L’AQUILA, 17 settembre – Con viva commozione ho appreso la triste notizia della scomparsa, ieri, dell’architetto Giuseppe Santoro. Professionista di grande valore, formatosi alla scuola di insigni maestri dell’architettura e dell’urbanistica – Bruno Zevi in primis -, una straordinaria affabilità, gentilezza e attitudine dialogica, Giuseppe Santoro ha dato espressione alla più alta cultura del restauro, sia che interessasse il centro storico dell’Aquila o la costellazione dei borghi che nel 1254 contribuirono alla fondazione della civitas nova, verso i quali ha avuto sempre una particolare predilezione, scegliendone appunto uno, Castelvecchio Calvisio, come buen retiro fuori porta.
Tra i primi architetti iscritti all’Ordine nella provincia dell’Aquila (al n.14), con la sua cifra stilistica ha firmato nella città capoluogo d’Abruzzo numerose opere, tra le quali il restauro del Teatro comunale dell’Aquila, il progetto della sede dell’Associazione Costruttori Edili, l’arredo urbano e l’illuminazione di Piazza del Duomo e tante altre ancora.
Ma porta la sua firma anche il progetto del grande altare ligneo che il 30 agosto 1980, davanti la Basilica di Collemaggio, servì per la celebrazione eucaristica di Giovanni Paolo II, nella prima visita pastorale a L’Aquila in occasione del quinto centenario della nascita di San Bernardino. Solo per citarne alcune delle sue opere nella città che egli ha tanto amato, per la straordinaria bellezza artistica e architettonica e per la sua storia singolare. Ma Santoro ha progettato anche all’estero, come l’Ambasciata d’Italia a Ottawa.
Rilevante è inoltre stata la sua partecipazione e il contributo reso alla vita civile e culturale della nostra città, alla quale ha sempre dato, con rara sensibilità, il suo contributo intellettuale. Ne sono io stesso testimone, per tutti gli anni che da amministratore civico ho vissuto a Palazzo Margherita. Come pure un’impronta ha lasciato, come docente, nel campo della formazione. Era un piacere incontrarlo e poter conversare con lui. La signorilità del tratto e la profondità del pensiero hanno sempre accompagnato la sua vita professionale e sociale. Un vero gentiluomo.
Infine l’uomo dal multiforme ingegno, anche nell’arte, che l’ha visto intrattenere una solida amicizia con il pittore Mario Schifano. Giuseppe Santoro, infatti, ha coltivato per un’intera vita una passione intensa per il disegno d’arte (matita e sanguigna) e soprattutto per la pittura (acquerello, olio, acrilico). Me ne accorsi qualche anno fa quando entrai nella sua bella casa in via Garibaldi e potei ammirare alcune sue tele e disegni.
Uno straordinario talento per la pittura, una passione intensa, la sua, rimasta intima fino a tre anni fa, quando con un’inattesa epifania si decise a condividerla con la Città in una bella e magnifica mostra “I segni dell’anima”, un’esposizione antologica allestita nel cortile del palazzo Lucentini Bonanni durante la Perdonanza Celestiniana 2018. Un significativo saggio della sua produzione artistica di quasi 60 anni, fino ad allora tenuta nella discrezione familiare. Giuseppe Santoro lascia la sua Città più povera, uscendo di scena all’età di 88 anni con quella garbata discrezione che ha accompagnato tutta la sua vita. Oggi, nella magnificente bellezza della Chiesa di San Silvestro dallo splendido ciclo quattrocentesco di affreschi absidali realizzati dal Maestro di Beffi, L’Aquila gli darà l’ultimo saluto.
Esprimo con affetto alla signora Gabriella e ai figli – Chiara, Ilaria e Federico – i sentimenti di partecipazione per la sua scomparsa, grato a Peppe per l’amicizia e la stima che abbiamo condiviso e per quanto egli ha dato con generosità alla Città, rinvigorendo antiche tradizioni – come la “Sant’Agnese” aquilana – e prestando la sua opera in numerose circostanze, tra queste la progettazione delle scene della natività per il Presepe vivente di Pianola, utilizzate per la realizzazione del villaggio che ogni anno fa da cornice alla suggestiva rappresentazione.
(Nella foto di copertina, a sinistra l’architetto Santoro con il sindaco dell’Aquila Pierluigi Bondi ad una mostra)