La morte di Franco Battiato ha scosso la Sicilia e il mondo della musica.
A Milo, alle pendici dell’Etna, cade un pezzo di cielo. La sua vita è stata come “un filo d’erba/ che si inchina alla brezza di maggio e alle sue intemperie”. La lunga sofferenza segnata dall’alzhheimer l’aveva già fatto uscire di scena, ma la sua sperimentazione di musica d’avanguardia e di artista, regista non viene soffocata dal dolore.
La sua arte, il suo estro poetico brillerà sempre nel cielo di Sicilia, da sempre faro e guida per il cammino errante. Come Pirandello, Battiato Uno, nessuno e centomila ha sfidato “Il vuoto” e “I giorni della monotonia”, alieno nella routine della canzonetta. Ha tradotto in canto la filosofia della Magna Grecia ed è diventato aedo del “cammino interminabile” della vita.
Il sodalizio con il filosofo Manlio Sgalambro lo ha condotto per sentieri inesplorati dell’animo umano, dialogando con Eraclito e Callimaco. Nelle sue canzoni la leggerezza convive con la profondità, il piacere epidermico con la colta consapevolezza di un ex avanguardia popolare, le melodie sottili ma inesorabili con improvvisi segni del futuro digitale. Ecco l’incantesimo di Franco Battiato e ritornano i suoi versi “Siamo essere immortali, caduti nelle tenebre e destinati ad errare nei secoli dei secoli”.
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