Il canto dallo Stil Novo a Ezra Pound, un linguaggio musicale tra innovazione e tradizione

.. Il verseggiare della Beatrice Dolce Stil Novo è nel Branduardi con atmosfere bizantine. Il Dante di queste finestre lo si legge in Lucio Dalla, in Bruno Lauzi, in Sergio Endrigo, in Francesco Guccini, Ivano Fossati sulla linea Dante Pavese. Dopo Dante ci sono le Ballate. Jacopone da Todi e Cecco Angiolieri, tra le carte di De André e Vecchioni. Le civiltà non si osservano soltanto. Si ascoltano. Ascoltando il tempo e gli echi dei linguaggi si penetra le vite dei popoli e delle parole. Sarà il tema di un convegno che si svolgerà a Roma: “Il Dante da De André a Branduardi”

Le civiltà non si osservano soltanto. Si ascoltano. Ascoltando il tempo e gli echi dei linguaggi si penetra le vite dei popoli e delle parole. Testimonianze che mi camminano nei pensieri tra divergenze eresie e simboli.
Le ballate celtiche, il paesaggio costruito da René Guenon, il viaggio di Ezra Pound o di Thomas Eliot, il messaggio religioso di Robert Brasillach sono nello specchio e nelle immagini che la filosofa Maria Zambrano ha ridisegnato nello specchio di Dante. Così come il modello di Pascoli o la voce di D’Annunzio sono segni che i “versi sparsi di Dante portano sulla scena in un Medioevo fatto di echi classici ellenici e latini che solcano Saffo, Tibullo e Catullo.
Dante Alighieri dalla “Vita nova”, alla “Commedia”, dai “versi sparsi” alle “Rime”: sono “luoghi” metafisici nei quali cantautori come De André, Lauzi, Vecchioni, Guccini, Franco Califano, Tenco, Battisti – Mogol hanno scavato in quell’onirico misterioso che è il linguaggio delle assonanze, che vive dentro la Scuola Siciliana e lo Stil Novo.
Un linguaggio che non deve nulla alla letteratura italiana degli anni Cinquanta (Calvino – Pasolini: che tristezza), in linea con la presenza della cosiddetta canzone d’autore, perché è riuscita a confrontarsi con il mondo provenzale ed etnico che è vitale nel “De Vulgare” dantesco.
Si tratta di penetrare i legami tra la poesia e la canzone. Sarà il tema di un convegno che si svolgerà a Roma: “Il Dante da De André a Branduardi”.
Dante usava la Canzone. Come facevano Guido Guinizzelli, Guido Cavalcanti, come Cecco Angiolieri. Ovvero siamo tra la Canzone e la Ballata. Successivamente dopo la poesia di Jacopone da Todi diventa centrale.
Da De André a Roberto Vecchioni Jacopone diventa il poeta della religiosità eretica e non teologica. Ma Dante resta, comunque, un punto di riferimento sia sul pianto di un modulario sintattico sia su quello della “ripetizione della parola. È proprio il contesto delle “Rime” di Dante e lo specchio de la “Vita nova” che camminerà (cammineranno) nella canzone non solo italiana, ma francese, in modo particolare, spagnola in modo più specifico, americana, in modo più letterale, greca in piena allegoria.
Tre esempi soltanto, Dante vive in Ronsard, in pieno barocco. Vive in Lope de Vega e, successivamente, in Unamuno. Vive nell’isola, terra natìa, di Kavafis e Seferis. Vive nello straordinario viaggio di Lee Master con il quale si confronterà attivamente De André nel suo attraversamento nel regno dei morti.
Qui l’incastro si fa molto sottile. Dante, Lee Master, De André e di Dante l’immaginario viene trasportato proprio in “Spoon River”, dove sulla collina si parla con i morti tra le varie dune e gli spazi come so fossero i cerchi danteschi.
De André, infatti, studia attentamente Dante e lo trasporta nel testo “forte” di “Non al denaro non all’amore e né al cielo”. Ma anche i “Canti” di Ezra Pound sono un viaggio e paesaggio in quella “Commedia” che è “Divina”, ma anche profetica come nel Pavese di Leucò, amato da Tenco.
Su questo battuto e su una dimensione araba dantesca si stabilizza il mosaico mediterraneo di Franco Battiato. Il mondo dei dervisci è il sacro guenoniano con il quale Dante andrebbe anche interpretato tra gli sguardi e lo specchio.
Così come nel Tenco che ridisegna il tempo dell’amore perduto che si scava tra le “Rime” di Dante. Ma la “Canzone dell’amore perduto” di De André non è soltanto un “francesismo” ascolto dei versi prevertiani e bressaniani, bensì è sostanziale l’allegoria de la “Vita nova”.
Così il Cocciante di Giulietta e Romeo non ha soltanto parametri abelardiani, ma “beatriciani”. La donna dell’apparenza e della sparizione è nel Battisti – Mogol delle salite e delle discese.
Insomma i riferimenti estetici – letterari insistono con forza tra Dante e la poesia – musicata… Già, la poesia musicata? Lo Stil Novo è poesia la cui parola ha già un alfabeto musicato che forma un vocabolario.
Le “Rime” di Dante sono un trascinamento nella musica provenzale che si svilupperà negli “anonimi” barocchi e veneziani. Il De Gregori che si tuffa in Saint Exupéry non è soltanto la metafora del volo, è anche l’allegoria della conoscenza oltre il reale, ma Saint Exupéry era molto “devoto” a Dante. Come lo è Vecchioni che recupera una classicità pre-mediovale.
Con Angelo Branduardi, una centralità di spessore, si entra proprio nel mezzo del cammino con “Camminando camminado”, con “L’infinitamente piccolo”, con le Ballate “Il rovo e la rosa”, con “Vanità di vanità”.
Branduardi è la misura estrema, musicale e letteraria, tra Dante, e prima ancora con San Francesco del Cantico, e il Quattrocento. In un contesto del genere le metafore e la musicalità danno spazio ai luoghi del pensiero e dell’essere.
L’esilio e il mare, le stelle e il viaggio.
Ebbene, il Dante di queste finestre lo si legge in Lucio Dalla, in Bruno Lauzi, in Sergio Endrigo, in Francesco Guccini. Ma restano tre poeti cantanti che sono la rappresentazione di un Dante musicale e musicato, metaforizzato tra i simboli e gli archetipi: De André, Battiato, Branduardi.
Tre riferimenti con i quali, attraversando questo linguaggio, si riporta Dante come centro ed orizzonte nel rapporto semantico – estetico – letterario in un Novecento che ha frantumato tutti gli strumenti sintattici e la struttura della parola.
Nella consapevolezza (o conoscenza) della lingua i tessuti musicali e gli immaginari simbolici sono in Dante la partenza e il ritorno delle lingue non solo usate dalle letterature ma anche dalla canzone d’autore (cosiddetta). Perché questo? Dante è la sintesi dell’Occidente e dell’Oriente tra letteratura, musica e danza in una estetica che vive tra lo sguardo e lo specchio (una metafora per dire o non dire, sic!).
Ma Dante è un Oriente che non smette di essere Persia e culture mediterranee nelle quali Battiato si è formato filtrando il Dante delle “Rime” e il verseggiare della Beatrice Dolce Stil Novo è nel Branduardi che ha atmosfere bizantine. Così come Ivano Fossati che lega la linea Dante Pavese.
Dopo Dante ci sono le Ballate. Jacopone da Todi e Cecco Angiolieri sono tra le carte di De André e Vecchioni. Insomma il discorso diventa interessante nel momento in cui la Canzone nasce nel verso e con il verso si versa la musica. Come in Guccini e De André. Dante cercava la musicalità nella parola come nelle “Rime” o anche nella “Vita nova”.
Compiono un uguale lavoro sulla parola. I parametri sono segni indelebili e non si può prescindere dal fatto che la parola musicata ha perfettamente origini Orientali. Gli Orienti sono le luci nascenti che lasciano segni tra gli archetipi dei linguaggi.

