di Pierfranco Bruni
Tre città, tre luoghi, tre territori hanno rappresentato per il Beato Bartolo Longo dei luoghi di culto vero e proprio, dei luoghi di appartenenza, dei luoghi di religiosità. Il primo è Latiano, in provincia di Brindisi, il paese in cui nacque; il secondo è Napoli dove si è laureato, dove ha conosciuto molte personalità e ha stretto rapporti con personaggi importanti e il terzo è Pompei dove ha pensato e costruito, e fatto costruire, il Santuario della Madonna di Pompei: il Santuario del Rosario. Una mostra in corso nel Santuario della Madonna di Pompei su Bartolo Logo ripercorre i luoghi e la vita del Beato di Latiano – Brindisi.
Bartolo Longo nasce a Latiano il 10 febbraio del 1841. All’età di sei anni viene mandato a studiare, inizialmente, a Francavilla Fontana, piccolo centro sempre nel brindisino, presso il “Real Collegio Ferdinandeo” che all’epoca era diretto dai Padri Scolopi e, in seguito prosegue gli studi a Brindisi.
Credo, la sua formazione importante sia stata quella con i Padri Scolopi, che non sono direttamente funzionali a una teologia ecclesiastica (almeno non lo erano in quel periodo e in quel contesto) e, accanto alla teologia, hanno sempre applicato la testimonianza del misticismo. Bartolo Longo si è, dunque, formato in questa scuola, teologica da una parte, e mistica dall’altra. Successivamente, verso la metà del 1862, giunge a Napoli dove studia Giurisprudenza e si laurea a soli 23 anni. Proprio in questa città si converte alla fede cristiana.
Dopo la laurea ritorna a Latiano, nella sua terra di origine, dove inizia a esercitare la professione di avvocato, ma ben presto si sente molto stretto in questa città soprattutto per la mancanza di dialettica, di confronto. Legge costantemente testi sacri, ma avverte l’esigenza di una discussione aperta sui temi spirituali, sui processi religiosi e culturali di quel tempo. Ritorna a Napoli ed è in questo periodo che conosce la contessa Marianna Farnararo, grazie alla quale verrà inviato nella Valle di Pompei, come allora veniva definita, nel tentativo di risolvere una questione delicata tra proprietari e coloni, poiché la contessa in quelle aree delle proprietà terriere.
In seguito anche a questo rapporto, aumenta la sua profonda esperienza spirituale, che diviene un vero e proprio progetto missionario nei confronti del mondo della chiesa, del mondo cattolico, del mondo cristiano e, per merito suo, in questa valle si comincia a costruire un santuario dedicato alla Madonna.
La valle di Pompei come ospitalità, come territorio del santuario, definito poi il Santuario della Madonna di Pompei. Il santuario si arricchisce di un quadro della Vergine Maria che diverrà, con il suo abbigliamento, con il suo” costume”, fondamentale in tutto il mondo.
Il santuario verrà consacrato il 7 maggio del 1891. L’1 aprile del 1885 Bartolo Longo si sposa con la contessa Marianna Farnararo a Napoli, ma resta un uomo profondamente devoto, professionalmente funzionale a quella carità cristiana, e continuerà a collaborare costantemente alla costruzione del Santuario della Madonna di Pompei. Nel 1897 fonda la Congregazione delle Suore domenicane, le cosiddette “Figlie del Santo Rosario di Pompei”.
In questo contesto conosce una figura straordinaria: San Giuseppe Moscati, ovvero il dottor Giuseppe Moscati, un medico che operava a Napoli, ma in continuo viaggio per poter seguire i suoi pazienti e Bartolo Longo è stato proprio uno dei suoi pazienti. La figura di Giuseppe Moscati è una figura di primo piano, non solo tra i santi, ma rappresenta una figura di primo piano soprattutto nella devozione mistica del mondo storico religioso, del mondo culturale mistico. I due stringono una forte amicizia. Non sono soltanto il paziente e il medico, ma in entrambi c’è la riconoscenza del culto mariano: Longo è Beato, Giuseppe Moscati diventa Santo, viene innalzato agli onori della santità. Bartolo Longo muore a Pompei il 5 ottobre 1926.
In Bartolo Longo sono dunque presenti queste esperienze di devozionalità mariana che si legano al senso della carità. Chi interpreta in modo singolare la figura di Bartolo Longo è San Giovanni Paolo II perché, definendolo come artefice della provvidenza e l’artefice della completezza della profezia. Bartolo Longo diventa un punto di riferimento tra la cultura teologica e la cultura mistica. Nell’omelia, durante il rito di beatificazione, Giovanni Paolo II disse: «Bartolo Longo è l’apostolo del Rosario. Il laico che ha vissuto totalmente il suo impegno ecclesiale. Tutta la sua esistenza fu un intenso e costante esercizio della Chiesa in nome e per amore di Maria. Bartolo Longo si può eternamente definire “l’Uomo della Madonna”».
