Europa e Russia un legame culturale da Dostoevskij al Futurismo, da Duse e il suo teatro sino a Tommaso Landolfi

Majakovskij con la sua "poetica dinamica" e autori che vanno da Pushkin a Tolstoj e al centro Dostoevskij sino a Bella Acmadulina, hanno molto influito sulla letteratura europea..Seguitissima come attrice in quelle città e soprattutto a San Pietroburgo, Eleonora Duse lesse con molta attenzione gli scrittori russi. La relazione tra Eleonora e la cultura russa resta fondamentale lungo una linea filosofica europea e modelli letterari

di PIERFRANCO BRUNI

Il legame tra la cultura russa e quella europea è stato sempre fondamentale. Ci sono stati alcuni rapporti soprattutto di natura letteraria che hanno intrecciato problematiche filosofiche e modelli poetici. Tra tutti la “corrispondenza,” tra le due le innovazioni del Futurismo che in Russia è stato accolto con una capacità di energia straordinariame efficace.
Basterebbe pensare soltanto al ruolo che ha svolto Majakovskij con la sua “poetica dinamica”. Credo comunque che autori che vanno da Pushkin a Tolstoj e al centro Dostoevskij sino a Bella Acmadulina, poesia, abbiano molto influito sulla letteratura europea (è ciò che cerco di testimoniare nel mio raccontare la letteratura russa nel mio “Il tragico e la bellezza. In dialogo con la letteratura russa, Solfanelli editore).


