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Messina – Cinque installazioni etnografiche e una installazione sonora curata dagli antropologi Vincenzo Padiglione e Sandra Ferracuti con le scenografie di Carmela Spiteri e la collaborazione dell’artista sonoro Francesco Medda. Al centro della mostra “Quasi a Casa. Antropologia e cittadinanze rituali” in programma lunedì 3 marzo 2025, alle ore 11.00 presso il COSPECS, Dipartimento di Scienze Cognitive dell’Università degli Studi di Messina in via Concezione 6, la Mostra dal titolo “
La mostra organizzata da Impact Hub Sicilia nell’ambito delle attività di ricerca e comunicazione del Progetto di Rilevante Interesse Nazionale (PRIN) “Migrazioni, spaesamento e appaesamento: letture antropologiche del nesso rituali/migrazioni in contesti di Italia meridionale” diretto daDino Palumbo dell’Università di Messina e Responsabile Scientifico Nazionale, sarà vistabile dal lunedì al venerdì dalle ore 8,30 alle ore 18,30 e rimarrà aperta fino al 12 marzo. Dal 18 al 31 marzo la mostra si trasferisce presso l’Università degli Studi della Basilicata di Matera.
Dalle ore 11.00 sarà possibile visitare liberamente la mostra allestita nel salone al primo piano e alle 11,30 si svolgerà l’inaugurazione in aula magna alla presenza del Direttore del Dipartimento Carmelo Porto e del coordinatore nazionale del PRIN Berardino Palumbo (Università di Messina), con Gabriella D’Agostino
(UniPA) e Mara Benadusi (UniCatania), il Direttore del Centro Studi
Universiteatrali e coordinatore del DAMS Dario Tomasello, il curatore Vincenzo Padiglione e la scenografa Carmela Spiteri. Al termine della presentazione sarà possibile dialogare con i ricercatori, i curatori e la scenografa presenti in sala
L’evento di inaugurazione del 3 marzo a Messina si ripeterà il 18 marzo a Matera ed è realizzato in collaborazione con il DAMS di Messinache per l’occasione proporrà due perfomance: Riti, riti (Breviario piccolo borghese contro l’epoca che cambia), di Dario Tomasello coordinatore del DAMS e Direttore del Centro Studi Universiteatrali, con Maria Rita Chierchia e Dario
Tomasello e la coreografia Convivenza a cura di Maria Luisa Cucinotta su composizione musicale originale di Francesco Medda. Sia Maria Rita Chierchia che Maria Luisa Cucinotta sono allieve del prof. Tomasello. La prima svolge il suo Dottorato in Scienze Cognitive, la seconda è una laureanda del Dams. Collabora alle performance lo studente DAMS, Patrick Romano.
“Ci ha interessato mostrare in che modo i rituali religiosi dei gruppi migranti stanno contribuendo ad una migliore integrazione sociale o lasciano invece immaginare una incipiente contrapposizione culturale – spiega Vincenzo Padiglione curatore: in tal modo ci interessa documentare da dentro l’università, come la ricerca sia attiva e si mostri efficace nell’esplorare tematiche che sono particolarmente attuali e problematiche e che necessitano al tempo stesso di uno sguardo sereno e acuto, di una comprensione articolata e specifica. Abbiamo inteso sperimentare la rappresentazione dei risultati della ricerca attraverso la forma espositiva mista dell’istallazione etnografica che unisce la dimensione testuale a quella visuale e multimediale, per sollecitare nell’interpretazione la messa a fuoco e a problema di zone d’ombra talvolta conseguenti alla scrittura saggistica. In un certo senso questo passo in avanti è stato favorito dalla collaborazione maturata e qui resa istituzionale con il DAMS di Messina, ovvero dal riconoscimento che fatalmente ci muoviamo dentro un fitto dialogo tra Arte e Scienza, in una matura fase post positivista dei nostri studi”.
