
“La noia è la peggiore delle sofferenze.” (Charles Baudelaire)
Ci sono film che intrigano, film che emozionano e poi ci sono film come Conclave, che purtroppo si trascinano stancamente fino ai titoli di coda, lasciando lo spettatore con una sensazione di vuoto e rammarico per il tempo sprecato.
Tratto dal romanzo di Robert Harris, Conclave aveva il potenziale per essere un thriller politico-religioso denso di tensione e colpi di scena. Tuttavia, il risultato finale è un’opera incredibilmente lenta, priva di mordente e incapace di sorprendere anche lo spettatore meno smaliziato. La narrazione si sviluppa in maniera prevedibile, senza mai costruire un vero senso di suspense o coinvolgimento emotivo.
La regia di Edward Berger, che in passato ha dimostrato talento nel creare atmosfere intense (Niente di nuovo sul fronte occidentale), qui sembra soffrire di un eccesso di formalismo e rigidità. I lunghi silenzi, i dialoghi fitti di banalità e la fotografia austera non contribuiscono a creare tensione, bensì a sottolineare la staticità della storia. Inoltre, il ritmo narrativo è talmente soporifero che rende difficile restare concentrati sulla vicenda senza distrarsi.
Il cast, composto da attori di grande esperienza, tra cui Ralph Fiennes e John Lithgow, fa il possibile per dare spessore ai personaggi, ma neanche le loro interpretazioni possono risollevare un copione fiacco e privo di guizzi narrativi. La caratterizzazione dei cardinali è schematica e prevedibile, riducendo la vicenda a un semplice gioco di ruoli senza alcun vero sviluppo psicologico. I conflitti interni della Chiesa, che avrebbero potuto essere il cuore pulsante della trama, vengono appena sfiorati e trattati con superficialità.
Un caso emblematico è quello di Sergio Castellitto, che interpreta un cardinale chiave nella vicenda. La sua performance, solitamente intensa e carismatica, qui appare sottotono e priva di incisività. Il suo personaggio, invece di emergere come una figura complessa e ambigua, si riduce a un ruolo stereotipato e poco memorabile. Anche i suoi momenti di maggiore tensione risultano spenti, privi di quel carisma che ci si aspetterebbe da un attore del suo calibro. La sceneggiatura non lo aiuta, offrendogli battute piatte e una presenza scenica poco valorizzata.
Anche dal punto di vista visivo, il film non riesce a trasmettere il senso di claustrofobia e tensione che un’ambientazione come la Cappella Sistina dovrebbe evocare. Le inquadrature ripetitive e la scelta di una fotografia spenta contribuiscono ulteriormente a rendere la visione monotona e priva di dinamismo.
In definitiva, Conclave è un film che spreca le sue premesse e affonda nella noia. Chi si aspetta un thriller avvincente e ricco di colpi di scena resterà profondamente deluso. Un’opera che, più che indurre alla riflessione, rischia di far addormentare lo spettatore prima ancora che venga eletto il nuovo Papa. Un’occasione mancata che si perde tra eccessiva lentezza, prevedibilità e totale assenza di pathos.
