Pierfranco Bruni
Forse dimenticare è tutto. Un passato che non c’è più e che non può più trasformarsi non ha senso custodirlo. Una voce mi dice che occorre necessariamente dimenticare per non trascinare un cumulo di sabbia che ha grani di angoscia, tristezza, malinconia.
Sono in contraddizione con tutto che ho vissuto nella scrittura e nella vita finora. Certo. Una incoerenza posso permettermela? Ma alla mia età bisogna pur non restare a contemplate tutto ciò che diventa macerie. Si diventa rovina restando a macerare il tempo che non è più. Oppure può diventare un capriccio per una giovinezza perduta.
Tutto alla fine si perde. La perdita non è una sconfitta. È soltanto la consapevolezza che le vite sono fatte di stagioni di tempo. Un amore quando si lacera non bisogna mai tentare di rammentare gli angoli e le pieghe. Si è spezzato. Punto. Così gli anni che trascorrono veloci anche se abbiamo l’abitudine di elogiare la lentezza. Possiamo anche elogiare la lentezza ma nulla muta. Ti volti un attimo in uno spigolo di presente e si è già oltre l’attuale. Occorre necessariamente dimenticare per non cadere in un abisso in cui i ricordi diventano nostalgia.
Non amo più la nostalgia ora che la nostalgia si fa beffa persino del tempo. Gli amori passati sono passati. Voglio vivere il presente come un gabbiano in fuga dalle ricordanze e inventarmi il giorno per giorno con un nuovo sole e un nuovo tramonto. Poi riprendere. Bisogna però convincersi che è la solitudine la sola bellezza che ci smarca dal ricordo. La Bellezza che sarà giorno per giorno.
Saper guardare negli occhi il tempo che si vive in un istante è meraviglioso. Avere il coraggio di seppellire nei meandri della caverna il trascorso e non parlarne più è una magia che ci inventa il passo nuovo. La vita è un lasciare ombre dietro ma luce davanti a sé. La pazienza ha tanti limiti. Me ne sono reso conto oggi ma e necessaria. Necessaria proprio per svoltare oltre la piazza nella quale si attende non si sa cosa.
I viandanti? Il mercato? Il bar che apre all’alba? Gli incontri senza appuntamenti? Tutto vissuto. Tutto abitato. Anche il paese non mi appartiene più. Nulla mi appartiene. Come fa ad appartenermi? Soltanto io mi appartengo fin quando sarò in vita. Poi sarà un altro viaggio insondabile ora e non so domani. Bisogna appartenersi con una tale forza e energia sino a scacciare ogni rigolo di ricordo. Non voglio portarmi dietro e dentro nessun ricordo.
Bisogna che si resti costantemente in viaggio. Sfidandolo e sfidandosi e se occorre non cercare alcuna meta. Tanto se è il destino che decide che senso avrebbe porsi delle mete. Soprattutto alla mia età. Ho tanto vissuto che ogni immagine mi sembra di averla già vista. Ho tanto pensato che ogni pensiero che percepisco lo avevo già intuito. Non esiste in me nessuna fede. Non mi affido più ad alcuno. I sentimenti sono passaggi e le corazzate sono scivolate nel deserto. Vivo perché la vita mi attrae. Perché mi affascinano ancora le onde della bellezza delle donne che sanno amare e dimenticare e dimenticarle. Perché mi stimola il silenzio cercato e la solitudine voluta.
Insomma il mare è una deriva che mi accompagna e la volontà è un sonno che mi sorride. È necessario dimenticare per non ricordare altrimenti si smette di vivere il presente. Io dimentico per non ricordare e ricostruisco dalle assenze e dal perduto il tempo che non ho ma che mi tocca inventare oltre ciò che è finito per sempre.
Smetto i miei abiti conservati negli armadi e cerco strade senza illusioni e senza speranze. Cosa è mai la speranza, l’attesa, la compassione, la pietà, la preghiera stessa… Mi sono consumato per che cosa? Devo ritornare in me per la voglia folle di appartenenza a un desiderio, a una vanità, a un sogno. Già, a un sogno. I sogni si camminano da soli. Sempre. Per fare ciò non bisogna più ricordare.
Dimenticare è tutto. Per continuare a vivere e a sorridere con l’alchimia dei giorni. Perché si è sempre soli. Io mi scelgo la mia solitudine. Scrivere o riscrivere? Forse ma non come terapia. Non ho mai creduto alla psicoterapia. Quindi? Scrivere è inventarsi… Ma perché ricordare le assenze il perduto il disamore? Se le presenze sono molto di più delle assenze se gli amori sono più di un amore se ciò che posso fare è più di ciò che ho già fatto? Dimenticare è necessario.
Il pensiero del ricordo o degli amori vissuti e finiti è soltanto un insieme di macerie. La vita è sempre ciò che vivi. La vita vissuta è una rovina. Se finisce tutto tutto è naufragato. Bene. Il viaggio riprende sempre. Io sono un viaggio…
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Pierfranco Bruni è nato in Calabria e vive tra Roma e la Puglia. Scrittore, poeta, italianista e critico letterario, già direttore archeologo presso il Ministero della Cultura. Esperto di Letteratura dei Mediterranei, vive la letteratura come modello di antropologia religiosa. Ha pubblicato diversi testi sulla cristianità in letteratura. Il suo stile analitico gli permette di fornire visioni sempre inedite su tematiche letterarie, filosofiche e metafisiche. Si è dedicato al legame tra letteratura e favola, letteratura e mondo sciamanico, linguaggi e alchimia. Ha pubblicato oltre 120 libri, tra poesia saggistica e narrativa. È presidente del Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi”. Ricopre incarichi istituzionali inerenti la promozione della cultura e della letteratura. Quest’anno con decreto del Ministero della Cultura Mic , è stato nominato Presidente della Commissione per il conferimento del titolo di “Capitale italiana del Libro 2024“. Recente è inoltre l’incarico assegnato sempre dal Mic di Componente della Giunta del Comitato nazionale per il centenario della morte di Eleonora Duse (21 aprile 1914 – 21 aprile 2024) direttore scientifico nazionale del Progetto Undulna Duse 100 e del Progetto nazionale Manlio Sgalambro a 100 anni dalla nascita. Entrambi indetti dal Ministero della Cultura (MiC)
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