Un filo, una sottile corda che dipanandosi da un gomitolo porta a luoghi diversi, che gravitano a Palermo. Spazi urbani, centrali, affollati,che fanno da sfondo alle opere di 16 artisti italiani e non solo. Filo conduttore è un simbolo-come il filo di Arianna, che nel labirinto permette di trovare la via della libertà,così “Filo Conduttore” si carica idealmente di un messaggio salvifico, che solo l’arte può trasmettere.
“Filo conduttore” è la mostra itinerante che lega con un filo infinito i mille significati e messaggi dell’arte alle persone attraverso connessioni nuove, sorprendenti, che scendono nelle piazze e si fanno quotidiano. La mostra collettiva itinerante e’ un progetto sperimentale nato a marzo e da un’idea di Florinda Cerrito che ha coinvolto16 artisti per sedici luoghi diversi:tra locali, bistrot, case, palazzi, spazi da raggiungere attraverso un percorso che parte dalla strada e volto a coinvolgere più spettatori. Ogni artista con diversi linguaggi, tecniche, personalità, è legato da un filo e si racconta attraverso le proprie storie, la propria ricerca.
Nella XII tappa è stata protagonista ancora una volta l’arte portata in strada, tra la gente (malgrado il pomeriggio afoso di giugno) attraverso le opere della pittrice Cristina Correnti.
Con un filo, forma e materia dell’energia che ci unisce, l’artista ha provocato, coinvolto e incuriosito. “Ce n’est pas la joie de vivre”è l’installazione a tutto campo a cui l’artista affida un messaggio sociale, pensando alle energie che provengono da paesi lontani, Individui di altri paesi. Contaminazioni. E alle speranze che tanti immigrati ripongono nell’affrontare il mare su barconi in cui regna la disperazione e allo stesso tempo la fiducia in un futuro migliore. Ce n’è pas la joie de vivre e’ un grido di denuncia, per smuovere le coscienze e trovare soluzioni nuove.
“E’ un lavoro concepito su un dato inconfutabile: esiste il bisogno di regolamentare il flusso di individui che per ragioni, politiche, sociali, economiche migrano verso l’Europa e non solo” spiega l’artista. “Flussi che provengono da paesi non lontani, molti di questi colonizzati in epoca imperiale perché la storia non si dimentica, bisogna sempre custodirla nella memoria. Sono individui che devono essere integrati, per poter essere liberi e vivere in una nuova realtà sapendo che possono a loro volta sentirsi parte di un tutto, nel rispetto del territorio che li accoglie. Per questo vanno formati, per far si’ che loro stessi siano fondamento per sviluppare altre realtà sociali e renderli sempre più inclusi”.
L’opera “Ce n’est pas la joie de vivre “ è un chiaro riferimento a “La Danza” di Matisse ( 1910 ) realizzata in piena Belle Epoque . L’artista ha stravolto un dettaglio fondamentale il cerchio ( forma perfetta) realizzando i suoi personaggi come una cordata umanitaria, dove, partendo da loro si arriva a noi attraverso il filo. Ha ripreso i colori a tinta piatta perché puri e forti, contrastanti. “La presenza del rame nell’opera e’ stata scelta perché tra i metalli è un metallo conduttore: in questo contesto è utilizzato nella creazione di barche, quindi strutture utilizzate per il trasporto di persone, cose, significanti”. Spiega Cristina Correnti.
I quattro dipinti già esposti per: AAACercasi Capro Espiatorio: a Palazzo San’Elia, hanno come tema gli organi: un riferimento all’orrore della tratta dei minori per il commercio degli organi.
“Purtroppo abbiamo dei dubbi sulla collocazione di tanti uomini, donne, bambini” dice l’artista, “confusi nel magma dell’errore e sulla possibilità che vengano abusati, torturati, e nel peggiore dei casi privati dei loro organi”. “L’arte è il mio modo di denunciare e scuotere dall’indifferenza, mettendoci sempre la faccia”.