L’Aquila, Giustino Pacifico nel ricordo di Goffredo Palmerini

Già direttore del Patronato Acli, fu assessore al Comune dell’Aquila e presidente della X Circoscrizione

L’AQUILAGiustino Pacifico è deceduto il 7 luglio all’ospedale di Teramo, dove da qualche giorno era ricoverato. Era nato nel 1934 a Paganica, dove è sempre vissuto salvo un breve periodo passato a Lecce, dove andò a dirigere il patronato Acli di quella città. Giustino ha dedicato la sua vita agli altri, non solo nel lavoro che l’ha visto dirigere per decenni il Patronato Acli dell’Aquila. Il suo un servizio sociale, continuato anche dopo il pensionamento, verso tutti i concittadini che in lui avevano un punto di riferimento sicuro e affidabile.

 

Sempre aperto e disponibile, Giustino si prendeva direttamente cura di seguire pratiche amministrative e burocratiche di persone anziane e di chiunque ne avesse bisogno. Lo ha fatto con regolarità e continuità fino a quando le condizioni glielo hanno permesso. Negli ultimi mesi i problemi di salute lo hanno costretto a diversi ricoveri in ospedale, senza tuttavia minare la sua bonomia e il sorriso verso tutti, talvolta trapuntati dall’ironia e dagli spunti caratteriali tipici della sua personalità.

 

Forte di riferimenti spirituali nella dottrina sociale della Chiesa e nei princìpi sanciti dal Concilio Vaticano II, Giustino Pacifico ha vissuto l’impegno sociale e cristiano con un ricco bagaglio di valori interiori e con un’autentica attenzione verso il prossimo. Un impegno sociale portato avanti anche in campo politico, come amministratore comunale competente e attento. Fu infatti eletto nel 1975 al Consiglio comunale dell’Aquila con un forte consenso popolare, nella lista della Democrazia Cristiana, e con Ubaldo Lopardi sindaco fu per tre anni Assessore alle Politiche sociali fino al 1978, uscendo dall’amministrazione quando venne costituita la prima Giunta di sinistra. All’inizio degli anni Duemila fu eletto Presidente della X Circoscrizione e per l’intero mandato seguì con assiduità ed impegno le problematiche del territorio di Paganica e delle sue cinque frazioni.

 

Sempre presente ed operoso in ogni iniziativa di carattere culturale e sociale, Giustino ha dato un esempio duraturo d’impegno al servizio della nostra comunità. L’Aquila, e Paganica suo amato paese natale, della bella testimonianza di amministratore e uomo impegnato nel sociale, che egli ha dato per lunghi anni, ne avranno per sempre grata memoria. Anche chi scrive, con affetto e ammirazione, ha l’orgoglio di aver con lui condiviso un intero quinquennio a Palazzo Margherita e di averlo apprezzato come amministratore civico assiduo e competente, come pure per il profondo ancoraggio che egli aveva nei valori e negli ideali del Cattolicesimo democratico.

 

Giova ora aggiungere qualche altra considerazione che non sia solo per un ricordo, quanto invece un tributo di riconoscenza nei confronti di Giustino Pacifico, per la testimonianza di vita che egli ha reso in seno alla comunità aquilana, in generale, e a quella paganichese in particolare. Questi pensieri sono affrancati dai sentimenti personali e privati, di amicizia e di vincoli di parentela, perché la mamma di Giustino, Lucia – insieme ai fratelli Temistocle, Aristide, Licia e Teodolinda -, era una Palmerini, figlia di mastro Adamo Palmerini, fratello di mio nonno mastro Peppe. Giustino si era alimentato giovanissimo alle fonti del cattolicesimo democratico e sociale, agli inizi degli anni Cinquanta. Nelle Acli, il movimento dei lavoratori cristiani che nel 1944 era stato fondato da Achille Grandi insieme a Giulio Pastore e all’aquilana Maria Agamben Federici, Madre costituente, ed ad altri, Giustino Pacifico mosse i primi passi del suo impegno sociale.

