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Micol Bruni
Cosa è stato realmente Giacomo Casanova nel costume del Settecento? Ha rotto degli schemi precisi rispetto al secolo precedente e disegna già il superamento di un linguaggio che è quello del melodramma. Costume e lingua sono i due princìpi fondanti che innovano il suo Settecento anche rispetto a un’epoca che è quella dell’Illuminismo.
Prima di tutto non fu un rivoluzionario dal punto di vista politico perché la sua formazione è ben definita nei suoi scritti teologici rivolto a un legame consolidato con la filosofia.
Il suo vivere da filosofo, per usare le sue parole, e il morire da cristiano danno un immaginario preciso del suo temperamento che fu libertino ma anche un innamorato della libertà e non del libertinaggio. Non fu vicino a Voltaire. Non accarezzò il concetto di ragione e tanto meno di storia.
Ma il suo tracciato si fece avvolgere dal sentimento tanto che anticipò, in parte, i valori del Romanticismo.
Dirà: “Che cosa è un bacio? non è il desiderio ardente di aspirare una parte dell’essere amato?”. L’essere amato tra l’anima e il corpo. Molta leggenda è stata costruita intorno alla sua vita. Molta fantasia animò le sue stesse memorie.
Cercò di coltivare un culto per l’amicizia ponendo sempre nell’altro un senso di fiducia tanto da fargli scrivere ne “Il duello” questo inciso: “Il vero amico non sa far nulla che ad intera soddisfazione dell’amico, e crede mal fatto tutto ciò che a qualcun altro sembrerebbe meglio fatto in diversa guisa. Il vero amico è ammirabile negli affari, ne’ quali interesse o gloria impedisce l’interamente spiegarsi. Facilissimo è il fargli vedere e capire ciò che non si vuole né mostrargli, né dirgli, ed a cagione di quella riserva non si offende, né s’impiega con meno calore di quello con cui si sarebbe impiegato, se l’amico con lui si fosse affatto spiegato, affidandosi alla di lui discrezione. Il vero amico in somma non può essere contento di sé medesimo che tanto quanto rende soddisfatto colui per il qual opera, non avendo altro interesse in ciò che fa, se non il solo dell’amico per cui s’impegna.
Il falso amico, all’opposto, è sempre mal soddisfatto della maniera con cui è impiegato; abbonda di tacite riflessioni; si forma sempre qualche interesse personale nell’affare che gli viene appoggiato; ed ha sempre qualche segreta mira che non ardirebbe confessare. Quando fa d’uopo penetrare il senso sostanziale della cosa, l’eseguisce ad verbum, e, quando non conviene staccarsi in modo alcuno dalla parola, va ghiribizzando raffinamenti. Egli ha sempre o mal letto, o mal inteso, e con lui nessuno si è mai abbastanza spiegato”.
Un tema che lo ha sempre affascinato anche se le delusioni non sono mancate. Certo, non fu un Conte di Montecristo. Fu qualcosa in più o qualcosa d’altro. Rimase sempre fedele a quelle radici che lo portarono a vivere la nostalgia per la sua città e per un amore conosciuto tra le calle e la laguna.
