In un periodo in cui i teatri sono chiusi e tutte le attività ad essi legati sono bloccate è necessario riportarle al centro magari rileggendo la storia di questo importante luogo della cultura per scoprire che esso è lo specchio della società in cui nasce e in cui essa può riflettere su se stessa.
È uscito il libro Teatro al centro Grassi, Strehler, de Bosio: registi tra dittatura e repubblica (Edizioni Menabò) di Fabrizio Pompei, (docente di Storia dello Spettacolo all’Accademia di Belle Arti di Firenze). Il volume fa parte della rinnovata Collana di Studi storici dell’Istituto Abruzzese per la Storia della Resistenza e dell’Italia contemporanea (IASRIC) che rappresenta il punto di incontro di docenti, studenti, dottorandi e dottori di ricerca, ricercatori e appassionati al tema della Storia moderna e contemporanea.
La generazione degli anni Venti ha sentito una profonda esigenza di rinnovamento teatrale che ha visto nel teatro il luogo fisico e mentale nel quale interrogarsi anche sul senso della propria esistenza. Il rinnovamento teatrale contraddistinto dalla nascita della regia è perseguito da quella generazione di teatranti costituita dagli intellettuali cresciuti negli anni del fascismo che nel dopoguerra sono diventati punto di riferimento per la rinascita del teatro italiano. Gli eventi teatrali che l’autore prende in esame nel volume sono quelli compresi tra il 1942 e il 1947 anni in cui si afferma la figura del regista.
Attraverso lo studio e l’analisi delle vicende di Paolo Grassi, Giorgio Strehler e Gianfranco de Bosio, viene ricostruito il percorso di un’intera generazione che, nata all’interno del Ventennio, supera la caduta del regime, l’armistizio, la resistenza e la proclamazione della Repubblica. Sulla base degli studi esistenti e di fonti storiche dirette, come lettere e testimonianze inedite dei protagonisti del volume, interviste, si ripercorrono i primi anni di attività dei giovani registi, che, attraverso momenti di esaltazioni e di crisi profonde, di successi e di cadute, danno vita ad un momento storico particolarmente denso per la vita del teatro nel Paese.
Un importante contributo al chiarimento di un periodo caratterizzato da forti luci e scure ombre è l’intervista a Gianfranco de Bosio, l’ultimo testimone ancora in vita di questa “generazione in fermento”. Protagonista della Resistenza, esponente di spicco della lotta contro il nazifascismo, componente del CLN di Verona, è tra i primi, insieme a Strehler, a intraprendere la strada della regia in Italia.
Lo spettacolo dal vivo è quindi lo specchio in cui la società civile in cui nasce ed è il luogo in cui essa può riflettere su sé stessa e, come afferma Gabriele Lavia nell’introduzione “poiché il teatro è un’arte. È un’arte complessa. È l’arte dell’uomo attraverso l’uomo. Non ha mediazioni, non ha tele, non ha marmi, non ha nient’altro che l’uomo, che il corpo, che la voce, che il respiro, che in greco si dice psyché: anima. E questo è tutto.”
Francesca Rapini