Nel tragico caos sociale e culturale che la pandemia ha prodotto, si registra anche il blocco della carità.
Si constata che le norme prescrittive di prevenzione del contagio che hanno segregato in casa le famiglie, che hanno chiuso le scuole e le chiese, che hanno ingessato per due mesi la società, il commercio, il lavoro, con profonda amarezza, hanno soffocato anche la carità.
La benemerita istituzione della Casa della Carità, fondata da Suor Anna Cantalupo nel 1923, è stata costretta a sospendere la raccolta dei vestiti da destinare ai poveri, nel rispetto di tutte le norme igieniche e di prevenzione della diffusione del virus. Anche se adesso si provvederà alla sanificazione degli ambienti, non sarà possibile riattivare il servizio , per cui le numerose borse che vengono depositate dietro il portone di Via San Pietro, restano fuori e poi portate via dagli operatori ecologici come “raccolta indifferenziata” mentre “i poveri restano sempre più poveri” e s’incrementa lo spreco del consumismo.
Oggi, la paura del contagio e la rigidità delle norme hanno, di fatto, venir meno una risorsa di carità per i numerosi poveri che crescono sempre più nel numero e nella diversità di classi sociali.
Suor Stella, superiora delle Figlie della Carità, ha precisato che nonostante le numerose difficoltà, il Centro sociale rimane aperto e attivo, e grazie alla collaborazione di generosi benefattori ha potuto garantire continuità al servizio di assistenza domiciliare e alimentare per 65 famiglie, continuando l’opera assistenziale avviata da San Vincenzo De’ Paoli nel 1625 e proseguita dalle Figlie della Carità e dalle molteplici congregazioni religiose, Caritas, Comunità di S Egidio che dedicano particolari attenzioni ai poveri, agli emarginati, agli “scarti” della società”.
Il monito evangelico. “I poveri li avrete sempre con voi” non dovrebbe consentire in nessun modo operazioni di blocco e limitazione di servizi, ma oggi le norme igieniche di prevenzione e di sanificazione dei locali e dei vestiti richiedono procedure complesse e risorse economiche, purtroppo non disponibili.
Inoltre, essendo stata impedita per tre mesi la celebrazione della Messa con la partecipazione dei fedeli, le casette delle offerte destinate alla carità sono vuote ed i Parroci si trovano nella difficoltà di rispondere alle tante richieste delle famiglie che non hanno da mangiare.
Quando riprenderà la celebrazione della Messa con la partecipazione dei fedeli, fra tutte le norme di restrizione è vietata la raccolta delle offerte che saranno depositate in una cassetta a parte e quindi, implicherà di fare un’altra fila al termine della Messa e saranno in molti ad evitarla.
Anche i gesti di carità, di attenzione e di aiuto nei confronti delle persone anziane che attraversano la strada, dovendo rispettare il distanziamento fisico, sono vietati e condizionati dalla paura del virus che mortifica la socialità e il senso civico.
L’opera di misericordia corporale “visitare gli ammalati” oggi è vietata anche ai parenti e molti non hanno potuto offrire ai genitori l’ultimo saluto. Diventa icona della tragedia dell’epidemia la lunga fila di camion militari che trasportano cadaveri da cremare.
L’ombra nera del virus, anche quando non provoca contagi e malattie, imprime comunque un marchio di paura che uccide la carità.