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Pierfranco Bruni è nato in Calabria e vive tra Roma e la Puglia. Scrittore, poeta, italianista e critico letterario, già direttore archeologo presso il Ministero della Cultura. Esperto di Letteratura dei Mediterranei, vive la letteratura come modello di antropologia religiosa. Ha pubblicato diversi testi sulla cristianità in letteratura. Il suo stile analitico gli permette di fornire visioni sempre inedite su tematiche letterarie, filosofiche e metafisiche. Si è dedicato al legame tra letteratura e favola, letteratura e mondo sciamanico, linguaggi e alchimia. Ha pubblicato oltre 120 libri, tra poesia saggistica e narrativa. È presidente del Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi”. Ricopre incarichi istituzionali inerenti la promozione della cultura e della letteratura. Quest’anno con decreto del Ministero della Cultura Mic , è stato nominato Presidente della Commissione per il conferimento del titolo di “Capitale italiana del Libro 2024“. Recente è inoltre l’incarico assegnato sempre dal Mic di Componente dellaGiunta del Comitato nazionale per il centenario della morte di Eleonora Duse (21 aprile 1914 – 21 aprile 2024)  direttore scientifico nazionale del Progetto Undulna Duse 100 e del Progetto nazionale Manlio Sgalambro a 100 anni dalla nascita. Entrambi indetti dal Ministero della Cultura  (MiC)
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