Cosenza – Dopo il fortunato inizio del 10 dicembre 2023 a merito del gruppo di ricerca etno-musicale Shpirti Arbëresh di Cerzeto, si è concluso ancora in musica il periodo festivo natalizio della Qisha Arbëreshe di Cosenza, ovvero la Chiesa di rito cattolico bizantino del Santissimo Salvatore, sita in Corso Plebiscito, alle porte del centro storico della città.
Lo scorso 6 gennaio infatti Vuxhë Grash, compagine corale tutta al femminile di Lungro, nota per l’abilità di esplorare le radici della cultura musicale arbëreshe coniugando passato e presente, accompagnati dal raffinato musicista Francesco Pallone, alla chitarra e alle percussioni, ha regalato al nutrito pubblico presente un repertorio di canti che ha spaziato da brani tradizionali e di personalità illustri, quali Giovan Battista Rennis e Giulio Variboba, a composizioni originali.
Valore aggiunto la direzione di Anna Stratigò, artista poliedrica passionaria della comunità italo-albanese di Lungro, da anni baluardo della promozione culturale del suo popolo e già insignita del prestigioso riconoscimento di “Grande maestro” dal Presidente della Repubblica albanese Bujar Nishani. La Stratigò, che vanta decenni di tour internazionali, prima con il gruppo Moti i parë e ultimamente insieme a Vuxhë Grash, ha partecipando a ben due film: “Arberia” di Francesca Olivieri del 2019 e “Negli occhi degli altri” di Claudio Bonafede del 2021.
In apertura una breve introduzione di Papas Pietro Lanza, parroco della chiesa del Santissimo Salvatore e protosincello dell’Eparchia di Lungro in Calabria, che ha sottolineato ancora una volta l’importanza di fare comunità, al fine di tutelare e diffondere la ricchezza del grande patrimonio culturale arbëreshe.
Anna Stratigò e Vuxhë Grash hanno interagito con il pubblico che ha gremito le panche della chiesa, condividendo aneddoti sulla storia della loro musica e sottolineando l’importanza di preservare le radici culturali della regione storica d’Arbëria, a dimostrazione di quanto la musica possa diventare un ponte tra le generazioni, unendo comunità. La serata inoltre è stata arricchita dalla visita alla cripta sotterranea, degna conclusione di un’esperienza autentica e memorabile.
La comunità arbëreshe si distingue da anni per il suo straordinario impegno nel preservare e valorizzare il proprio patrimonio, materiale e immateriale, nel corso dei secoli: la tenacia nel mantenere viva la propria identità culturale, nonostante la migrazione e l’integrazione in un nuovo contesto, meritevole di plauso, è testimoniata dalla conservazione della lingua arbërisht, una variante dell’albanese che ha resistito alle influenze esterne nel corso dei secoli. Questo sforzo non solo riflette un forte attaccamento alle radici linguistiche, ma soprattutto il desiderio di trasmettere la ricchezza della tradizione ai successivi discendenti.
La pratica delle tradizioni culturali, dalla musica alla danza e dalle festività alle celebrazioni religiose, è un altro segno tangibile dell’impegno nel resistere alla disgregazione della memoria nel tempo, vero grande nemico dello storico processo di conservazione identitaria: attraverso canti, balli e riti religiosi, gli Arbëreshë continuano a preservare un patrimonio che si estende al di là delle parole, trasmettendo valori e storie attraverso generazioni.
L’impegno della comunità arbëreshe nel tutelare le proprie radici identitarie è quindi un importante esempio di come la memoria collettiva, la lingua, la musica e le tradizioni possano fungere da pilastri per la coesione sociale e la continuità tradizionale e questo straordinario sforzo non solo giova alla comunità stessa, ma contribuisce ad arricchire il mosaico più ampio in cui si trova, nella speranza che, estendendone la conoscenza, si possa lavorare tutti insieme per invertire la rotta dell’estinzione culturale.