Se dovessi scegliere tra il vero della filosofia e la parola di Cristo sceglierei Cristo

.. Siamo uomini naufraghi in attesa e in balia del tempo e della morte. La vita è un racconto con le finestre aperte...La ragione come pensiero filosofico non risolve il problema di fondo dell'uomo...Il sacro non ha bisogno della filosofia ma del cuore del linguaggio delle parole. Del verbo che diventa carne. Forse è proprio qui il mistero di tutto. Sono pascaliano? Probabilmente sì...

di Pierfranco Bruni – L’antropologia della saggistica

Viviamo di domande e andiamo alla ricerca di risposte. Dietro ogni parola cerchiamo una logica. Speculazione nella visione di una ragione. Per tutto dovrebbe esserci una risposta? La ragione come pensiero filosofico non risolve il problema di fondo dell’uomo.
Sarebbe meglio affidarsi al mistero? Quale ragione potrebbe dare un senso al tempo? O alla morte? Siamo uomini naufraghi in attesa e in balia del tempo e della morte. La filosofia della ragione è una materia nella quale tutto nasce e tutto perisce. Ma ciò non mi basta. Le parole sono linguaggi tra il corpo e il tempo.
Domande e risposte non sono un fatto gratuito. Cos’è la gratitudine? Capire che qualcuno ti ha regalato qualcosa? Semplice. La gratitudine è aver ricevuto la luce. È averti tirato dalla notte buia. È averti dato ciò che non meritavi. È aver ricevuto.
Gratitudine. È aver chiesto una Grazia. È aver donato più del possibile. È aver saputo accogliere. Insomma non si capirà mai perché si è dato e perché abbiamo accolto.
C’è sempre un senso a tutto. Anche nel nulla. Anche nel vuoto. Anche nell’assenza. In questo senso però vive la verità certa che noi non conosciamo. Ma il centro di tutto resta la consapevolezza della mortalità. Vorremmo essere immortali perché vorremmo sfidarci giorno dopo giorno senza temere la fine.
La fine è temuta. Vorremmo però che la fine avesse timore di noi. Ma noi non siamo Dio e non possiamo essere neppure degli dei. Restiamo esseri timorosi della paura. Nessun sapere potrà dirci altro. È terribile conoscere la non conoscenza. O la non riconoscenza? La riconoscenza è un valore che nasce dalla virtù di aver compreso. Il fatto è altro: “Gli uomini muoiono e non sono felici”. Cosa è la conoscenza?
Quando gli dei lacerano il mito aspetti che qualcuno ti porti la luna. Quella vera. Solo così potresti sentirti immortale.
Ma la realtà forse è altro dal sentire soltanto. Non bisogna affidarsi soltanto alla propria percezione. Ascoltare permette però un saper ascoltare. Nell’ascolto si potrebbe intuire un’altra verità che a volte non si riesce a leggere con tutti e due gli occhi. Bisogna saper osservare con entrambi. Con i due occhi. Quando non si riesce a guardare con i due occhi occorre necessariamente osservare con il cuore e se il cuore si nega c’è sempre l’anima. Importante è riflettere: “L’uomo è fatto così, caro signore, ha due facce: non può amare senza amarsi”.
Non bisogna abitare il tempo pensando soltanto che la vita sia amore.
Bisogna fare in modo che l’amore sia vita. E che la vita sia affidabile in Cristo.
Ho imparato dalla necessità di saper cogliere la pazienza senza però farsi dominare dalla pazienza stessa. Il sabotaggio della pazienza è una avvertenza di dominio sulla pazienza.
Non dovrà accadere ciò. Altrimenti si corre il rischio di ferire l’intelligenza.
L’amore è pazienza. La pazienza non è amore. È saggezza. Se la saggezza non è accompagnata da eresie e da rivolte è subordinazione dell’intelletto.
Ciò vuol dire che si entra nella dimensione dell’eresia. È quella che a volte manca per non farsi omologare.
Siamo in in contesto in cui tutto è pianificato. Ma la vita non si può pianificare. Non è una pianura e non è un piano. È fatta di discese e salite, di scogli e rocce massicce, di tempeste e naufragi, di solitudini e angoscie.
Bisogna cercare di conviverci perché bisogna convivere con se stessi senza finzioni. Senza fingere a se stessi. La gratitudine giunge dell’armonia che dovremmo portare dentro. Non cercarla. Darla. Fino a che punto si potrà arrivare a ciò?
Camus ebbe a dire: “Continuo a credere che questo mondo non abbia affatto un significato superiore. Ma io so che qualcosa in lui ha senso ed è l’uomo, perché è il solo essere ad esigere d’averne”.
L’uomo ha senso perché tutto ha senso. Anche la gratitudine ha un senso perché è un senso.
Io considero ciò un patto tra me e la vita. Se dovessi venire meno a questo patto non sarei grato più a me stesso. C’è sempre una gratitudine da dare senza aspettare altrettanto. La vita è un racconto con le finestre aperte. Perché “L’uomo… non è interamente colpevole, non ha dato inizio alla storia; né è del tutto innocente poiché la continua”. In questa continuità non ci si può affidare alla storia. Il fatto che io mi affidi non significa affidare la mia anima alla storia. Non posso. Ma a qualcosa che va oltre. Alla tentazione della fede. Alla misericordia della fede. Al fatto che tutto questo è inspiegabile con la ragione. Il sacro non ha bisogno della filosofia ma del cuore del linguaggio delle parole. Del verbo che diventa carne. Forse è proprio qui il mistero di tutto. Sono pascaliano? Probabilmente sì. Se dovessi scegliere tra le “cose” illuminanti che portano alla filosofia del vero e la “povertà” e la croce di Cristo sceglierei Cristo.

Pierfranco Bruni è nato in Calabria.
Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali, presidente del Centro Studi “Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.
Nel 2024 Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.
Per il Ministero della Cultura è attualmente:

• presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;

• presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;

• segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.
È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse”, presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.

Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con libri su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e la linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.

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