Da una settimana si trova in libreria il volume Eric Voegelin. Politica, Storia e Filosofia, D’Ettoris editori, Crotone 2018. Il testo ha da subito destato interesse, tanto da valerne la recensione sul quotidiano Il Giornale di domenica 6 Maggio, da parte di Nicola Porro. Altre recensioni sono in arrivo sempre su testate nazionali. Il Saggio introduttivo è stato scritto da un giovane studioso della provincia di Messina, Daniele Fazio, dottore di ricerca in Metodologie della Filosofia. Per capire, allora, qualcosa in più di questo testo gli abbiamo posto alcune domande.
Innanzitutto il lettore cosa può trovare in questo libro?
Nel testo, per la prima volta in lingua italiana, vengono raccolti tre saggi del filosofo e politologo tedesco-americano Eric Voegelin, ovviamente preceduti dalla premessa del curatore, Oscar Sanguinetti, e da un mio Saggio introduttivo dal titolo Eric Voegelin, un maître à penser del Novecento, che tenta di offrire una sintesi circa il pensiero dell’Autore, in modo da inquadrare i tre saggi – diversi per argomento – in un quadro teorico coerente.
Ma allora chi è Eric Voegelin?
Voegelin è uno dei più importanti filosofi della politica del Novecento e il massimo conoscitore dei movimenti rivoluzionari dell’età moderna. È morto nel 1985, ma ancora a distanza di più di trent’anni abbiamo tanto da scoprire circa il suo pensiero. Molta parte delle sue opere, infatti, è stata pubblicata postuma ed in lingua inglese. Durante la sua vita si dedicò notevolmente all’attività di conferenziere in giro per il mondo, e quindi ci lascia un’eredità scientifica alquanto monumentale, basti pensare ai volumi di Order and History e alla sua History of Political ideas. È interessante, però, comprendere, la più che probabile origine del suo pensiero. Come molti pensatori del suo tempo e della sua area geografica, abitando in Austria, dopo l’annessione da parte della Germania nazista della sua nazione “adottiva” fu costretto ad abbandonarla nell’aprile del 1938 – in quanto non allineato al regime – emigrando negli Stati Uniti.
Un’esperienza esistenziale segnata dunque dalla persecuzione politica …
Certamente, ma Voegelin va più in profondità. Si chiede come mai quella cultura europea in cui lui stesso si era formato – fu allievo di Max Weber e di Hans Kelsen – non fosse in grado di condannare radicalmente il nazionalsocialismo e non avesse saputo opporre un’alternativa credibile. Da qui l’individuazione del problema della cultura europea: un fiume carsico che la percorre da lunga data, che egli chiamò “gnosticismo speculativo”.
Cosa intendeva con un tale termine?
Parlando nel mondo più semplice possibile lo gnosticismo speculativo è l’idea, sempre più dominante a partire dall’età moderna, secondo cui l’uomo basta a se stesso e insoddisfatto del mondo in cui vive, dell’ordine creato, cerca in tutti i modi – autoponendosi quindi come una divinità – di risolvere i suoi problemi da solo, mirando ad una ri-creazione del mondo, secondo ricette e percorsi pensati a tavolino. Il termine gnosticismo, dunque, nel pensiero di Voegelin è una categoria storico-interpretativa, che ci permette di dare un nome alla lunga crisi – ancor prima che politica – antropologica che l’uomo occidentale vive da secoli. Il totalitarismo del Novecento è – possiamo dire – l’apice di questo percorso e, di conseguenza, la contrapposizione tra le varie ideologie – fascismo, nazionalsocialismo, marxismo, positivismo, etc. – è solo strumentale, in quanto sono tutte accomunate dal desiderio di giungere ad un “uomo nuovo” e ad un “mondo nuovo”. Cioè tutte puntano alla creazione di un mondo utopico, immanente e perfetto, che però anziché realizzare l’agognato paradiso terrestre, la storia ci insegna ha solo prodotto morte e distruzione.
Lo gnosticismo, quindi, si esaurisce con il Novecento?
