Il d’Annunzio mediterraneo, da Napoli alla Grecia per vivere il senso tragico del suo teatro

Il suo Abruzzo non resterà nella nicchia dei suoi labirinti. Vivrà nella sua anima ma Napoli costituisce il vero centro. L’ironia napoletana è la tragicità filosofica greca. Napoli, Città spazio nella quale Occidente ed Oriente si intrecciano. Ma la Grecia, una passione nata nella classicità che definisce il processo filosofico del tragico che incontra l’ironia. La sua classicità lo rende protagonista in un Novecento europeo. Senza D’Annunzio il Novecento non avrebbe aperto le vie alla poesia moderna e non avrebbe dato un senso all’inquieta sensualità dei personaggi...

di Pierfranco Bruni

Il viaggio lungo le rotte del Mediterraneo di Gabriele D’Annunzio ha come punti di riferimento le sue radici abruzzesi e quindi adriatiche e la sua permanenza a Napoli. Napoli è una città – spazio nella quale Occidente ed Oriente si intrecciano. Dall’Abruzzo, terra nell’Adriatico e di linguaggi adriatici, alla latinità di Roma con le eredità greche e i venti del Mediterraneo, Gabriele D’Annunzio sosta per due anni, anni fondamentali, nella città culla dei legami tra le culture del Sud e i Mediterranei. Napoli.
Punto di riferimento, dunque, e scrittore che vive l’influenza di Matilde Serao ed Eduardo Scarfoglio, ma le amicizie napoletane caratterizzeranno anche il suo approccio letterario alla vita in una visione in cui l’immaginario popolare diventa identità di costanti echi mediterranei.

Gabriele d’Annunzio, Guido Boggiani, Georges Hérelle, Pasquale Masciantonio, Edoardo Scarfoglio (Grecia 1895)


A Napoli vive tra il 1891 e il 1893. Anni significativi. Qui scrive sul “Corriere di Napoli” sul “Mattino” e intreccia legami con quel mondo culturale che arricchirà la sua ironia. Qui pubblica, a puntate sul “Corriere di Napoli” dal 10 dicembre 1891 all’8 febbraio del 1892, uno dei romanzi chiave della sua intraprendente produzione narrativa: L’innocente.
Sul “Mattino”, nuovo quotidiano di Scarfoglio e Serao, si confronta con Zola, Wagner, Nietzsche con articoli che offrono un originale chiave di lettura. Il D’Annunzio napoletano è anche lo scrittore del sublime, degli amori intrecciati all’estasi, del Giovanni Episcopo, del pensare a Il trionfo della morte ma scritto in Abruzzo, dell’annotare riflessi che porteranno a il Poema paradisiaco, dell’attraversare i segni che condurranno a Le vergine delle rocce.
A Napoli il suo ardere vivendo non è fatto di amori fatui. Catia Giusmini ebbe a scrivere: “A Napoli, dove si trattenne per tutto il periodo della pubblicazione dell’Innocente sia per l’impossibilità di tornare a Roma sia per la triste situazione della famiglia a Pescara, D’Annunzio conobbe una nuova passione” in D’Annunzio. Vita, poetica, opere scelte, “Il Sole 24 Ore”, Milano 2008.

Maria Gravina Cruyllas di Ramacca

Si trattava, dunque, della principessa siciliana Maria Gravina Cruyllas di Ramacca. Era la moglie del conte Ferdinando Anguissola di San Damiano. Ma la relazione con Barbara Leoni continuò sino al novembre del 1892. Intanto la sua amante era uscita incinta.
Dedicava all’amico Enrico Nencioni le sue Elegie romane tranne le ultime tre composizioni. Alla fine degli anni napoletani D’Annunzio ritornò in Abruzzo. Il legame tra la sua terra natìa e Napoli rafforzò in modo consistente quella geografia culturale ed esistenziale tra il suo mondo Adriatico, tra i pastori e il mare, e il Mediterraneo di una napoletanità tutta intrisa di eredità orientali.
Ma la Grecia costituiva una sua passione nata nella classicità dei suoi modelli culturali che hanno definito il suo processo filosofico nel senso del tragico che incontra l’ironia. Il senso del tragico è anche in quell’immaginario che attraversa le sue amanti, le donne che lo hanno amato, le donne con le quali ha stabilito un rapporto non solo fisico ma intellettivo.
Nella tragedia non può che esserci l’inquietudine della recita, ovvero il teatro. Per D’Annunzio il teatro sono anche nel vissuto delle strade di Napoli. Il teatro è il comico. Ma è soprattutto lo strazio degli amori, gli indefinibili amori che hanno sempre un loro finale questo finale ha bisogno degli applausi e mai del silenzio.

Eleonora Duse – Gabriele d’Annunzio

Eleonora Duse è un esempio emblematico. La commedia si trasforma nella teatralità tragica di un raccontare il proprio esistere.
Napoli non è l’altra dimensione del suo Abruzzo. Anzi, è piuttosto la completezza. Una completezza che è complessità di due geografie nelle quali D’Annunzio ha “strutturato” i suoi modelli anche espressivi. Ogni personaggio sembra proporsi come se dovesse recitare. Nei suoi romanzi c’è un dialogare che è sempre un canto e un contro canto. Ma anche in molte sue poesie.
Si pensi a “La pioggia nel pineto”. Questo canto e controcanto è, appunto, l’intreccio tra le eredità adriatica del suo Abruzzo e la grecità espressa e riconquistata (perché già la viveva come elemento classico derivanti però dalla sua forte preparazione tra testi latini e testi ellenici) a Napoli in termini fisici. Per penetrare quel mondo greco nell’estate del 1895 parte per una crociera nel Mediterraneo con il panfilo “Fantasia” di Edoardo Scarfoglio. Un viaggio piuttosto di conoscenza, di ricerca, di motivazioni antropologiche.
D’Annunzio ha bisogno di navigare il Mediterraneo perché ha bisogno di toccare le acque elleniche, perché senza la fisicità di quei luoghi il teatro greco non avrebbe senso. Il suo navigare tra le acque elleniche, tra delusioni alla vista e alla visita di città, è stato un bisogno esistenziale.

