«Nessuna parafrasi dai celebri indifferenti di Moravia,» osserva nel commento critico Pierangelo Miani (uno dei due migliori editor d’Europa), «benché l’intero romanzo suggerisca un’acuta metafora sociale: se quasi un secolo fa la questione ruotava attorno ai vizi, agli intrighi, alla noia e al meschino disgusto delle abitudini della ricca borghesia, oggi il focus è l’intimo dissidio tra il desiderio e la realtà cruda dei fatti: l’incapacità di scegliere, e dunque di essere. Ma se è facile dire che gli irresoluti sono il prodotto d’una società drogata di miti, di mezzi, di sirene capaci di sedurre intere legioni di wannabe, immaturi figli del benessere privi d’anticorpi contro il virus dell’abbondanza di (finte) occasioni, difficile è trovare gli antidoti.
Non a caso il protagonista, Andrea Greco, è l’archetipo del figlio perfetto: mite, obbediente, studioso, un automa addestrato a soddisfare i desideri della madre recitando il ruolo imposto dalle consuetudini e dai taciti compromessi delle famiglie “per bene”. Eppure un giorno qualcosa rompe quell’equilibrio cristallizzato in una forma tanto meticolosa quanto precaria, facendo scattare nel giovane la molla di una consapevolezza fino allora negata. L’autrice rifiuta ogni mimetismo con le storie trite e ritrite sulla ricerca e la scoperta d’un mondo libero e armonioso, poiché sa che quel mondo non è lo stato oggettivo di un luogo ma una conquista interiore del singolo, e per ridestare dal torpore il protagonista strapazza con gusto le regole e i conformismi dei quali è vittima. Dei quali, nella vita concreta, chi più chi meno, vittime lo siamo un po’ tutti».
Sullo sfondo della provincia con le sue atmosfere ottuse e sature di ribellioni represse, un’opera d’impianto verista con la presa di un film, un mosaico di avventure estreme, tragiche, beffarde, nel quale si riflettono tratti della nostra. Gli irresoluti è un romanzo che strapazza regole e conformismi tra fughe, insidie, rimpianti, e una galleria di personaggi di inconscia malizia e perversa innocenza. Definito da un celebre commediografo inglese, con perfetto british humour, «a real Triple-F: freaks, flyers and faggots, but with a very serious theme», ritrae un paesaggio interiore che violiamo pur abitandolo da sempre. «Era il momento di tornare un’ultima volta e concedersi poi il lusso stravagante di un nuovo nomadismo. Le valigie erano già pronte. Si sentiva la prova vivente che la giustizia del destino non è quella degli uomini, i quali tendono a scriverne i codici e l’etica in base al proprio tornaconto. Il destino è esso stesso la giustizia: lo è per chi ha tutto e non merita niente, lo è per chi ha avuto tutto – come lei – fino a quando se l’è meritato. La vera giustizia non dà nulla a nessuno, o non sarebbe equa».
Rosa Elena Colombo vive e lavora a Milano. Laureata in Giurisprudenza, coltiva la passione per l’antropologia e lo studio dei popoli antichi. Traduttrice, ha pubblicato per «Temperino Rosso» una nuova edizione de Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde. Nel novembre 2018 ha esordito con il romanzo Gente cattiva, edito da Oakmond Publishing.
a cura di Paolo Dalmasso, Saverio Stella, Giulia Sacchi. Postfazione di Pierangelo Miani (best european editor)
in libreria dal 19 luglio 2019 – Pagine 432, Euro 16,00, Formato 12,5 x 19,5