
PIERFRANCO BRUNI
La necessità del nostro tempo è fatto di parole o di cose? Siamo dentro questi fatti. Un tempo cadente? Il nostro? Tutti i tempi sono caduchi perché l’uomo è mortale. Sempre. Gli esseri sono mortali. Il pensiero è anche mortale?
Siamo realmente esseri politici? Ma da dove nasce questo concetto? Oggi possiamo ancora definirci tali? Aristotele cosa avrebbe detto oggi? Occorrerebbe scavare nelle civiltà e nel tempo che viviamo e soprattutto abbiamo vissuto. Il discorso comunque è molto complesso.
Siamo alla fine del pensiero? Una domanda che si pone da epoche e che resta comunque irrisolta. Ci sono stati passaggi di epoche e processi culturali che hanno caratterizzato le diverse società nei passaggi di tempo. Le società mutano e le culture vivono un contesto di trasformazioni pur portandosi dietro eredità e tradizione. Società culture e identità formano la vita degli uomini in un portato storico e identitario chiamato civiltà.
Proprio nelle civiltà il pensiero muore e rinasce. Le idee muoiono o si trasformano. I valori precipatono e si rinnovano. Le ideologie diventano decadenza e si definiscono in altre forme. Perché allora dico che il pensiero muore? Soltanto morendo può restare come memoria nei popoli e negli uomini.
Il pensiero morto crea delle cicatrici che resteranno il “cucito” della storia che offre al Tempo di diventare durata. Morendo il Pensiero si fa patrimonio. Ovvero pater di un viaggio che continua a navigare come un insieme di incipit nel cuore dell’uomo. Anche le civiltà spariscono. Ma tramandano cosa? Non le cose. Ma proprio quel pensiero morto. Soltanto il morire crea Anima. Il Pensiero dunque è Anima.
Ma cosa è il pensiero? È il sentimento che ha la consapevolezza che tutto è macerie tutto è rovina e il senso del tragico e dell’ironia assume una valenza in cui vi è la coscienza del tempo che finisce e che comunque continua ad abitare il tempo. Muore o non muore? Muore ma distruggendosi trasmette coscienza. Non si può essere innovativi se il pensiero non muore.
Al pensiero che muore ci sono valori che si autodefiniscono. Qui è la prevalenza del politico. Ovvero se il pensiero non ha quell’essere pensante non è. Insomma Aristotele è sempre presente. È possibile che possa ancora dominare questa visione? Certo che sì. È da lì che si inizia. Rendere politico il pensiero è rendere l’uomo pensante. Per vivere ciò quel pensiero deve morire.
Solo così si supera lo stesso Platone e si giunge a un tempo in cui tutto diventa secolarizzazione. Dopo il Medioevo si secolarizza ogni civiltà. Il dubbio supera la certezza e la verità è un atto politico ovvero filosofico. Siamo alla fine del pensiero? Soltanto morendo diventa Anima.
Un dato religioso esistenziale e antropologico. Ma l’uomo morendo trasmette eredità. Il punto è proprio qui. L’uomo e il pensiero. Quale è la differenza? Resta una domanda che voglio lasciare senza risposta. Ma c’è sempre un’ombra dentro la quale viviamo ed è quella politica. Anche la politica muore in quelle necessità che ogni tempo morente ci offre. Viviamo costantemente di macerie. Ogni tempo lascia macerie. Ogni tempo ci lascia macerie. Noi siamo rovine non rimosse.
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Pierfranco Bruni è nato in Calabria.
Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali, presidente del Centro Studi “Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.
Nel 2024 Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.
Per il Ministero della Cultura è attualmente:
• presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;
• presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;
• segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.
È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse”, presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.
Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con libri su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e la linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.
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