Ricordare è un rumore assordante e assurdo. Occorre vivere il presente dimenticando le storie fino al crepuscolo degli dei

Mio padre mi ha insegnato che bisogna essere aquile. Volare in solitudine e vedere tutto dall'alto. Ma mi ha insegnato ad essere anche tartaruga con le tredici lune che raccolgono la pazienza del sole, delle stelle, dell'alba, del crepuscolo, della notte, degli amori finiti, degli amori che saranno, dell'attesa, del sorriso, della preghiera, dell'ascolto e del silenzio. Aquila e tartaruga. Una contraddizione? Forse, ma noi non siamo contraddizione? ...Da Cioran ho tratto l'altra necessità, lasciare che il pensiero si faccia crepuscolo....

PIERFRANCO BRUNI

I ricordi sono rumori. Rumori assordanti. Assurdi. E io coltivo il silenzio. Il silenzio che conosce la solitudine. Ciò che fa rumore mi dà ormai fastidio. Ho sempre abitato il ricordo come estrema corda del cuore per poter legare il passato al presente e non perdere nulla. Ora sono convinto che bisogna avere la consapevolezza che il perduto è perduto per sempre.
Beati coloro che credono, a cosa?, e si affidano al fatto che ci sia un cielo che possa contenere anime e sguardi e giudizi.
Io invece no. Io ho l’alchimia dentro di me. Bisogna essere vivi per essere impareggiabili e non pensare di fare torto a chi non c’è più. O restare appesi al giudizio dei morti anime in cielo. Scuse perteue. Insaziabili.
Già, il mondo sciamano è altro. Gli indiani d’America affidavano il passato al fuoco. Fuoco rigenerante. Non bisogna pensare che il ricordo sia soltanto un passato dolce. C’è quello senza zuccheri aggiunti. Allora cosa si fa? Aggiungiamo lo zucchero dappertutto? Bisogna vivere il presente come “lontananze d’azzurro”. Un concetto di Battiato e Sgalambro. Ma questo significa che bisogna allontanarsi dal passato. Perché il passato è ricordo? Perché non c’è più.
Mio padre mi ha sempre insegnato che bisogna essere aquile. Volare in solitudine e vedere tutto dall’alto. Ma mi ha insegnato ad essere anche tartaruga con le tredici lune che raccolgono la pazienza del sole, delle stelle, dell’alba, del meriggio, del crepuscolo, della notte, degli amori finiti, degli amori che saranno, dell’attesa, del sorriso, della preghiera, dell’ascolto e del silenzio. Aquila e tartaruga. Una contraddizione? Forse, ma noi non siamo contraddizione? L’Aquila non può avere passato altrimenti non volerebbe così in alto senza l’imbroglio del pregiudizio. La tartaruga va in letargo e non ricorda più nulla e poi ricomincia.
Voglio primavere di bellezze in cui non si possino trascinare rovine che sono state altro. Ricordare non è il presente. Io voglio il presente con la bellezza della vita che vivo. Ciò che resta custodito resta dove è.
Il passato imbriglia sempre. È fatto di storie. Io voglio il tempo che mi resta senza farmi condizionare dalle storie. Quasi sempre bugiarde.
Non è vero che la saggezza sta nel passato vissuto. Sta in ciò che sei e non in ciò che pensi di essere stato. I vecchi muoiono e lasciano tracce. I padri e le madri invecchiano in un batter di luna. Io sono invecchiato con il sorriso e l’ironia. Perché voglio conoscere sempre più l’oblio.
Dimenticare è tutto. Custodire è importante. Perdere è prendere il giorno con le sue lontananze e con la profezia dell’alchimia. Vivere fino al punto di fare a meno del ricordo è la saggezza più metafisica che possa raggiungere. Perché, nonostante mi sia sforzato a distinguere la nostalgia dal rimpianto, è il rimpianto nostalgico che prende il sopravvento.
Giunto alla mia età bisogna scegliere. Lasciare o farsi lasciare da tutto ciò che si abita. Preferisco farmi lasciare e chiudere ogni porta sino alla settima porta del castello al settimo piano. Una allegoria? Bisogna inventarsi l’aridità del peggio per vivere il crepuscolo che tocca vivere.
Io da Cioran ho preso proprio l’altra necessità che è lasciare che il pensiero si faccia crepuscolo. Le assenze sono tante ma le presenze sono di più. Compio il mio viaggio come un invito a non lasciarmi dietro fardelli. Custodire le vite di sangue è naturale, il resto è macerie. Le macerie non sono affidabili. Hanno l’infedeltà cucita sulla pelle che un giorno gli occhi vedevano brillare. Ma le macerie possono brillare? Assolutamente no.
Sono felice di non essere felice ma consapevole di una consapevolezza. Tutto si perde. E se si è perso vuole dire che era necessario. Dimenticare tutto il ricordo possibile per non dimenticarmi di me stesso. Accendo il mio fuoco e fumo il mio solito sigaro e cerco di guardare oltre ogni infinito orizzonte. Non cercatemi. Io non vi cercherò. Vivo il presente con la bellezza del giorno che sarà. Il sempre è impossibile. Il possibile è ciò che vivo.
Può anche essere un nuovo Post Scriptum ciò? Non c’è nulla di inaffidabile di chi è stato già inaffidabile. Ormai non mi appartiene nulla. Solo io mi appartengo e ciò che vivo nel giorno appunto che sarà. I post scriptum si aggiornano pagina dopo pagina.
Ricordare è un rumore assordante e assurdo.
Occorre vivere il presente dimenticando le storie. Fino al crepuscolo degli dei.

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Pierfranco Bruni è nato in Calabria e vive tra Roma e la Puglia. Scrittore, poeta, italianista e critico letterario, già direttore archeologo presso il Ministero della Cultura. Esperto di Letteratura dei Mediterranei, vive la letteratura come modello di antropologia religiosa. Ha pubblicato diversi testi sulla cristianità in letteratura. Il suo stile analitico gli permette di fornire visioni sempre inedite su tematiche letterarie, filosofiche e metafisiche. Si è dedicato al legame tra letteratura e favola, letteratura e mondo sciamanico, linguaggi e alchimia. Ha pubblicato oltre 120 libri, tra poesia saggistica e narrativa. È presidente del Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi”. Ricopre incarichi istituzionali inerenti la promozione della cultura e della letteratura. Quest’anno con decreto del Ministero della Cultura Mic , è stato nominato Presidente della Commissione per il conferimento del titolo di “Capitale italiana del Libro 2024“. Recente è inoltre l’incarico assegnato sempre dal Mic di Componente della Giunta del Comitato nazionale per il centenario della morte di Eleonora Duse (21 aprile 1914 – 21 aprile 2024)  direttore scientifico nazionale del Progetto Undulna Duse 100 e del Progetto nazionale Manlio Sgalambro a 100 anni dalla nascita. Entrambi indetti dal Ministero della Cultura  (MiC)
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