Il profumo del caffè non smette di estendersi tra l’ascolto e le voci che hanno destini di radici profonde

Era mio padre a prepararlo. La grande casa col gelso, profuma ancora di caffe...Resto sempre un viaggiatore di paesi e porto dentro di me ricuciture di infanzia giovinezze e di amori che sono tragitti. Gli amori sensuali passionali nella seduzioni di ore...Lo sciamano prepara il caffè...C'è tra noi una presenza assente

Era mio padre che preparava il caffè. Quasi sempre. A volte mia madre. Nelle albe il profumo del caffè era un leggero suono che si estendeva in tutte le stanze. Quasi sempre era mio padre. In altre occasioni mia madre.
Dopo pranzo invece era mia madre che tra una faccenda all’altra metteva la macchinetta del caffè sul fornello. Siamo stati bevitori accaniti di caffè. Mia sorella andando a scuola la mattina faceva in salto proprio per il caffè insieme. Il giorno, come in tante case, iniziava così.
In ogni ora, comunque, la Bialetti era pronta in cucina. Ora sono io che ho preso involontariamente questa usanza abitudine. Involontariamente. È sempre involontariamente che somigliano, sempre più, invecchiando ai nostri padri alle nostre madri. Destini di tempo. O tempo che corre nel nostro sentire e nel nostro essere.
Poi si intraprendono altri viaggi ma le tradizioni, piccole o grandi, non smettono di camminare nelle nostre vite. Si può andar via da tutto e essere proiettati in mondi distanti e diversi ma ciò che si porta dentro è sempre ciò che si è stati. Come il paese.
Resto sempre un viaggiatore di paesi e porto dentro di me ricuciture di infanzia e di giovinezze. Anche se quando si và via dal paese sembra che si interrompa un linea senza immaginare che alla fine non siamo delle rette ma dei labirinti che cercano di ritrovare il cerchio.
È un mistero che trovandosi a migliaia di chilometri e in altri contesti distanti gli anni dell’infanzia scavino nei ricordi? Probabile. Ma il mistero è così sottile come una ragnatela leggera che non si riesce a vedere c’è.
So bene che il futuro si restringe. Il passato è lungo come una spirale che ha il sentore di aver vissuto troppo. Confesso che ho vissuto con la bellezza tutta la mia storia con difficoltà e attese e le parole che si usano sono linguaggi di vita o di vite.
Tutte le vite mi sono appartenute. Le vite della famiglia. Le vite del paese. Gli amori sono stati e sono nelle mie esistenze. Gli amori sono tragitti. Gli amori sensuali passionali nella seduzioni di ore. Gli amori che restano. Gli amori mai abbandonati. Gli amori che restano Storia. Gli amori destino. Tutto ha un senso.
La vita di un uomo è mosaico. La vita di un uomo che scrive, di uno scrittore non è altro che una continua confessione. Involontaria. Come il profumo del caffè che non smette di estendersi tra l’ascolto e le voci che hanno destini di radici profonde. Forse anche questa è una involontaria confessione.
Bisogna avere il coraggio di rendere la scrittura una confessione. Altrimenti è astrazione. Non mi pongo domande perché non so più risposte.
I miei giorni sono belli nella stanchezza che ho dato al tempo. Anche se il tempo è l’irrazionale più razionale del tutto. Le assenze sono tante. Bisogna fare in modo che le assenze siano sempre più presenze nel vento del pensiero. Non è una consolazione. È avere la consapevolezza della fine.
Uno stormo di uccelli velocemente ha distratto il mio sguardo. Seduto in poltrona ho osservato il gioco di questo stirmo nel vetro del balcone. Sembrano disperdersi ma si ritrovano sempre.
Seduto osservo il cielo grigio. Piove. Piove di una pioggia che sembra annerire le nuvole con colori cangianti che sfiorano il vetro. A volte sottile. A volte scrosciante. Ma piove. È un fatto naturale e involontario.
Non mi abbandona il profumo del caffè. È come se fossi ancora nella grande casa con il giardino con i fichi neri che attendono di essere raccolti e l’arancio maltese che diventa sempre più verde e con pendenti colore del sole al meriggio. Sono un viandante che crede che lo sciamano ha sempre bisogno della curandera. Anche questo è naturale. Lo sciamano prepara il caffè e la curandera in un silenzio tracciato da malinconia aspetta guardandomi negli occhi. C’è tra noi una presenza assente.

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Pierfranco Bruni è nato in Calabria e vive tra Roma e la Puglia. Scrittore, poeta, italianista e critico letterario, già direttore archeologo presso il Ministero della Cultura. Esperto di Letteratura dei Mediterranei, vive la letteratura come modello di antropologia religiosa. Ha pubblicato diversi testi sulla cristianità in letteratura. Il suo stile analitico gli permette di fornire visioni sempre inedite su tematiche letterarie, filosofiche e metafisiche. Si è dedicato al legame tra letteratura e favola, letteratura e mondo sciamanico, linguaggi e alchimia. Ha pubblicato oltre 120 libri, tra poesia saggistica e narrativa. È presidente del Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi”. Ricopre incarichi istituzionali inerenti la promozione della cultura e della letteratura. Quest’anno con decreto del Ministero della Cultura Mic , è stato nominato Presidente della Commissione per il conferimento del titolo di “Capitale italiana del Libro 2024“. Recente è inoltre l’incarico assegnato sempre dal Mic di Componente dellaGiunta del Comitato nazionale per il centenario della morte di Eleonora Duse (21 aprile 1914 – 21 aprile 2024)  direttore scientifico nazionale del Progetto Undulna Duse 100 e del Progetto nazionale Manlio Sgalambro a 100 anni dalla nascita. Entrambi indetti dal Ministero della Cultura  (MiC)
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