 

Ebbe poi fondamentali riferimenti nel “personalismo” cristiano in politica, pensiero filosofico elaborato da Emmanuel Mounier che in quegli anni aveva epigoni nel mondo politico italiano in Giuseppe Dossetti, Giorgio La Pira, Giuseppe Lazzati e Amintore Fanfani, i cosiddetti “professorini”, davvero dei giganti del pensiero cattolico democratico. E poi altri maestri in seno alle Acli come Livio Labor, Emilio Gabaglio, Domenico Rosati, solo per citare i più significativi. E ancora riferimenti profondi ebbe nella Dottrina sociale della Chiesa, dall’enciclica Rerum novarum di Leone XIII alle successive Populorum progressio di Paolo VI e Sollecitudo rei socialis di Giovanni Paolo II. Ma più di tutto influirono su di lui il Concilio Vaticano II e il magistero pontificio giovanneo e paolino.

 

Dunque Giustino Pacifico sapeva bene davvero da dove veniva. E soprattutto dove doveva andare. Questa osservazione, che potrebbe apparire pedante con tante citazioni di personalità del mondo cattolico, non è per nulla casuale. In una società dove tutto è “liquido”, come osservava il filosofo e sociologo Zygmunt Baumann, dove sono venute a mancare le radici del pensiero che dovrebbero orientare l’uomo del nostro tempo, la testimonianza di persone come Giustino Pacifico, che hanno dedicato la loro vita al Bene comune e agli altri, specialmente i più bisognosi, è l’unica speranza che resta per un domani diverso e migliore. D'altronde oggi più che mai vale quanto nel 1974 disse Paolo VI: “Il mondo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri”. E questo è il merito di Giustino, dando testimonianza con le sue opere, con la discrezione, la semplicità e l’umiltà del suo tratto, essendo ogni giorno il “buon Samaritano” verso la comunità della quale sempre è stato al servizio. In questa circostanza dolorosa per la sua scomparsa abbiamo avuto difficoltà a trovare una sua foto, persino in famiglia. E’ una dimostrazione icastica della sua riservatezza, di come Giustino fosse schivo verso ogni apparenza. Oggi che l’apparenza, sfrenata ossessiva e invereconda, sostituisce in ogni ambito l’essenza, Giustino Pacifico lascia un esempio di elevata dignità di “come essere” nel difficile tempo che viviamo.

 

La sua testimonianza autentica di cristiano, di uomo impegnato nel sociale, di uomo delle Istituzioni, sono un modello per tutti, per questa nostra comunità, per le nuove generazioni che possono nutrirsi appunto solo di buoni esempi più che di parole. E’ stato un uomo legato alle tradizioni, quelle vere ed autentiche. Poteva apparire talvolta un “conservatore” sotto questo punto di vista, ma sarebbe solo un abbaglio nel giudizio, perché chi ha avuto il privilegio di conoscerlo fino in fondo scopriva invece la sua lucidità nel saper traguardare oltre, di saper immaginare i contorni di una società più evoluta. Egli operava sempre scelte in linea con la sua visione di futuro.

 

Questo è il pregio di chi affonda le proprie radici nella sapienza di un pensiero politico, sociale e culturale maturo e consapevole, a differenza della futilità estetica, della miseria intellettuale e della pochezza politica del tempo attuale, dove tutto è limitato all’effimero e al presente, alla ricerca del consenso immediato. Proprio il contrario di quanto affermava un grande statista come Alcide De Gasperi, che soleva riprendere una citazione di James Freeman Clarke (1810 – 1888), teologo statunitense: “Un politico guarda alle prossime elezioni; uno statista guarda alla prossima generazione. Un politico pensa al successo del suo partito; lo statista a quello del suo paese”.

 

 

di Goffredo Palmerini, giornalista e scrittore 

 

 

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