Lo gnosticismo, apparso come eresia religiosa nei primi secoli del cristianesimo, e rimodulato come speculativo nell’età moderna, è la tentazione sempre presente nell’uomo di fare da sé e quindi di chiudersi a qualsiasi prospettiva metafisica e morale realista. L’uomo così va alla ricerca di esperienze che solo apparentemente possono migliorarlo. Quest’anno, ad esempio, si compiono cinquant’anni dalla Rivoluzione culturale del ’68. Ebbene, Voegelin, proprio in quel movimento, certamente variegato, che sanciva, in qualche modo, il congedo dalle ideologie dell’Ottocento e del Novecento ancora una volta vedeva il tentativo di alterare l’uomo nella sua realtà, ad esempio, attraverso la propaganda e la diffusione massaccia delle droghe. Se, infatti, il primo gnosticismo poteva solo vagheggiare la ri-creazione dell’uomo, oggi grazie all’enorme potenzialità della tecnoscienza siamo veramente in grado di creare l’uomo in laboratorio, quindi ad immagine e somiglianza di chi ha può potere e vuole dominare i destini dell’umanità: droga, ingegneria genetica, vagheggiamenti sul dominio della rete virtuale, tecnocrazia sono le nuove forme con cui lo gnosticismo oggi si fa avanti.
A quanto pare questo è il filo rosso che attraversa il pensiero di Voegelin e quindi anche i saggi che vengono editati nel volume?
Credo proprio di sì. Nel testo si trova innanzitutto un saggio sul liberalismo, poi una riflessione sul pensiero politico di Machiavelli e infine un saggio sulle nozioni di tempo e memoria in Sant’Agostino. Soprattutto i primi due rispondono proprio alla logica diagnostica di Voegelin. Il liberalismo viene inquadrato nel lungo percorso rivoluzionario della cultura europea e, al di là delle apparenze, rappresenta anch’esso il tentativo ontologico ed antropologico di ribaltare l’ordine naturale e storico, sia pur con mezzi diversi e meno cruenti. Meditando su Macchiavelli, invece, Voegelin ci conduce alla scaturigine del percorso che segna in politica l’esclusione di una prospettiva morale trascendente, ovvero di una dimensione alta dell’agire dell’uomo a cui l’assetto degli stati deve far riferimento. Il filosofo spiega i motivi storici e concettuali di questa separazione, producendo un’attenta analisi delle teorie politiche del pensatore italiano, iniziatore di un lungo percorso che giunge fino alla “divinizzazione” dello Stato. Infine, il saggio su Sant’Agostino, che Voegelin – assieme a Platone, Aristotele, San Tommaso d’Aquino – ritiene tra i suoi maggiori punti di riferimento, credo, possa essere inquadrato nell’offerta di un’alternativa al quadro gnostico moderno e contemporaneo …
Quindi è possibile superare lo gnosticismo, e quindi la crisi del nostro tempo?
Certamente, per Voegelin, tutto questo è possibile. Ogni uomo infatti, secondo il pensatore tedesco-americano, pur vivendo in una determinata epoca non è ipso facto costretto a partecipare della crisi che la domina. Per fare questo, occorre che si recuperi la grande tradizione metafisica ed antropologica, e quindi anche politica occidentale. Alla sua origine vi è la scoperta di una grande risorsa: l’anima. Cioè quell’elemento che permette all’uomo un’apertura alla trascendenza e che lo dispone recettivo rispetto all’influenza del divino. L’ordine dell’anima va di pari passo ed ha il primato sull’ordine della politica, perché tramite l’anima, il soggetto umano può aprirsi alla realtà, fuggendo i vagheggiamenti ideologici di ieri e di oggi. Non c’è ordine politico senza ordine interiore. In termini concreti, ciò si attua attraverso la conoscenza e l’applicazione della legge morale naturale, su cui molto tra l’altro riflette un pensatore di origine ebraiche, Leo Strauss, amico dello stesso Voegelin. L’appello ad attingere ai grandi pensatori antichi e medievali, sopra citati, non vuol dire, pertanto, stabilire un ritorno a forme politiche del passato, ma è un appello al ritorno alla consapevolezza dei principi che come un tempo hanno fatto grande la nostra civiltà, anche oggi mantengono tutta la vitalità per segnare una svolta e quindi una ripresa etica e politica.