
Pierfranco Bruni
Il mio Casanova non è un libertino. È un seduttore che si è perso nel tempo e ha ritrovato l’amore nella solitudine e nella memoria non cercando ma vivendo. Si smette di vivere quando non si ha coraggio di affermare le proprie idee.
“Languire dietro una bella insensibile o capricciosa è da idioti. La felicità non dev’essere né troppo comoda né troppo difficile”.

Il 2 aprile prossimo (2025) cade il trecentenario della nascita di Giacomo Casanova. Un rivoluzionario oltre la Rivoluzione Francese e oltre il contesto del secolo dei Lumi. Negli ultimi anni della sua vita le Memorie costituiscono la vera novità di un modello di scrittura e di fare letteratura attraverso alcuni codici che restano fondanti.
Parlare di virtù per Casanova non è decodificare il concetto di virtuoso ma di intelligenza. Intelligenza come saggezza: “L’uomo saggio… non potrà mai essere completamente infelice”.
Ci sono almeno tre codici rappresentativi di un modello di fare letteratura grazie alla confessione, alla riconsiderazione storico-esistenziale e al rapporto tra la non ideologia e il superamento dei processi volteriani e roussuoniani. Casanova ha scritto molti testi anche narrativi in cui si racconta il “duello” tra personaggio e immaginazione.
È certo che le storie della sua vita restano alla base di una visione in cui la biografia incontra la parola narrante. Ciò è un primo stadio di natura prettamente letteraria che cambia sostanzialmente il percorso che si era avuto fino a oltre la metà del Settecento. Un secolo innovativo ma anche terribile. È il tempo delle eresie consumate nella giustizia selvaggia. È il tempo dei processi sommari. È il tempo che la rivoluzione giunge all’epilogo del terrore e del giacobinismo.
Casanova è oltre. La sua rivoluzione è nei costumi. Porta sullo scenario la bellezza. Ciò nasce proprio del suo attivare l’immagine della seduzione. La donna è protagonista in tutto il suo teatro umano. La donna è bellezza. La donna è trasgressione. Non è Casanova a essere il trasgressivo. È la donna. Perché senza la volontà trasgressiva della donna Casanova non avrebbe avuto un ruolo nella cultura della maschera e della passione. Goldoni lo sapeva bene. Come lo saprà bene tutta la letteratura amorosa che va dal Settecento a d’Annunzio.
Il concetto radicante è il piacere. Non c’è donna senza piacere. Casanova è l’interprete di un modello senza ipocrisie. Un altro elemento essenziale è il potere. Casanova è oltre qualsiasi potere. Il suo conflitto con le chiese e con le politiche è testimonianza primaria. Non accetta la borghesia perché è dentro l’aristocrazia.
È personaggio aristocratico a Venezia e in Francia, a Roma e a Napoli. Resta tale anche a Dux. Muore non solo da filosofo. Bensì anche da aristocratico. Fu chiaramente un filosofo e affascinato dalla aristocrazia. Nei suoi scritti su teologia e filosofia si evince tutto ciò. I suoi amori sono passioni. Ma la sua passione trova l’amore in quella donna che diventa l’attesa nella solitudine malinconica della sua stanza di Dux. Henriette è la donna reale metafora che si incarna nella sua voce nei giorni del morte e del morire che precedono la fine.
Un istrione. Un seduttore. Un alchimista. Con alchimista si indica una magia dentro il sistema della cabala, del mistero, della magia. Ma è il fare i conti con se stessi che rende Casanova maturo nell’affrontare la vita nella morte: “All’età di settantadue anni, nel 1797, quando posso dire “vixi” benché viva ancora, mi sarebbe difficile trovarmi uno svago più piacevole… Nel rammentare i piaceri da me provati, li rinnovo, ne godo di nuovo, e rido delle fatiche sopportate che non sento più. Particella dell’universo, parlo all’aria… So di aver vissuto perché ho avuto delle sensazioni”.
Infatti con il sentimento di morte si confronterà: “La morte è un mostro che caccia dal gran teatro uno spettatore attento, prima della fine di una rappresentazione che lo interessa infinitamente”. Casanova muore il 4 giugno 1798. Sceglie la solitudine come esilio. O si fa scegliere dall’esilio. Ma cosa avrebbe ancora rappresentato Venezia nei suoi ultimi anni. Cosa sarebbe stata Henriette? Si è fatto scegliere non potendo più abitare il suo tempo. Comprende che tutto ha un tempo.
Casanova comprende che il tempo cammina dentro. Nel cuore. Fa solchi nell’anima. Ha la consapevolezza che non tutto può essere come è stato. Ci sono scale nelle età. A Dux si rende conto che i gradini sono stati tutti saliti. Bisogna ora riscenderli. È qui che il suo si ferma.
…..

Pierfranco Bruni è nato in Calabria.
Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali, presidente del Centro Studi “Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.
Nel 2024 Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.
Per il Ministero della Cultura è attualmente:
• presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;
• presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;
• segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.
È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse”, presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.
Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con libri su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e la linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.
@Riproduzione riservata