Cosa mai ci sarà dopo l’Occidente? Ida Magli verso il Centenario dalla nascita lascia una eredità importante

Il mio senso eretico si trova nel pensiero forte della filosofa e antropologa. Le conversazioni con lei, in tempi remoti e recenti, mi hanno sottolineato quanto il tempo della cultura sia sempre un tempo spirituale cui necessari sono i processi all’interno delle società...Un labirintico itinerario tra filosofia politica fenomeni antropologici e spiritualità. Ida Magli, studiosa libera un prezioso confronto nel contesto culturale del Novecento e nella attuale cultura della decadenza

Pierfranco Bruni *

Filosofia e antropologia. Possono avere un loro dialogo? Il soggetto che incontra l’oggetto? Sono dimensioni del sapere in un contesto ramificato nel relativismo e sono parti integranti di un pensare oltre l’ovvio. Ma possono dialogare? Ebbene con Ida Magli si. Il discorso però assume una complessità di fondo tra Platone e l’utopia. Un Occidente che chiede ragione alla storia. Ma “La morte dell’Occidente dipende soprattutto dalla patologia mentale dei suoi governanti”.
Cosa mai ci sarà dopo l’Occidente?

Un tema al quale Ida Magli, scomparsa il 21 febbraio 2016 (era nata a Roma nel 1925), si era dedicata negli ultimi anni. Ma la sua preziosa presenza, nel contesto culturale del Novecento, è stata quella di legare il concetto di cultura e di politica a quello dei fenomeni antropologici. Non solo nell’epoca della post modernità, ma soprattutto dalle civiltà del Mito a quelle del Sacro.
“Il mulino di Ofelia. Uomini e dei” del 2007 resta un testo solcante, ma anche una summa di un percorso in cui gli uomini, passati attraverso l’onnipotenza dei miti, si scoprono deliranti dei nella simbologia che ha bisogno della rivelante attesa. Il cristianesimo è la voce di un vocabolario non solo esistenziale, ma anche profondamente religioso.
Ci aveva sempre avvertito, e le mie conversazioni con lei, che ci riportavano a discutere sempre di Maria Zambrano, in tempi remoti e recenti, mi avevano sottolineato che il tempo della cultura è sempre un tempo spirituale che ha bisogno di processi all’interno delle società. Civiltà e cultura hanno bisogno non solo dei sistemi strutturali di uno Stato Nazione, bensì della coscienza dei popoli che attraversano le civiltà.
Ida Magli antropologa e filosofa.
Un tema antico che ha sempre accompagnato Ida lungo il viaggio tra uomini e dei, appunto, in un processo che non solo è di identità, ma di tentativo di salvezza. Nella sua religiosità ha ridato il senso al viaggio profetico.

Mi è stata accanto quando ho deciso di dedicarmi a Santa Teresa d’Avila perché i miei studi scavano proprio nel suo saggio dedicato all’altra Teresa, ovvero “Santa Teresa di Lisieux – Una romantica ragazza dell’Ottocento”, testo che risale al 1994, e poi in quella straordinaria icona sulla Madonna che è del 1987.
Un rapporto che riporta a tempi antichi sui quali occorre costantemente riflettere per ridare un orizzonte allo scavo della critica della crisi. Si pensi alla ripubblicazione del “Gesù di Nazaret” del 1982. Penso alla nuova edizione, 2004, in cui il tema della spiritualità e della cultura affronta questioni teologiche, ma anche puramente sacrali. Spiritualità e cultura. Testimonianza e politica che si incamminano lungo il segno della salvezza: Ida Magli e Maria Zambrano un labirintico itinerario.
Il mio senso eretico si trova anche in questo pensiero forte di Ida: “Il cristianesimo, costituendosi con tutte le strutture del sacro, fin dal primo momento della morte di Gesù, non ha in nessun modo messo in atto quello che lui aveva proposto”. Temi che sono delle costanti nella società e con i quali le generazioni si confrontano tra eresia e antropologia. Ma il confronto non può che innescarsi su significati profondi che la vita pone quotidianamente.
Il tema della cultura nell’uomo deve essere sempre più centrale. In virtù di ciò Ida Magli ha costruito un nuovo modo di fare antropologia partendo dagli uomini della penitenza, ovvero da quel Medioevo che è dentro la civiltà della storia, perché la storia senza civiltà non ha appartenenza. Mi riferisco a “Gli Uomini della Penitenza – Lineamenti antropologici del medioevo italiano” del 1967. Un libro che mi ha formato, in tempi non vicini e che mi ha “intrappolato” positivamente nel leggere anche la letteratura attraverso i parametri di una antropologia che ha posto sempre al centro l’umanesimo dei popoli e con essi lo scavo dell’umanesimo delle civiltà.
Nei miei anni dell’università vi è, invece, un altro testo che è entrato nei miei studi e mi ha accompagnato sino ad ora. Risale al 1978 “Matriarcato e potere alle donne”. Non è possibile intrecciare archeologia e simbologia senza passare dal neolitico del matriarcato intessuto da Ida. E da qui al motivo della cultura e etnologia del “selvaggio”, tanto caro alla mitologia applicata da Pavese in letteratura sino al concetto di una Italia da salvare da una Europa scristianizzata: “L’Europa in cui siamo costretti a vivere è un’Europa profondamente comunista, livellata verso il basso, che impedisce lo sviluppo delle singole nazioni” (Ida Magli).
Insomma una vera maestra. O meglio per usare un temine neutro, nel senso vero della semantica, un maestro del sapere senza il collante dell’ideologia o del giustizialismo ideologico. È stata molto cara, nella mia formazione. Le etnie non sono solo lingua ma anche antropologia delle lingue: mi ha sottolineato in uno dei nostri ultimi incontri. Mi ha dato tanto.

Il suo pensare su Gesù e su Santa Teresa di Lisieux restano, come in Maria Zambrano, dalla quale è stata attenta lettrice, punti centrali di una cultura che per essere confronto deve essere umanizzante.
Una riflessione post Zambrano: “Il Sacro è nato prima delle religioni perché è nato insieme al Potere, tutt’uno con il Potere, ed è per questo motivo che si manifesta con obblighi tabuistici validi di per sé, in assoluto, al di là e al di fuori dalle normative del diritto. Il diritto ne discende, vi trova la propria forza d’imposizione”.
Un insegnamento che resta e che apre prospettive tra l’essere e il pensare. Senza il pensare l’antropologia avrebbe soltanto un fine pragmatico. E ciò non è possibile. Ida Magli, studiosa libera, è un riferimento in una cultura della decadenza.

Pierfranco Bruni è nato in Calabria.
Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali, presidente del Centro Studi “Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.
Nel 2024 Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.
Per il Ministero della Cultura è attualmente:

• presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;

• presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;

• segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.
È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse”, presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.

Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con libri su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e la linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.

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