Cosa è stato Kafka per Albert Camus? Una domanda forse rimasta irrisolta? Forse. C’è, comunque, tra i due un percorso che si pone all’attenzione attraverso tre elementi – sentimenti che vibrano negli scritti di entrambi.
La colpa. Il processo. Il vuoto. Sono visioni esistenziali che prendono corpo con un pensare filosofico che si centralizza nel sentimento di smarrimento. Ovvero di decadenza.
In Kafka il senso di morte è un labirinto e non la dimensione del finito. In Camus è l’esilio che diventa il filo che lega l’estraneamento alla caduta. Essere stranieri è cadere nell’estraneamento.
La morte ha un incipit nell’ascoltarsi estranei. A cosa? A sé stessi e al nulla. Può sembrare un paradosso, ma l’essere e il nulla non sono Essere e Nulla. Bensì l’essere è nulla. O l’essere del nulla o addirittura il nulla dell’essere. In fondo i suoi personaggi si raccontano dentro questo (o questi) paradigma che è l’assurdo (o una metamoforsi) in Kafka.
In Camus diventa l’enigma del vivere in una dispersione in cui la inutilità è il tramontare nicciano. Infatti Nietzsche, per Camus, trascrive il vero crepuscolo dell’esistere dell’esistente. L’ente è il protagonista del pensiero che incontra il logos.
Siamo nella frontiera della filosofia. In Camus la letteratura si legge nel registro di una ermeneutica a-sistematica che trova nell’uomo la consistente coerenza della rivolta. Il tramontare sarà la rivolta del mondo pessimo che si troverà nella solitudine di Manlio Sgalambro. Il quale ponendo come alterità il pensare della caverna pone un’altra “uscita di sicurezza” che è la solitudine.
L’essere tramontati è la solitudine nel sorgere del sole che sa che vivrà il crepuscolo. Intagli di immagini che abitano la ritualità della fine nella riappacificazione tra la morte e la fine o nella morte come testamento della fine. Si tratta, in fondo, di una antropologia dell’esistere nella non esistenza. È una colpa? È la colpa di essere nati.
Una rappresentazione del timore che è tremore nella rugiada di Kierkegaard. Il Nietzsche di Camus supera sia Schopenhauer che lo stesso “bene” della “malattia mortale” di Kierkegaard.
La caduta è l’essere cadenti. Lo straniero è l’essere estranei. Per Kafka il processo è il sentirsi la colpa nella vita. Il restare dentro il castello è il non voler uscire da un labirinto. Il vuoto e l’esilio sono la solitudine che accompagna proprio il superare il crepuscolo per avviarsi lì dove il sole non c’è più, ovvero il tramonto.
I personaggi di Camus abbandonano tutto. Persino il riflesso della luce che colpisce la lama di un coltello che si metaforizza come uno specchio. È come se ogni idea scomparisse per dare spazio alle visioni. La madre morta di Camus è come il padre di Kafka?
Domanda dalle mille lune in una notte sola. Ma se restiamo intrappolati in un processo senza colpa commessa e ci isoliamo in un castello, parimenti siamo estranei ad ogni delitto pur raccogliendoci nella caduta di ogni vita possibile tra la fine che su arrotola nella morte.
Tutto ciò è rappresentarsi? La nascita della tragedia resta sempre una decodificazione di un al di là del bene e del male. Il tramontare è un rinascere dal sole oltre il limite di ogni orizzonte? Il tramontare e il sole. Una filosofia dopo la caduta? Bisogna sempre cercare il campo delle fate quando si è intrappolati nel bosco. La filosofia non è solo epistemologica fenomelogia. È tentare di leggere nel bosco e nella foreste le fate.
…….
Pierfranco Bruni è nato in Calabria e vive tra Roma e la Puglia. Scrittore, poeta, italianista e critico letterario, è direttore archeologo presso il Ministero della Cultura. Esperto di Letteratura dei Mediterranei, vive la letteratura come modello di antropologia religiosa. Ha pubblicato diversi testi sulla cristianità in letteratura. Il suo stile analitico gli permette di fornire visioni sempre inedite su tematiche letterarie, filosofiche e metafisiche. Si è dedicato al legame tra letteratura e favola, letteratura e mondo sciamanico, linguaggi e alchimia. Ha pubblicato oltre 120 libri, tra poesia saggistica e narrativa. È presidente del Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi”. Ricopre incarichi istituzionali inerenti la promozione della cultura e della letteratura. Recentemente, con decreto del Ministro della Cultura, è stato nominato Presidente della Commissione per il conferimento del titolo di “Capitale italiana del Libro 2024“.
Photocover: P. Bruni-Albert Camus-Franz Kafka
@riproduzione riservata