Cosa accade alla politica di oggi?

L'Aula di Montecitorio - Roma.

Prima o poi arriva l’ora in cui bisogna prendere una posizione che non è né sicura, né conveniente, né popolare, ma bisogna prenderla, perché è giusta.”
Martin Luther King

Cosa accade alla politica di oggi?

Negli anni ’50 – ’70 i militanti politici si misuravano con le tumultuose novità di un Paese appena ricostruito e avviato in pochi anni a diventare una potenza industriale.
Con il passare degli anni la politica diventa uno dei luoghi in cui si incontrano e scontrano gli esiti di una egemonia culturale, con i primi cedimenti dovuti ad un’effettiva incapacità nel leggere gli sviluppi di un sistema-mondo già in via di ristrutturazione e globalizzazione.
La politica oggi rappresenta una storia  itinerante che con il tempo cambia l’estrazione degli allievi con una diminuzione sempre più marcata di formazione.
Si modificano i tempi del percorso formativo (a volte del tutto inesistente) cambiano anche i programmi e le bibliografie.
Stiamo vivendo un periodo buio del mondo politico, dove il gossip oscura i veri problemi della NAZIONE, dove la classe dirigente mostra impreparazione e si ritrova chiusa e persa nei palazzi con la paura dei continui complotti.
Se fosse vivo Aldo Moro avrebbe sulle labbra un sorriso beffardo (conosceva bene lui i veri complotti).
È necessaria più che mai una revisione della formazione e della scelta degli uomini di governo, che partendo dalla complessità dell’oggi nella sua dimensione sociale, culturale e antropologica si proietti verso un nuovo umanesimo che sappia leggere la realtà per modificarla a fronte di una efficacia della politica e di conseguenza della proposta per la salvaguardia del PAESE.
Si sente la necessità di avere rappresentanti con ancora un senso profondo di equilibrio politico- economico-sociale ed oserei dire etico.
E viene spontanea la domanda :
Cosa vogliamo da chi ci governa?
Questo interrogativo ci pone di fronte all’orientamento dell’agire politico di oggi ma proiettato nel futuro e la politica tutta (chi governa e chi no) deve sentire questa responsabilità ritornando ad assolvere alle sue funzioni: dirigere i processi, risolvere i problemi, non gestire ma governare, gestire il conflitto, mostrare di avere a cuore la vita delle persone non come generica vicinanza agli ultimi,ma producendo futuro nella critica del presente.
Oggi abbiamo bisogno di STATISTI lasciando a casa chi non solo non sa programmare produrre, risolvere rispettare,
MA NON SA NEMMENO PENSARE.

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