Amò le donne perché amò profondamente l’amore e l’amore spesso sosteneva è anche, appunto, immaginazione. Ma che considerazioni aveva della donna? È subito detto nel suo “memoriale” in cui si racconta della sua vita: “Spesso ci lamentiamo delle donne che, sebbene siano innamorate e sicure di essere ricambiate, si rifiutano ai nostri desideri; siamo in torto. Se ci amano davvero, devono temere di perderci; in conseguenza, devono fare quanto è in loro potere per mantenere vivo il nostro desiderio di giungere a possederle. Se ci riusciamo, è certo che non le desideriamo più, dato che non si può desiderare ciò che si possiede già. Le donne hanno dunque ragione quando si rifiutano alle nostre offerte. Ma se i desideri dei due sessi sono uguali, perché non succede mai che un uomo si rifiuti a una donna che ama e che lo invita? Non ci può essere che un solo motivo: l’uomo innamorato che sa di essere amato da più importanza al piacere che conta di dare alla persona amata che a quello che la medesima persona può dargli nel godimento. Per questo motivo è impaziente di accontentarla. La donna, preoccupata del suo interesse, da maggiore importanza al piacere che riceverà che a quello che procurerà; questa la ragione per cui cerca di rimandare più che può, perché teme, concedendosi, di perdere ciò che più le sta a cuore: il proprio piacere. E’ un comportamento naturale proprio del sesso femminile, ed è l’unico movente della civetteria che si perdona volentieri alle donne, ma non si saprebbe mai scusare in un uomo. Infatti negli uomini si trova molto raramente”.
La sua Henriette è nel suo cuore e resterà nella sua anima: “Che donna Henriette, che ho tanto amato! Quanto mi ha reso felice così felice!”. Perché in lui “L’amore è un folletto che vuole essere nutrito di risa e di giochi; ogni diverso alimento ne causa la consunzione”.
Accanto al viaggio amoroso insiste la valenza dell’accadere che significa sostanzialmente destino. Così: “Tutto quello che ci succede di veramente importante in questo mondo avviene soltanto perché doveva succedere. Non siamo che atomi pensanti, che vanno dove li spinge il vento”. Tutto ciò che succede accadendo è nel tempo.
Qui, nel tempo, bisogna farsene una ragione perché: “Sventurato il vecchio che non sa farsene una ragione, e che ignora che lo stesso sesso che ha sedotto da giovane lo disprezza non appena mostra di avere ancora delle pretese nonostante l’età lo abbia privato di tutto ciò che gli era necessario per piacere”.
Ha veramente preso consapevolezza di ciò? Ma in lui c’è la grande esperienza dei viandanti perché sa bene che: “Gli avvenimenti più importanti della nostra vita sono indipendenti dalla nostra volontà. Siamo solo atomi pensanti che vanno dove li spinge il vento”.
Credo che sia importante l’affermazione di Lydia Flem quando sottolinea: “Facendo della propria vita una storia, il veneziano compie una metamorfosi, una trasformazione interna. Attraverso questo ritorno a se stesso, questa tardiva consapevolezza delle azioni e delle emozioni, Casanova invecchiando trasforma l’istante in durata, l’estetica in etica e l’azione in saggezza”.
È significativa anche l’affermazione di Piero Chiara nel dire: “Non è uno stile da letterato sedentario e misantropo, è uno stile da esaltatore della vita, che con la sua irrequietezza sembra prevedere l’europeo futuro. Nella letteratura italiana mancava allora non solo un buon romanzo in prosa, ma ancora l’idea di uno stile così veloce e denso di avvenimenti. L’azione si fonde al dialogo, il quale diventa azione interiore”.
Siamo a “Storia della mia vita”. Il romanzo di una esistenza in cui si intrecciano avventure e destino. Non fu mai un Don Giovanni. In Casanova la donna non è solo piacere. È amore. Franco Cuomo ha detto magnificamente: “Casanova ama – perdutamente, irrimediabilmente ama – tutte le donne con cui ha a che fare; Dongiovanni le usa, invece, senza amarle, anzi disprezzandole. Casanova vorrebbe sposarle tutte, tenersele tutte per sempre, se non fossero loro ad abbandonarlo; Dongiovanni deve sfuggirle tutte, dato che nessuna lo abbandonerebbe mai”.
Anche per questo il tempo della fine è soprattutto solitudine, esilio, nostalgia. Tanto da fargli dire: “La capacità di dimenticare nasce da debolezza e invece la capacità di rassegnarsi nasce da una forza che può essere ascritta tra le virtù”. Un libertino non avrebbe mai pensato e scritto ciò.
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Photocover: Giacomo Casanova – Micol Bruni