di Pierfranco Bruni
A Giacomo Casanova sarebbe piaciuta molto la chiusa di Marguerite Yourcenar nelle sue memorie di Adriano nel momenti in cui dice, parafrasandolo: “… e ora entriamo nella morte con occhi aperti. La storia affascinante degli “avventurieri”.
Casanova può essere definito tale? Quando ha influito la verità e quanto la leggenda? Il Settecento è completamente calato all’interno di una visione immaginifica. È un concetto, chiaramente, che si troverà in d’Annunzio.
Il Settecento è l’epica della contraddizione del melodramma, del pomposo barocco che lascia il posto al post modello onirico folle di Tasso e al tragico di Shakespeare. Casanova sa essere onirico e tragico. Non con l’ormai visione delle donne da possedere e da amare nel pieno del rischio e nella consapevolezza della morte.
Bensì con una scelta di vita in cui la finzione primeggia. L’inganno e la finzione nelle sue fughe in un girovagare tra città e paesi. Impegna la propria vita perché ha un obiettivo preciso che è quello della bellezza. Casanova va alla ricerca della Bellezza cercando di sconfiggere il tempo perché è convinto che con le membra cadenti e floscie la vita prende il sapore della decadenza prima e del morire subito dopo.
Sfida. Inventa la scommessa. Crea il gioco come filtro verso la ricchezza. Ma la vera ricchezza è quella di restare giovane. Scommessa che perderà perché morire a oltre settant’anni in quel tempo è morire vecchi.
Vuole essere comunque ricordato giovane e le sue imprese non fanno altro che puntare a sconfiggere il tempo. Chiaramente non ci riuscirà. Il suo peregrinare tra nobiltà e miserie lo stringono nella morsa della conquista. Amare è conquistare il cuore delle donne. Di ogni ceto.
Abbandonerà Venezia. Attraverserà luoghi svariati. Napoli, Roma, la Francia, l’Olanda… le corti, le strade, i villaggi. Non lo si vedrà mai disperato. È una filosofia la sua che nessuno recupererà. Fa paura. Ma egli orgoglioso racconterà tutto nei suoi libri e non solo nelle sue memorie.
Nello scritto “Il duello” dirà: “Quest’uomo, divenuto avventuriere per forza, poiché tale è chiunque va non ricco per il mondo in disgrazia della sua patria, provò in Parigi i straordinari favori della fortuna e me abuso”.
Eretico lo fu sempre. Ma morì nel suo letto. Non fu come Cagliostro. Seppe usare le amicizie e amò perdutamente l’amore. Insomma un incontro con la nobiltà e con la miseria, come dicevo. La sua angoscia resterà sempre la perdita dell’armonia.
Lo dirà Louis Fümberg nel suo testo “Mozart e Casanova. Anzi lo farà dire allo stesso Giacomo: “L’armonia che ancora pervadeva così piacevolmente la mia giovinezza è scomparsa dal mondo. È tutto diverso da come era un tempo. Se causa ne sia lo sveglio scetticismo dei filosofi, oppure l’intervento di una forza superiore e ignota, chi può dirlo? In fin dei conti, come si può insistere sull’ordine divino del mondo una volta che ciò che è intrinsecamente statico si è messo in movimento, diventando quindi incerto”.
È da tenere presente che è l’epoca di Rousseau. L’epoca dell’impensabile possibile. È il tempo in cui Rousseau diceva che: “Ho sempre trovato nel sesso una grande virtù consolatoria, e niente addolcisce di più le mie afflizioni che sentire che una persona amabile si interessa ad esse.”
Alla fine giungerà la solitudine. Quella del corpo. Quella dell’anima. È la solitudine che scava nelle memorie. Ha ancora presente le parole di Rousseau: “È soprattutto nella solitudine che si sente il vantaggio di vivere con qualcuno che sappia pensare”.
Dopo tutto resta il pensiero. Casanova è pensiero. Non si può comprendere cosa è stato senza capire che Casanova è pensiero. Nonostante i sali e scendi delle sue memorie le stesse memorie sono pensiero che resteranno a caratterizzare un personaggio e una temperie.
Un avventuriero (soltanto)? Direi di no.
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Pierfranco Bruni è nato in Calabria e vive tra Roma e la Puglia. Scrittore, poeta, italianista e critico letterario, già direttore archeologo presso il Ministero della Cultura. Esperto di Letteratura dei Mediterranei, vive la letteratura come modello di antropologia religiosa. Ha pubblicato diversi testi sulla cristianità in letteratura. Il suo stile analitico gli permette di fornire visioni sempre inedite su tematiche letterarie, filosofiche e metafisiche. Si è dedicato al legame tra letteratura e favola, letteratura e mondo sciamanico, linguaggi e alchimia. Ha pubblicato oltre 120 libri, tra poesia saggistica e narrativa. È presidente del Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi”. Ricopre incarichi istituzionali inerenti la promozione della cultura e della letteratura. Quest’anno con decreto del Ministero della Cultura Mic , è stato nominato Presidente della Commissione per il conferimento del titolo di “Capitale italiana del Libro 2024“. Recente è inoltre l’incarico assegnato sempre dal Mic di Componente dellaGiunta del Comitato nazionale per il centenario della morte di Eleonora Duse (21 aprile 1914 – 21 aprile 2024) direttore scientifico nazionale del Progetto Undulna Duse 100 e del Progetto nazionale Manlio Sgalambro a 100 anni dalla nascita. Entrambi indetti dal Mic
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