Gabriele d’Annunzio

D’Annunzio scriverà: “Il mio lungo e vago sogno di dramma fluttuante, s’è alfine cristallizzato. A Micene ho riletto Sofocle ed Eschilo, sotto la porta dei leoni. La forma del mio dramma è già chiara e ferma. Il titolo: La città morta”.
È tutto perituro. Le civiltà, i templi, la memoria, gli amori. Tutto diventa una città sepolta oltre ad essere una città morta. Ma D’Annunzio ha bisogno di questo passaggio tra le geografie esistenziali e dei luoghi che vanno dall’Abruzzo a Napoli e da Napoli alla Grecia. Perché è a Napoli l’imprevedibile attraversamento tra l’innocenza del dramma e il fuoco attraversato dalla morte che trionfa. Non sono solo le amanti e gli amori ma Napoli è anche il suo scenario estetico e popolare che lo condurrà, per motivi non certo letterari, a Parigi.
Il suo Abruzzo non resterà nella nicchia dei suoi labirinti. Vivrà nella sua anima ma senza Napoli non solo non avrebbe capito l’importanza di un vero giornalismo culturale (Scarfoglio e Serao sono riferimenti certi) e non si sarebbe aperto ad una visione quasi boccacciana del mondo popolare ma neppure si sarebbe realizzato un legame metastorico e metafisico tra il suo Adriatico e il Mediterraneo.
Napoli costituisce il vero centro. Il nodo fondamentale che gli permetterà di comprendere il valore umano del teatro e non solo il teatro come fatto letterario. È un dato di estrema importanza per un poeta e uno scrittore che ha sempre coniugato le eredità greche con quelle latine in uno scavo che è quello della contemplante tragedia.
L’ironia napoletana è la tragicità filosofica greca. Dei concetti che possono restare avulsi dall’incontro tra la sua formazione Adriatica e il suo essere profondamente radicato nella cultura mediterranea. Non c’è divergenza. Piuttosto, per D’Annunzio, l’inclusione di queste due realtà costituiscono un unico modello: sia dal punto di vista complessivamente culturale sia sul piano dell’intreccio dei personaggi che campeggiano nelle sue opere.
Il senso tragico è nell’ironia napoletana ed è nella nostalgia abruzzese. Non sono due aspetti separati. Il suo viaggio, in autonomia, con il suo contesto, è un viaggio alla ricerca, comunque, della classicità.
La sua classicità lo rende protagonista in un Novecento europeo. Senza D’Annunzio il Novecento non avrebbe aperto le vie alla poesia moderna e non avrebbe dato un senso all’inquieta sensualità dei personaggi. Ma il suo Adriatico è un viaggiare tra le terre di un mondo contadino e un confrontarsi costante con le marine mentre nel suo Mediterraneo il mito è la pagina in cui la griglia simbolica è uno scavo costante nella memoria.
Una memoria attraversata dal sentimento del ritorno in un viaggio che va dalla sua Pescara a Roma e da qui a Napoli. Da Napoli alla Grecia.

Photocover: Gabriele d’Annunzio – Lo yacht “Fantasia” di proprietà del giornalista Edoardo Scarfoglio, sul quale d’Annunzio viaggiò verso la Grecia (1895), in compagnia dello stesso Scarfoglio, Guido Boggiani, Georges Hérelle, e Pasquale Masciantonio.

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Pierfranco Bruni è nato in Calabria e vive tra Roma e la Puglia. Scrittore, poeta, italianista e critico letterario, già direttore archeologo presso il Ministero della Cultura. Esperto di Letteratura dei Mediterranei, vive la letteratura come modello di antropologia religiosa. Ha pubblicato diversi testi sulla cristianità in letteratura. Il suo stile analitico gli permette di fornire visioni sempre inedite su tematiche letterarie, filosofiche e metafisiche. Si è dedicato al legame tra letteratura e favola, letteratura e mondo sciamanico, linguaggi e alchimia. Ha pubblicato oltre 120 libri, tra poesia saggistica e narrativa. È presidente del Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi”. Ricopre incarichi istituzionali inerenti la promozione della cultura e della letteratura. Quest’anno con decreto del Ministero della Cultura Mic , è stato nominato Presidente della Commissione per il conferimento del titolo di “Capitale italiana del Libro 2024“. Recente è inoltre l’incarico assegnato sempre dal Mic di Componente dellaGiunta del Comitato nazionale per il centenario della morte di Eleonora Duse (21 aprile 1914 – 21 aprile 2024)  direttore scientifico nazionale del Progetto Undulna Duse 100 e del Progetto nazionale Manlio Sgalambro a 100 anni dalla nascita. Entrambi indetti dal Ministero della Cultura  (MiC)
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