Ci siamo. Il 18 settembre sapremo se la Scozia sarà indipendente dal Regno Unito.
Dieci sono le domande che in questi giorni infiammano il dibattito politico in merito alla “storica” opportunità. L’ultima rilevazione dei sondaggi (6 settembre) dava il fronte del “Si” al 51%, in attesa di sapere come finirà ho provato a ipotizzare dieci possibili cambiamenti se il 19 settembre Edimburgo si sveglierà indipendente.
In primis la “questione bandiera”. La famosa (e molto cool) Union Jack è formata dalle bandiere dei tre santi patroni di Inghilterra, Irlanda e Scozia, escluso San Davide di Menevia (Galles). Motivo per cui sono proprio i gallesi i primi a volere un redesign complessivo della bandiera. L’Union Jack potrebbe quindi vedersi sostituita il blu con il nero (gallese) ma qui sorge un “grosso problema”: è già un simbolo usato dai gruppi neofascisti britannici!
Elisabetta sarà anche regina di Scozia? Probabilmente si. Gli scozzesi sono molto legati a questa regina che ha passato gran parte della sua infanzia oltre il Vallo. La moneta? Affare spinoso. Il leader dello Scottish National Party (Snp) – e premier scozzese – Alex Salmond ha dichiarato che si continuerà a usare la sterlina, mentre Cameron ha già annunciato di essere contrario a questa soluzione. L’Euro o una propria valuta? Difficili come exit strategy.
A chi andrà il petrolio del Mare del Nord? Secondo il Guardian il petrolio è il fiore all’occhiello della Scozia indipendente, in caso di addio a Londra a Edimburgo andrebbe il 91% dei ricavi, mica male.
Questione esercito. Oggi, i soldati britannici nati in Scozia sono più o meno il 30 per cento. E ci sono anche un bel po’ di battaglioni di origine territoriale scozzese. Secondo il Ministro della Difesa di Sua Maestà Philip Hammond l’esercito britannico è un meccanismo talmente integrato e sofisticato che dividerlo «come una barretta di cioccolato» è praticamente impossibile. Facile o meno, lo Snp sta già pensando a come organizzare il proprio nuovo esercito. Secondo Salmond sarà un esercito molto leggero e si baserà su una base navale, una base aerea e una brigata mobile. La più delicata di tutte, tuttavia, è la vicenda relativa ai sottomarini nucleari Trident dell’esercito britannico, ormeggiati in Scozia presso la base militare HMNB Clyde, una delle tre basi operative della Royal Navy in Scozia. Salmond, su questo punto è stato molto chiaro e la maggior parte degli scozzesi concorda con lui: la Scozia sarà un Paese nuke free e quindi i Trident se ne devono andare. Come verrà ripartito il debito pubblico? Il precedente storico della scissione tra Repubblica Ceca e Slovacchia, che ci hanno messo sette anni per trovare un accordo sulla divisione delle riserve d’oro non è per nulla incoraggiante. Sanità e pensioni? In Scozia ci sono solamente 3,2 persone in età da lavoro per ogni pensionato e nel 2037, per l’Ufficio Statistico Nazionale (Ons) saranno soltanto 2,6, laddove nel resto del Regno Unito, invece, le persone in età da lavoro tendono, e tenderanno, ad aumentare. Il motivo è piuttosto semplice: Londra e il resto dell’Inghilterra sono posti verso cui la gente tende a migrare, la Scozia è un Paese da cui i giovani tendono a scappare. Finora, gli alti costi sanitari e pensionistici scozzesi erano in buona parte coperti dai trasferimenti provenienti da «mamma Londra». Domani, toccherà a Edimburgo provvedere. Salmond pare avere le idee chiare pure su questo tema. Infine le banali curiosità: quale sarà il prefisso telefonico della Scozia? Dimenticate il vecchio +44 british style. In caso di vittoria dei Si per chiamare in Scozia bisognerà digitare il +424, mentre il dominio internet sarà, con molta probabilità, .scot non fosse altro per il fatto che .sc è già il dominio delle Seychelles e sl. della Sierra Leone.
Un ultima riflessione: l’indipendenza (possibile) scozzese ispirerà altri secessionisti in giro per l’Europa? Se vincessero, probabilmente sì, anche se il referendum scozzese è perfettamente legale, avendo ricevuto l’assenso reale il 7 agosto 2013, laddove non lo sarà il referendum del prossimo 4 novembre – se mai si terrà – sull’indipendenza della Catalogna dalla Spagna e anche un eventuale referendum per l’uscita dall’euro dell’Italia non lo sarebbe, in quanto la Costituzione italiana esclude i trattati internazionali tra le materie potenzialmente oggetto di consultazione referendaria. Certo, in caso di una vittoria del No rimarrebbero sul tappeto la questione del petrolio e quella del nucleare, ma se la sconfitta degli indipendentisti fosse di misura, come i sondaggi di questi giorni suggeriscono, potrebbe anche essere argomento di ulteriori negoziazioni.