NASTRI, FIORI, BOTTONI E PURE SARDE E SALAMELLE. E’ L’ARTE DEL SEGNALIBRO

di Sara Piccolella

Un imperdibile pamphlet di Massimo Gatta ricostruisce la storia dell’oggetto che segna il tempo delle nostre letture

Mai perdere il segno. Nella vita come nella pagina, tenere il punto è fondamentale. E da punto a punto ciascuno di noi ha i suoi metodi per aggiornare gli avamposti della lettura; a volte sono veri e propri riti per fermare il momento in cui dobbiamo lasciare (per fortuna momentaneamente) le pagine: si va dal biglietto del tram al fiore essiccato, dallafoto del cuore al laccetto di seta, per superare quella ‘orecchia’ tirata nel volume di cui poi resta cicatrice nel tempo. Dietro questi segnalibri, fatti di carta, cuoio, bottoni, pesci e pure capelli  – veri e propri segnatempo dell’anima – c’è una storia profonda, magistralmente raccontata da Massimo Gatta, bibliotecario dell’Università degli Studi del Molise in un gioiellino imperdibile: “Breve storia del segnalibro”, edito da Graphe.it Edizioni, diretta dal vulcanico Roberto Russo (pp. 62, euro 7, www.graphe.it). Un pamphlet che ricostruendo l’origine dell’utile strumento con l’aiuto di celebri dipinti, primo tra tutto il Bibliotecario di Giuseppe Arcimboldi, dipinto nel 1566 e oggi conservato nel Castello di Skokloster di Habo, in Svezia. Lo studio si legge con piacere immenso, portandoci a scoprire la ‘marcatura’ della pagina dall’antichità fino ai nostri giorni.""

Un elemento filosofico, il segnalibro, per non smarrire la traccia del nostro passaggio di lettori all’interno di un testo che ci sta parlando. Il viaggio inizia con le “manicule” disegnate ai margini di antichi manoscritti, pratica diffusa tra XII e XVIII secolo, per imprimere il passo conquistato, per passare al segnalibro in cuoio. Secondo Arthur W. Coysh, la prima testimonianza dell’uso dei segnalibri risalirebbe a Cristopher Barker Esq., – mitico ‘stampatore della regina – che nel 1584 avrebbe inserito in una miscellanea rilegata per Elisabetta I, che univa Bibbia, libro delle preghiere e statuti del regno, un nastro in seta cucito dalla parte della rilegatura, che avrebbe facilitato la lettura della sovrana. Nell’inquieto Novecento, Gabriele D’Annunzio amerà invece lasciar seccare tra le pagine dei libri più amati dei segnalibri vegetali, fiori e foglie.

Gli amatori dei buoni libri devono soprattutto ritenere con un sorriso la storia del Pubblico Bibliotecario Magliabechi di Firenze, il quale leggendo a volte anche a mensa, “non avendo alcuna materia, si valea delle sardelle salate innanzi a lui apposte”. Un personaggio il Magliabechi, il più sudicio ed erudito uomo del suo tempo – come racconta Gaetano Volpi, sacerdote ed editore padovano che nel 1576 bacchettava le abitudini del lercio bibliotecario – che lardellava le pagine anche con fette di salame, aggiungendo così appetitose postille alle lettere divorate con occhi e brama di sapere. Si racconta che qualche rinsecchito avanzo fu trovato poi come “signacula” tra carte altrimenti venerabili.

Dalla metà dell’Ottocento, ai tradizionali nastrini verrà sostituendosi il segnalibro di carta, mentre negli anni Trenta del Novecento il segnalibro diventa un veicolo pubblicitario per ditte che producevano materiale di cancelleria, dolci o liquori. Dopo un altro giro di tempo arriveranno le microstorie del segnalibro, con l’opera meritoria dell’editore napoletano Gaetano Colonnese e con il palermitano Sellerio, ideatore del risvolto editoriale volante, che ne realizzò oltre cento per ciascun titolo della sua prima Collana editoriale ‘La civiltà perfezionata’, ideata da Leonardo Sciascia.

Oggi non sono molti gli editori che proseguono questa tradizione, mentre nel mondo delle pubblicazioni scientifiche il segnalibro con la frase di un autore è un dotto ed elegante segnatempo che costituisce una ulteriore chicca di Gnosis, la Rivista dell’Intelligence italiana. Un tratto di carta che si stacca dalla quarta di copertina dei raffinati volumi degli 007 delle lettere, in dialogo con il nostro tempo, per tenere utilmente il passo alla lettura delle pagine di analisi e pensieri lunghi.

Narra avventure di vita e pensiero, questo oggetto passato dai breviari di manzoniana memoria fino ai segnalibri virtuali, che fortunatamente convivono sulla stessa scrivania, in un libro o in un Kindle. Queste necessarie ‘minuzzarie’ fanno bene alla nostra lettura e anche all’occhio. Enzimi positivi, direbbe un saggio genovese contemporaneo, nel segno di contaminazioni tra mondi e storie, passando le dita sulla bellezza di una cultura che narra vissuti e continua a sterrare percorsi di incontro con l’altro.

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