Boccioni e Vittoria Colonna” edito da Adelphi. Boccioni ha un destino tragico. Siamo nel 1916. L’ultimo incontro con Vittoria avviene il 23 luglio. Boccioni muore tragicamente a causa di una caduta da cavallo il 17 agosto. Tra il 23 luglio e il 17 agosto non ci sarà alcun altro incontro tra i due ma delle lettere.
L’ultima lettera di Vittoria viene trovata addirittura nel portafogli di Umberto quando la tragedia lo colse. Il futurista innamorato della principessa. Quel rivoluzionario del colore e delle forme si innamora perdutamente di una principessa e la principessa si tuffa in quell’amore smanioso e pazzesco come sono tutti i grandi amori che vivono di lune e di tramonti e sanno che la realtà esiste.
Umberto e Vittoria non si smarriscono nel sogno. Sono disperatamente innamorati e si stringono tra i silenzi e i graffi della passione.
Umberto in una lettera importante dirà alla sua Vittoria: “Quello che c’è tra noi è una profonda realtà, è nato come realtà. Per quanto poco prima ci siamo conosciuti poi simpatizzato, poi… poi c’è il nostro segreto quel meraviglioso crescendo che ci ha condotto di castità in castità alla nostra casta voluttà! Oh! Le nostre notti! Il tuo pallore, il tuo smarrimento, il mio terrore la nostra infinita comunione di corpo e di spirito. Divina mia, lo sento che mi vuoi bene, un po’ più di quando me lo misuravi con avarizia sulla punta del ditino… Rammenti? Come sono tuo! Come ti sono fratello e amico, come ti ammiro, sempre, ad ogni respiro, sempre! Sempre!”.
Certo, si tratta di una intensità di passione e cuore. Il futurista che sapeva amare con il sapere che non può conoscere le ragioni ma la grazia del cuore. E questo futurista che è rimasto nella storia dell’arte e che ha tracciato il viaggio più incisivo di una avanguardia culturale ha saputo amare fino in fondo sempre condividendo il legame tra arte e vita e mai confondendo la vita e l’arte.
Non si tratta di una recita che entra nella vita o viceversa ma di una realtà. È questo il punto. Vittoria apprende della morte di Umberto il giorno dopo e lo apprenda addirittura dai giornali in un trafiletto che portava questo titolo: “Il pittore futurista Boccioni muore cadendo da cavallo”. Qualche giorno dopo Vittoria scrive al marito iniziando la lettera così: “Amore mio…”.
Umberto era morto il 17 agosto 1916 e Vittoria il 22 agosto scrive al marito chiamandolo amore mio. Oltre il futurismo c’è il destino. È proprio vero che i futuristi il senso dell’ironia (o della beffa) lo vivevano intrecciandolo a quello del tragico disperatamente cercando di “uccidere” quel chiaro di luna che resta a fare ombra tra le attese e i cammini del viaggio.
Boccioni ha saputo essere futurista sempre disperatamente e la sua morte tragica e l’amore con la principessa Vittoria restano il segno tangibile di un attore che non ha mai saputo indossare maschere, convinto che la vita è nell’arte e l’arte è nel colore che dà forma alla vita. La Vita è arte nel piacere dell’estetica.

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Pierfranco Bruni è nato in Calabria e vive tra Roma e la Puglia. Scrittore, poeta, italianista e critico letterario, già direttore archeologo presso il Ministero della Cultura. Esperto di Letteratura dei Mediterranei, vive la letteratura come modello di antropologia religiosa. Ha pubblicato diversi testi sulla cristianità in letteratura. Il suo stile analitico gli permette di fornire visioni sempre inedite su tematiche letterarie, filosofiche e metafisiche. Si è dedicato al legame tra letteratura e favola, letteratura e mondo sciamanico, linguaggi e alchimia. Ha pubblicato oltre 120 libri, tra poesia saggistica e narrativa. È presidente del Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi”. Ricopre incarichi istituzionali inerenti la promozione della cultura e della letteratura. Quest’anno con decreto del Ministero della Cultura Mic , è stato nominato Presidente della Commissione per il conferimento del titolo di “Capitale italiana del Libro 2024“. Recente è inoltre l’incarico assegnato sempre dal Mic di Componente dellaGiunta del Comitato nazionale per il centenario della morte di Eleonora Duse (21 aprile 1914 – 21 aprile 2024)  direttore scientifico nazionale del Progetto Undulna Duse 100 e del Progetto nazionale Manlio Sgalambro a 100 anni dalla nascita. Entrambi indetti dal Ministero della Cultura  (MiC)
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Photocover: Filippo Tommaso Marinetti – Pierfranco Bruni

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