TORINO – All’interno della mostra sull’emigrazione italiana in Germania dal titolo “L’Italia negli occhi” (curata da Rocco Artale, presidente dell’associazione degli abruzzesi di Wolfsburg e da Aldo Corgiat, presidente della Fondazione Ecm) è stata presentata, davanti a un folto pubblico, l’ultima opera di Santo Gioffrè dal titolo “L’opera degli ulivi” (Castelvecchi editore). Si tratta di un interessante romanzo storico la cui narrazione inizia con i fermenti politici studenteschi che animavano le università negli anni Settanta e con le relative manifestazioni. Ma "L'opera degli ulivi" non si limita a narrare i grandi avvenimenti di quegli anni. Il protagonista, Enzo Capoferro, è il ragazzo ideologicamente più preparato di un gruppo extraparlamentare, ma per questo giovane studente di medicina e militante di sinistra l’amicizia e l’amore sono riferimenti essenziali.
L’amore si manifesterà nella sua vita attraverso il legame con Giulia, che gli è compagna silenziosa e attenta e nel rapporto con un padre il cui destino lo porterà molto lontano dalle lotte studentesche e da Messina riconducendolo nella natìa Calabria. Qui riemergerà un mondo completamente diverso da quello moderno e pieno di fermenti dell’Università ed Enzo dovrà confrontarsi con realtà ancestrali alle quali non potrà sottrarsi. L’impegno politico e la relativa ideologia si troveranno a fare i conti con situazioni ove un codice d’onore basato su pregiudizi atavici costringeranno il protagonista a non facili decisioni direttamente in rapporto col suo essere parte di una famiglia e all’interno di una cultura che vede nella vendetta, anche di sangue, il proprio principio fondante.
Il protagonista dovrà quindi affrontare una difficile scelta, che è poi la scelta con cui tutti, prima o poi, devono confrontarsi: restare ligio a un “destino” al quale la nascita lo ha consegnato o cambiare se stesso e ciò che lo circonda. “L’opera degli ulivi” diventa così immagine dell’inevitabile, duro, spiazzante scontro che si manifesta nel momento in cui gli ideali (talvolta ingenui, ma sempre generosi) della gioventù si trovano davanti situazioni che, magari, non si erano nemmeno immaginate ma che, nella loro crudezza, ridefiniscono impegni, speranze, illusioni ovvero, in ultima analisi, il nostro stesso essere uomini.
Questa bella opera di Gioffrè viene a coronare – per il momento – un costante lavoro di ricerca e valorizzazione del patrimonio storico e culturale della propria terra. Qui siamo nella contemporaneità, ma vale la pena ricordare che il romanzo storico è l’ambito privilegiato in cui le creazioni letterarie dell’autore si muovono. Se “L’opera degli ulivi” narra il ‘900 con le sue ideologie, le sue utopie, le sue illusioni e disillusioni, è bene sottolineare che già con “La terra rossa” la Calabria a cavallo tra ‘800 e ‘900 era la vera protagonista del romanzo mentre “Artemisia Sanchez” (da cui è stata tratta una riduzione televisiva) ricostruisce la Seminara di fine ‘700 e “Leonzio Pilato” riannoda i fili della vita del grande monaco reggino del XIV secolo traduttore di Omero e amico di Petrarca. Siamo insomma con questo romanzo, per tacere delle altre opere di Gioffrè, davanti al tentativo, riuscito, di ricostruire un’epoca, in questo caso cronologicamente vicina, e un ambiente che è sempre presente nella mente e nel cuore dell’autore: la Calabria.