Accordo Cei-Governo per le Sante Messe dal 18 maggio. Leggendo il Protocollo sanitario

di Giuseppe Adernò

Dopo il rintocco di campane  tra Palazzo Chigi, (le Messe sono sospese, autorizzati  solo i funerali con 15 persone ); l’attacco della CEI  (violazione della libertà di culto) e la campanella di Santa Marta:   "Obbediamo alle regole per non far tornare la pandemia", al termine di una lunga trattativa durata settimane, ecco finalmente firmato  a Palazzo Chigi, il protocollo che permetterà la ripresa delle celebrazioni  religiose con la partecipazione del popolo. Il documento è stato firmato dal presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti, dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e dal ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese.
"Il Protocollo, frutto di una profonda collaborazione e sinergia fra il Governo, il Comitato Tecnico-Scientifico e la Cei, dove ciascuno ha fatto la sua parte con responsabilità": come ha dichiarato il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, ribadendo "l’impegno della Chiesa a contribuire al superamento della crisi in atto", indica alcune misure da ottemperare con cura, concernenti l’accesso ai luoghi di culto in occasione di celebrazioni liturgiche, e alcuni suggerimenti generali.

 

«Le misure di sicurezza previste nel testo, ha dichiarato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, esprimono i contenuti e le modalità più idonee per assicurare che la ripresa delle celebrazioni liturgiche con il popolo avvenga nella maniera più sicura per garantire le esigenze di tutela della salute pubblica “.
Si potrà condividere il distanziamento fisico dei fedeli per evitare il contagio, ma leggendo le prescrizioni “laiche” del protocollo si nota come la Chiesa è equiparata ad un normale edificio pubblico, quasi un “esercizio commerciale” e non come realmente è un luogo di culto, luogo di preghiera e d’incontro con il Signore, centro di spiritualità. Perché autorizzare le celebrazioni il 18 maggio che è un lunedì, e non la domenica, che il “giorno del Signore”?
La celebrazione Eucaristica e la somministrazione dei Sacramenti vengono trattate come “cose che si fanno in chiesa”, non evidenziando la valenza spirituale e religiosa dei sacri riti.
Nel comma 3.4 vengono scanditi i passaggi della “distribuzione della Comunione”: “Dopo aver curato l’igiene delle mani e indossato i guanti monouso e mascherina coprendo naso e bocca”.
Il rito liturgico della Messa da secoli prevede il lavabo prima della Consacrazione e dopo aver toccato il Corpo di Cristo non sono necessari altri lavabi.
Se è vero quel che ci hanno insegnato al Catechismo, il Sacerdote, alter Christus, con le parole della consacrazione trasforma e transustanzia il pane (ostia) e il vino in Corpo e Sangue dei Gesù.
Dopo aver toccato non l’ostia, ma il Corpo di Cristo, il Sacerdote non ha bisogno di altre operazioni igieniche, né di protezione alcuna, perché “non distribuisce ostie “, che secondo il protocollo non devono “venire a contatto con le mani dei fedeli”, ma rende partecipi i fedeli del mistero eucaristico, nutrendosi del Corpo di Cristo e non di semplici ostie.
 Chi ci crede sa che “ Se non mangerete la mia carne e non berrete il mio sangue non avrete la vita in voi!” dice il Signore. L’Eucarestia è la fonte di energia per la vita cristiana.
Questa non leggera differenza di termini ed espressioni, non adeguatamente segnalate nel documento, frutto di “accordi e trattative”, creano confusione ed incertezza, non manifestano quella profonda fede nell’Eucarestia, che da sempre ha caratterizzato la storia della Chiesa.
Mi vien da ricordare, ancora, che nel solenne rito dell’ordinazione sacerdotale il Vescovo celebrante unge con il sacro crisma le mani del Sacerdote che, giunte, vengono legate con un velo bianco e dopo l’ordinazione vengono baciate dai familiari e dai fedeli. Sono mani consacrate e non hanno bisogno di successive igienizzazioni, né di protezione nell’amministrare i sacramenti: Battesimo  Eucarestia e Unzione degli infermi.
In terra di missione, anche se il sacerdote era ammalato di lebbra, nel celebrare la Messa e dare la Comunione non ha mai contagiato nessuno.  Questa è storia che testimonia una profonda fede.
Un altro errore da segnare con la matita blu nel testo del protocollo è al comma 3.9 “Il sacramento della Penitenza venga amministrato in luoghi ampi e areati… nel pieno rispetto delle misure di distanziamento e la riservatezza richiesta dal sacramento stesso. Sacerdote e fedele indossino sempre le mascherine”.
Si tratta di riservatezza o di “segreto confessionale”?
Si dimenticano i tanti sacerdoti santi che si sono fatti ammazzare per non venir meno al segreto confessionale e credo che non era soltanto “riservatezza”.  Le parole hanno un significato ed un valore. Una confessione con la mascherina, ha la dimensione di una semplice conversazione e perde la valenza di “sacramento che perdona e ridà grazia e benedizione”. 
Leggendo queste norme sembra che “ il velo del tempio si squarci in due” e crollano le antiche colonne della dottrina della Chiesa che reggono il tempo santo di Dio.
Il Governo, il Comitato tecnico scientifico non può entrare nel dettaglio dell’operatività e della gestione dei sacramenti che sono di competenza esclusiva della Chiesa che beneficia di un prezioso patrimonio di tradizione e di norme liturgiche. “Libera Chiesa, in libero Stato” nel rispetto delle norme concordatarie, senza invadenza di campo.
Mentre non si comprende la “presenza dell’organista, ma senza coro”, per il quale si potrebbero adottare le normali nome di distanziamento, le altre indicazioni: l’igienizzazione dei luoghi e degli oggetti; la comunicazione da predisporre per i fedeli; l’accesso con mascherina; il destinare una porta d’ingresso e una di uscita da lasciare sempre aperta e senza toccare mai le maniglie; la distanza di un metro e mezzo tra i fedeli, mentre durante la Santa Messa sarà sufficiente un metro” il divieto dello scambio del segno di pace; sono disposizioni alle quali dopo una così pesante quarantena di divieti e di restrizioni si è ormai abituati. 
Una società laica  forse eccessivamente preoccupata della salute fisica ha dimenticato che nella persona umana è presente  una dimensione spirituale, che ha diritto di essere alimentata e mantenersi viva, nella consapevolezza che “bonum est diffusivum sui” e non crea contagi, né trasmette virus.

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