L’istallazione sonora incipit della mostraè realizzata dall’artista Francesco Medda su indicazione dei curatori in due versioni, una più essenziale e una ritmicamente arrangiata, annuncia la mostra incentrata sul nesso rituali/migrazioni attraverso un insieme di paesaggi sonori composti da musiche e canti, preghiere e processioni, chiacchiericci, suoni e rumori che si formano durante i preparativi delle feste e di cui riti e i rituali sono intrisi. “Una sorta di “caos babelico” accoglie i visitatori invitandoli a mettere a problema il multiculturalismo diffuso, seduttivo e frammentario, talvolta minaccioso – afferma Vincenzo Padiglione, curatore e ideatore dell’istallazione con Sandra Ferracuti – una sorta di indizio del contemporaneo, una presenza inaspettata, più o meno piacevole o fastidiosa, discreta e ingombrante al tempo stesso”. L’istallazione si impone infatti come “un’esperienza forzata di temporanea convivenza creata appositamente per suscitare una riflessione sulla presenza dell’estraneo fra noi, mentre il percorso espositivo che segue ne prende distanza per sottolineare l’approccio etnografico come prospettiva che permette di comprendere la specifica metodologia di indagine e di restituzione/disseminazione attivata”.
L’istallazione si basa sui paesaggi delle ricerche effettuate nel corso del PRIN da
Berardino Palumbo; Giuliana Sanò e Eugenio Giorgianni dell’Università di
Messina; da Giovanni Cordova dell’Università di Catania e da Domenico Copertino dell’Università della Basilicata rispettivamente presso: il Centro di culto ebraico a Trani in Puglia (Ex Sinagoga Scolanova convertita nella chiesa cristiana di Santa Maria di Scolanova), a Trapani, Roma e Bolognafrail 2021 e il 2023 (Palumbo); la comunità dei Senegalesi provenienti da Touba – città santa del Muridismoe centro del pellegrinaggio (Grand Magal) a Campobello di Mazara in provincia di Trapani (Sanò, 2020-2022); i gruppi singalesi cattolici residenti nella città di Messina, e in particolare nella rettoria di Sant’Elia (Cordova, 2021-2023); i luoghi e i gruppi induisti a Palermo, in particolare presso il Mariammen Kovil, tempio tamil induista mauriziano (Giorgianni, dal 2021); i migranti musulmani di Bari e della Puglia durante il Salat aljumu‘ah, rituale di adorazione collettiva nei centri di aggregazione per migranti provenienti da Bangladesh, Pakistan, Nord Africa, Medio Oriente e Balcani (Domenico Copertino, 2019-2024).
La struttura portante del percorso espositivo è costituita da un’impalcatura simbolica costituita da cinque trabattelli edilizi, metafora del processo di costruzione della casa e della comunità. Alcune palanche creano connessioni e rimandi alle tematiche rappresentate in ogni trabattello adeguatamente “vestito” che accoglie, evocando e raccontando gli elementi essenziali della ricerca in un’unica originale composizione scenografica realizzata artigianalmente da Carmela Spiteri con una spiccata sensibilità teatrale. Oggetti simbolici, fonti storiche, fotografie e video distinguono la specifica tematica individuata o, in alcuni casi, più tematiche esposte contemporaneamente.
“La sperimentazione tenta di realizzare oltre il resoconto testuale, fotografico e audiovisivo delle ricerche, solo parzialmente riprodotto nelle istallazioni etnografiche, un nuovo dialogo con le comunità indagate, le loro pratiche rituali e le modalità di ricerca proprie dell’antropologia. In questo senso Vincenzo Padiglione spiega: con Sandra Ferracuti abbiamo proposto ai ricercatori di condividere questa non facile formula espressiva di disseminazione dei loro risultati con l’intento di allargare e restituire a un pubblico più vasto il dialogo da loro aperto per coinvolgere, laddove possibile, le stesse comunità protagoniste che hanno partecipato alle ricerche”. Ferracuti precisa che si tratta quindi di “una mostra-cantiere che occupa lo spazio in modo ingombrante e imprevisto per dare corpo alla densità e alla complessità delle ricerche antropologiche da cui è nata. Che evoca e vuole rendere omaggio tanto alle fatiche dei ricercatori quanto a quelle delle dinamiche e prismatiche comunità di fede con le quali lavorano. Che vuole ‘contagiare’ chi lo percorre con una laboriosa passione di ricerca, con l’attitudine antropologico-culturale che ci porta a guardare, ad ascoltare, a studiare, a prestare attenzione, ad entrare in relazione… con cura e consapevolezza, nel continuo sforzo di decodificare i modi e i mondi in cui viviamo e a cui quotidianamente ognuno contribuisce a dare forma”.