Roma, 23 febbraio 2024 – In questi giorni va in scena lo spettacolo “Solo – Una Vita”, opera in tre atti interpretata dal noto attore Lorenzo Flaherty, che veste i panni di Antonio Trentin, un aspirante maestro ventenne, catapultato sul fronte a causa dello scoppio della Prima guerra mondiale nel 1914. Lo spettacolo, scritto e diretto da Monica Massone, toccherà molte città italiane. L’opera ha una straordinaria attualità perché mostra gli effetti della guerra sull’animo umano, sulla psiche, sul modo di pensare e di agire sia durante i conflitti sia dopo. Il giovane maestro Antonio è anche un personaggio moderno, che a inizio Novecento ha sfidato le consuetudini e con caparbietà ha scelto di inseguire le proprie aspirazioni con semplicità. Alcune delle peculiarità di Antonio sono state svelate in un’intervista esclusiva dall’attore Lorenzo Flaherty, che nella sua carriera ha intrepretato, tra gli altri, il ruolo del capitano Riccardo Venturi nella serie televisiva “RIS – Delitti imperfetti” e l’ispettore Walter Manrico in “Distretto di Polizia”.
Flaherty, nato a Roma nel 1967 da padre irlandese e madre italiana, ha recitato più volte a teatro in opere come “Macbeth”. Tra gli ultimi lavori figura il docufilm “Stato di grazia”, dedicato ad Ambrogio Crespi, un imprenditore finito in carcere per un errore giudiziario.
Il protagonista, Antonio Trentin, è costretto ad andare al fronte a causa dello scoppio della guerra. Come affronta questo evento imprevisto e stravolgente?
E’ il 1913 e Antonio ha un grande sogno, dovuto alla sua passione per le lettere: diventare un maestro. Inizia a crearsi una stabilità lavorativa e a fare qualcosa che gli piace. Quando riesco nell’obiettivo, però, scoppia la guerra e lo destabilizza un po’. Antonio andava fiero del suo lavoro perché il padre era un ciabattino. Quando scoppia la guerra e viene chiamato, spera di fare un lavoro d’ufficio, invece viene spedito in prima linea, dove ha a che fare con una realtà diversa e dove deve salvaguardare la sua vita in un’avventura sanguinosa. Uccidere lo sciocca, ma il suo senso del dovere lo porta a fare questo. Inizia un nuovo periodo – una nuova fase –, diverso da come immaginava la sua vita. I suoi sogni si infrangono sul fronte, perché vive un’avventura violenta che lo sconvolge e lo porta a fare una riflessione su sé stesso e sulla guerra.
“Solo – una vita” può essere definita un’opera realista. Qual è l’aspetto che la rende attuale alla luce dei conflitti recenti?
L’opera è attuale e mette in luce la bruttezza delle guerre che sono tutte legate. La guerra provoca un danno, ma il personaggio, spinto dal senso del dovere, non fa un passo indietro. Il conflitto lo estranea dalla bellezza della vita e lo porta a fare una riflessione sui caduti: potrò rientrare nella vita? Come reagirò? Un po’ come “Full Metal Jacket” di Stanley Kubrick, in cui si rappresentano psicologie che subiscono una sorta di straniamento.
Perché Antonio Trentin è solo? Quali sono le sfaccettature della solitudine?
Antonio si ritiene un po’ incompreso, sia con il padre – che esercitava la professione di ciabattino – sia con gli amici. All’epoca si tramandava il lavoro di padre in figlio, ma lui spezza la continuità. Promette di aiutare il padre se gli fosse stata data la possibilità di studiare per diventare maestro, che all’epoca aveva un significato importante. Il personaggio è solo perché è sempre in contrasto con chi gli è vicino.
Quali sono i messaggi che vuole dare l’opera? Cosa pensa di suscitare nel pubblico?
La bellezza di questo personaggio è credere in quello che si vuole fare e raggiungere il proprio obiettivo in semplicità. Il messaggio è: costruirsi la propria vita con semplicità e su ciò in cui si crede.
Nei tre atti è l’unico personaggio fisicamente sulla scena. E’ stato complesso?
E’ stato impegnativo. Antonio Trentin ha più aspetti. Sono personaggi con cui convive sulla scena – anche se non sono sul palco – e vi comunica – lasciando allo spettatore il ruolo di immaginare gli altri soggetti.