Si nota come sia presente una profondità di mistero, una profondità di senso mistico nelle parole di Giovanni Paolo II. Questa sua definizione, “Uomo della Madonna”, ha un grande carisma, quel grande carisma che innalzerà Bartolo Longo ad essere Beato. Ma non è stato soltanto un pensatore, un mistico, un pellegrino delle fede. È stata una personalità che ha lasciato dei segni tangibili sul piano anche della azione ascetica, della teoretica tanto da scrivere alcune osservazioni importanti, tra cui: “La legge costante della provvidenza è la legge delle antitesi: le grandi luci sullo sfondo delle grandi ombre; la forza sulla base apparente della debolezza; il sublime sul piedistallo del nulla. Qui a Pompei, un traviato diventa il missionario laico del Rosario. La landa più abbandonata diventa uno dei più meravigliosi santuari. L’infimo è la prova dell’infinito, ecco la legge della provvidenza”.
In questa osservazione di Bartolo Longo, la provvidenza diventa inizialmente legge delle antitesi e, successivamente, è la prova dell’infinito. Ecco, dunque, un mistico che conosce le leggi della teologia ma, che nello stesso tempo, è un pellegrino per la fede, un pellegrino di fede, un pellegrino di carità.
Il 7 ottobre del 2003, durante il suo pellegrinaggio a Pompei, Giovanni Paolo II ebbe a dire: «Grazie al Beato, Pompei è diventato un centro internazionale di spiritualità del Rosario. Ebbe un’intuizione profetica quando, al tempio dedicato alla Vergine Rosario, volle aggiungere questa facciata come momento alla pace». La causa della pace entrava così nella proposta stessa del Rosario.
Bartolo Longo fece costruire una nuova facciata metafora della pace, che incontrava la pace, tanto che l’altro interprete importante di Bartolo Longo, Benedetto XVI, nel suo pellegrinaggio a Pompei il 19 ottobre del 2008, fortificò questa affermazione di Giovanni Paolo II, sottolineando la personalità di Bartolo Longo come uomo di misericordia e di pace. Un concetto di pace che è stato predominante nel culto mariano, che ha segnato le epoche e, soprattutto, la cultura popolare.
Bartolo Longo rimane un personaggio nella cultura popolare religiosa, perché in assenza della stessa non si ha un’antropologia della fede, un’antropologia dei luoghi della fede, e non si ha neppure l’antropologia mariana che attraversa interi territori, santuari popolati dalle genti, come avrebbe detto San Paolo. La figura di Bartolo Longo è radicata nella tradizione popolare del Sud. Un uomo pugliese, un uomo brindisino, che ha saputo raccogliere il messaggio della misericordia trasformandolo in quella testimonianza, in quella esperienza, divenute modelli di culto.
Il culto è dentro l’antropologia della fede, è dentro quell’antropologia che pone non l’uomo al centro, bensì l’universo, Dio, quindi ci sottolinea una nuova visione anche antropologica della fede stessa. Ritengo che il senso del mistico, della devozione, dell’erranza vissuta in termini metaforici e spirituali di Bartolo Longo, costituiscano un chiave di lettura interpretativa per capire il tempo degli sradicamenti e trovare, nuovamente nella fede, un punto di contatto. Un punto in cui i popoli si incontrano, si confrontano, si parlano. Tutto questo è parte integrante della devozione popolare mariana alla quale Bartolo Longo si è affidato e alla quale ha affidato tutta la cultura che ha vissuto e vive i processi religiosi popolari, i processi religiosi meridionali.
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Pierfranco Bruni è nato in Calabria e vive tra Roma e la Puglia. Scrittore, poeta, italianista e critico letterario, già direttore archeologo presso il Ministero della Cultura. Esperto di Letteratura dei Mediterranei, vive la letteratura come modello di antropologia religiosa. Ha pubblicato diversi testi sulla cristianità in letteratura. Il suo stile analitico gli permette di fornire visioni sempre inedite su tematiche letterarie, filosofiche e metafisiche. Si è dedicato al legame tra letteratura e favola, letteratura e mondo sciamanico, linguaggi e alchimia. Ha pubblicato oltre 120 libri, tra poesia saggistica e narrativa. È presidente del Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi”. Ricopre incarichi istituzionali inerenti la promozione della cultura e della letteratura. Quest’anno con decreto del Ministero della Cultura Mic , è stato nominato Presidente della Commissione per il conferimento del titolo di “Capitale italiana del Libro 2024“. Recente è inoltre l’incarico assegnato sempre dal Mic di Componente della Giunta del Comitato nazionale per il centenario della morte di Eleonora Duse (21 aprile 1914 – 21 aprile 2024) direttore scientifico nazionale del Progetto Undulna Duse 100 e del Progetto nazionale Manlio Sgalambro a 100 anni dalla nascita. Entrambi indetti dal Ministero della Cultura (MiC)
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