Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani in occasione della Festa del lavoro intende far soffermare il mondo della scuola sulle problematiche inerenti alla classe docente, che, anche in questi giorni, trovano ampio spazio sui media nazionali.
Nel corso degli anni si è andato consolidando sia un abbassamento funzionale che un ridimensionamento strutturale del ruolo del docente, fattori il cui frutto ha comportato una perdita di consapevolezza da parte dell’opinione pubblica in merito alle reali difficoltà nella gestione di classi sempre più complesse, numerose e articolate e sugli ingenti investimenti connessi all’esercizio di tale professione (laurea, specializzazioni, precariato, concorso). Pare che i docenti siano diventati bersaglio preferito di una campagna denigratoria, che ha per fine quello di smantellare il pensiero critico in una società sempre più consumistica e “allettata” proprio da “sirene” nefaste, che solleticano i più bassi istinti e spingono in direzione del disimpegno più totale, morale e culturale, producendo “disvalori” e falsi miti.
Oggi, rispetto al passato, sono diminuiti sia il tasso di sindacalizzazione sia la partecipazione attiva a causa della disaffezione della classe docente nei confronti delle organizzazioni di settore.
Indubbiamente l’esperienza pratica acquisita sul campo, supportata dall’integrità morale, laddove ci sia, costituisce un ottimo punto di partenza; ma il valore intrinseco costituito dalle letture importanti, anche e soprattutto di contenuto umanistico – giuridico, determina lo spartiacque tra il sapere e il tecnicismo; tra l’improvvisazione, in molti casi, e una visione globale più profonda. Se i docenti vengono malmenati, sbeffeggiati e denigrati, succede perché incarnano principi oramai non solo sorpassati, ma fortemente e tragicamente dissonanti rispetto alla faciloneria “dilagante” attuale. Nell’opinione generale, purtroppo, per fare soldi studiare non serve, come attesta la fuga dei cervelli desolatamente in atto da molti anni nel nostro Paese.
Alla luce degli attuali standard europei, evocati in ogni circostanza e per i più svariati motivi, tranne che per la retribuzione, riteniamo inadeguati gli aumenti contrattuali rispetto alle responsabilità sempre più crescenti connesse all’esercizio di tale ruolo e sconfortante “il processo alle intenzioni” cui quotidianamente viene sottoposta la categoria. Tutti questi singoli fattori insieme producono un effetto devastante, con l’esito finale dello svilimento della figura del docente. Sia ben chiaro che la consapevolezza critica impone continue riflessioni sui meriti e demeriti di tale professione; tuttavia la diffidenza e la mancanza di autorevolezza, che non deriva magicamente solo dal carisma personale esercitato, ma anche da strumenti “veri”, operativi, a disposizione della propria quotidianità lavorativa, non aiutano l’insegnante a esprimersi al meglio nel proprio lavoro. E questo costituisce una possibilità mancata per la società, per la formazione delle future generazioni, e un concreto rischio di burnout per tanti colleghi.
Oggi chiediamo che il lavoro svolto dai docenti delle scuole secondarie venga considerato usurante, in modo da scongiurare situazioni che possano degenerare, anche a causa di condizioni di salute incerte, unite ad un’età ragguardevole. Crediamo sia necessario per il nuovo Governo intervenire al più presto sul tema del precariato, riducendone le dimensioni, e sviluppare politiche che facciano ricongiungere al più presto i docenti di ruolo con le proprie famiglie, specialmente se hanno maturato tanti anni di servizio fuori dalla sede di residenza. Auspichiamo che in questa giornata si possa realmente riflettere insieme e avviare una programma di azioni funzionale al miglioramento della scuola, basato sul dialogo e sul confronto reale con la classe politica attuale. In gioco non ci sono solo i docenti…