Sarà presentato a Roma, venerdì 25 gennaio, nella Sala Rossa dell'Istituto Sturzo, via delle Cappelle, 35, l'ultimo libro edito da Rubettino, della professoressa Marianna Gensabella, intitolato "Il corpo della madre. Per una bioetica della maternità",
Marianna Gensabella è professoressa ordinaria di Filosofia morale presso il Dipartimento di Civiltà antiche e moderne dell’Università degli Studi di Messina fa parte dal 2007 del Comitato Nazionale per la Bioetica. I suoi studi vertono su temi di filosofia morale contemporanea e in particolare su questioni emergenti di bioetica. In un’intervista pubblicata da Noi Donne in cui parla del nuovo libro spiega perché l’ha scritto.
“È un tema difficile e trattarlo significa correre molti rischi, tra cui, inevitabile, quello di lasciare molte domande aperte. Ma a volte accade che un tema si imponga a chi fa ricerca, insomma che non si possa scrivere di altro. Ed è stato così per me questa volta: le motivazioni erano diverse, alcune occasionali, direi di contesto, altre personali, più profonde. Tra le prime il dibattito sulla maternità surrogata, intenso nel nostro paese durante il periodo in cui si discuteva il disegno di legge Cirinnà e la stepchild adoption, ma anche la partecipazione all’elaborazione di un parere del Comitato Nazionale per la Bioetica sui problemi etici sollevati da un caso di scambio di embrioni durante due fecondazioni in vitro. Chi nella controversia che si era creata era da riconoscere come madre? La donna che portava in grembo embrioni geneticamente non suoi, ma accolti come tali, o colei che aveva dato gli ovuli e che con gli embrioni aveva dunque un legame genetico?
Vi erano poi motivazioni profonde, il desiderio di ripensare non solo ciò che si è studiato, ma ciò che si è vissuto, le esperienzeche hanno segnato di più la propria vita. E tra queste c’è stata per me la maternità. In ultimo c’era il desiderio, che avanza con l’età, di rivivere e raccontare quelle esperienze, a me stessa e ad altri, di farlo da donna, attraverso le voci di altre donne: pensatrici della differenza, come Luce Irigaray, Luisa Muraro, femministe che si erano cimentate col tema della maternità, come Adrienne Rich, Sarah Ruddick, Virginia Held, psicoanaliste come Silvia Vegetti Finzi; donne che avevo incontrato e con cui avevo intessuto dialoghi intensi su questi temi, come le colleghe del Comitato Nazionale per la Bioetica”.
Grazie alla scienza e alla tecnica, il desiderio di trasmettere la vita trova oggi nuove vie per realizzarsi anche là dove prima doveva arrestarsi: vie che percorre rompendo ogni schema, andando oltre il paradigma genitoriale tradizionale, la relazione madre-figlio, la stessa differenza sessuale. Tutto, o quasi, si svolge sui corpi delle donne, oggetti di manipolazione, stimolazione, estrazione, fino a spezzare in due o più parti la maternità. Il testo propone di tornare a quei corpi, restituendo loro la parola sul sentire/ pensare differente che li abita, in particolare quando divengono corpi di madri. Da quei corpi vissuti che dicono un "di più" di relazione e un "di più" di responsabilità, derivano i principi di un'etica della maternità, declinata come etica del riconoscimento e dell'ospitalità. Da qui l'ipotesi di una bioetica della maternità che aiuti a rileggere le questioni di inizio vita – dalla diagnosi pre-impianto al diritto a conoscere le proprie origini, dall'adozione degli embrioni sovrannumerari alla maternità surrogata – indicando la misura del desiderio nella cura di chi si chiama alla vita.