Tutto ha la sua ora. Perché tutto è destino nel Berto religioso che cerca la Gloria

Il religioso in Giuseppe Berto è cammino portante. Entrambi sono opere di Dio. C'è un eterno che si vive tacendo. Un eterno interrogante. Un eterno rivelante. Quale è il legame tra il Veneziano e il Giuda? La forma dell'amore. Perché la Gloria è il disegno della fine dei Tempi..Il concerto ultimo nel tragico dell'uomo che definisce un destino...Ovvero il mistero di tutto...

Pierfranco Bruni

L’antico concerto che racconta la storia di un amore e di un uomo nel tragico della morte che suona sulla Laguna il senso del tempo. Riletto il libro più volte dagli anni Settanta e rivisto il film chissà quante volte. È certamente incavato nella mia vita non come un abisso ma come un vento d’altura che spiega le vele verso un orizzonte che non si saprò mai dove potrà approdare con il suo canto e il suo silenzio.
Di Giuseppe Berto è il romanzo che mi appartiene più di ogni altro insieme a “La Gloria”.

Giuseppe Berto

Ovvero “Anonimo veneziano”. Gli altri stanno come incipit o come attraversamento. Il tragico non è angoscia. Neppure disperazione. È un filo teso tra l’agonia e il dolore. La morte di un uomo che si trascina dietro una città manniana ma anche il calvario che pone come assi il tradimento e il perdono.
Cosa è alla fine tutto quel girovagare intorno alla morte? Cosa è se non la fine che viene accompagnata dall’attesa? Ma questa chiosa è un richiamo fondamentalmente religioso. Il religioso in Berto è cammino portante.
Leggo in “Oh Serafina” una cesellatura come: “… uno non si smarriva d’animo, anzi arrivava a percepire una certa positività del peccato, tanto evidente che alla fin fine, come la morte era necessario presupposto di qualsiasi resurrezione, così il peccato era una specie di indispensabile piattaforma per chi volesse ascendere alla redenzione o spiritualizzazione ultima …”.
Un rimando al Giuda o al suicidio di cui si parla nell’Anonimo con la citazione di Ottieri che dice: “Il suicidio come intervento dell’uomo in uno dei due fatti che gli sfuggono, la vita e la morte”. Infatti la vita e la morte.
Ma questi sono nella conoscenza del tragico. Lo è nel Veneziano o lo è nel monologo di Giuda. Entrambi sono opere di Dio. Passano nella esplicita commozione della lettura dell’Ecclesiaste.
Appunto: “Ha la sua ora tutto/E il suo tempo ogni cosa sotto il cielo”. Aprire questo libretto significa scavare dentro il nostro vivere in una contemplante misura del proprio tempo. Un testamento in cui la vita degli uomini diventa la vita degli individui. Un emblematico disegno in cui si incontrano la volontà, la coscienza, la ragione e il destino.
C’è un eterno che si vive tacendo. Un eterno interrogante. Un eterno rivelante. Qual è il legame tra il Veneziano e il Giuda? La forma dell’amore. Perché la Gloria è il disegno della fine dei Tempi.
Ovvero il mistero di tutto. E il concerto ultimo cosa è nel tragico dell’uomo? Il tragico che è in noi è il tragico che definisce un destino. “Non mi leggi in viso i segni del destino? La gloria, ad esempio. O anche la morte. Tanto, l’una vale l’altra, almeno per chi crepa”. Dirà Enrico a Valeria. Qui è la vita. Qui è la morte. Tutto ha la sua ora, dunque. Perché tutto è destino nel Berto religioso che cerca la Gloria.

Pierfranco Bruni è nato in Calabria.
Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali, presidente del Centro Studi “Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.
Nel 2024 Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.
Per il Ministero della Cultura è attualmente:

• presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;

• presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;

• segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.
È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse”, presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.

Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con libri su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e la linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.

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