C’è, comunque, una figura sul piano teatrale che raccoglie testimonianze che ci danno la capacità di comprendere quanto la cultura italiana era presente nel mondo russo. Mi riferisco a Eleonora Duse.
Infatti Eleonora Duse lesse con molta attenzione gli scrittori russi. Avrebbe voluto inserire nel suo repertorio i drammi più vicini alla sua introspezione esistenziale. Oltre a Cechov che approfondì con uno scavo teatrale psicologico e a Pushkin con il quale si immerse nella sua poetica erano sul suo cammino sia Tolstoj che Dostoevskij. Il Tolstoj di quella povera gente che inizia un viaggio sino a raggiungere la confessione della resurrezione.
Soprattutto Dostoevskij lo avvertiva sui suoi passi con i personaggi dell’inquietudine e dell’ironia dolorante. Avrebbe voluto portare sulla scena le donne, con il loro tragico vivere l’esistenza, che abitano la temperie umana dell’Idiota. Un dramma nel tragico. Ma era la letteratura russa con i suoi tempi e le meditazioni che affascinava Eleonora sia nel suo cammino di donna che sulla scena.
D’altronde aveva attentamente studiato Gor’kij dei «I bassifondi» ed era parte integrante del suo repertorio. Sui palcoscenici italiani aveva assunto il titolo «L’albergo dei poveri» e venne rappresentato, se pur in solo due appuntamenti, nel 1905. Sia in Francia con la compagnia di Aurélien Luiginé-Poë al Théâtre de l’OEuvre di Parigi sia al Manzoni di Milano con la Compagnia Talli-Gramatica-Calabresi.
Il suo legame culturale con Stanislavskij resta fondamentale e non solo per Eleonora ma anche per lo stesso attore e studioso russo. Infatti Stanislavskij dichiarò che dopo avere assistito a uno spettacolo di Eleonora pensò a come realizzare il Teatro d’arte di Mosca tanto che Alisa Koonem, attrice allieva di Stanislavskij, ebbe a dire che «Se non si recita come lei bisogna abbandonare per sempre il teatro».
Dunque.
La relazione tra Eleonora e la cultura russa fu fondamentale. Seguitissima come attrice in quelle città e soprattutto a San Pietroburgo dove le file degli spettatori per assistere ad una sua rappresentazione erano immense. Fu un mito in Russia.
Il suo modello di recitazione, il suo porsi in scena, la sua malinconia di attrice e la sua intelligenza percettiva di capo comica la rendono in quei teatri ancora di più divina e sublime. Vi porta l’innovazione della recita ma soprattutto dell’attore moderno.
L’attore personaggio che decodifica il ruolo del protagonista che, se pur non amato dal teatro russo, incarna una centralità fondamentale: la presenza. Ovvero la possibilità di espressione con una evidente sottolineatura della fisicità. Recitare con il corpo più che con le parole. Infatti lei recitava in lingua italiana ma era la gestualità che sottolineava il vero linguaggio.
Eleonora non era soltanto l’attrice, il personaggio in scena, la teatrante. Era sempre lei: Eleonora Duse.
Nella lettera a Konstantin Stanislavskij Eleonora ebbe a sottolineare: «Nel suo teatro ho attinto nuovamente alla verità e alla poesia. La poesia e la verità sono le sorgenti piu profonde per la sostanza della nostra arte e per l’anima dell’artista».
La Russia del teatro a questo guardava. Lei ha ripagato questa devozione non saltando mai una replica. Anzi sempre con maggiore impegno ogni replica era come la prima. Una attrice italiana nel cuore della cultura russa.
Concludendo la sua tournée a Mosca nel 1891 Eleonora scrisse: «Profondamente commossa delle accoglienze, lascio questo paese, al quale mi sono sinceramente affezionata». Il luogo e la sua cultura letteraria sono state delle chiavi di lettura di una tradizione slava fortemente interiorizzata da Eleonora.
Il suo Cechov fu un viaggio tra l’anima e il tempo delle pause, dello sguardo e del silenzio. Non solo una attrice sulla ribalta del teatro ma una donna. Eleonora non ha mai smesso di interpretare se stessa. Quel sottosuolo tragico dostoevskijano lo ha portato nel cuore oltre che sulla scena e la rappresentazione dei drammi. Ne ha fatto un cammino, oltre che letterario, esistenziale. La sua lingua italiana recitata in Russia ha rappresentato un modello chiaramente identitario. Ma è stata anche la portatrice di una letteratura russa in Europa.
Mondi che a volte sembrano distanti per ceppi linguistici e geografie si ritrovino proprio sul campo artistico. Un segno tangibile di come i processi culturali abbiano una importanza notevole.
Tra l’Europa e la visione asiorussa molti aspetti sono determinante proprio nella creatività dell’opera artistica.
Se la Duse influenzò il teatro russo ha avuto anche il merito di creare comparazioni. Non ci si può distaccare da ciò. Dostoevskij ebbe a dire nel suo “Discorso su Pushkin” : “Si usa dire dire anche che, nel suo primo periodo di attività, Pushkin abbia imitato i poeti europei … Sì, senz’altro, i poeti europei hanno avuto una grande influenza nello sviluppo del suo genio, influenza che hanno mantenuto per tutta la sua vita”.
Un dato significativo e di grande rilevanza sul fatto di come la letteratura e la poesia, in particolare, resti fondamentale nella Russia tra fine Ottocento e i primi del Novecento.
Gli studi di Tommaso Landolfi in Italia sulla cultura russa restano centrali. Ma Dostoevskij comunque resta un russo europeo molto caro anche a una linea filosofica europea.

Pierfranco Bruni è nato in Calabria e vive tra Roma e la Puglia. Scrittore, poeta, italianista e critico letterario, già direttore archeologo presso il Ministero della Cultura. Esperto di Letteratura dei Mediterranei, vive la letteratura come modello di antropologia religiosa. Ha pubblicato diversi testi sulla cristianità in letteratura. Il suo stile analitico gli permette di fornire visioni sempre inedite su tematiche letterarie, filosofiche e metafisiche. Si è dedicato al legame tra letteratura e favola, letteratura e mondo sciamanico, linguaggi e alchimia. Ha pubblicato oltre 120 libri, tra poesia saggistica e narrativa. È presidente del Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi”. Ricopre incarichi istituzionali inerenti la promozione della cultura e della letteratura. Quest’anno con decreto del Ministero della Cultura Mic , è stato nominato Presidente della Commissione per il conferimento del titolo di “Capitale italiana del Libro 2024“. Recente è inoltre l’incarico assegnato sempre dal Mic di Componente della Giunta del Comitato nazionale per il centenario della morte di Eleonora Duse (21 aprile 1914 – 21 aprile 2024)  direttore scientifico nazionale del Progetto Undulna Duse 100 e del Progetto nazionale Manlio Sgalambro a 100 anni dalla nascita. Entrambi indetti dal Ministero della Cultura  (MiC)
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