Parigi. Je suis Charlie. Migliaia di persone ieri notte sono scese in piazza a Parigi, e nelle maggiori città della Francia, per manifestare contro il barbaro attentato terroristico ai danni dei giornalisti di Charlie Hebdo.
Una vera e propria mobilitazione silenziosa che ha investito anche Londra, Madrid, Amsterdam e Stoccolma. Raduni pacati e matite in mano. Intanto l’intelligence parigina ha registrato nella notte (7 gennaio) la resa del presunto autista del commando autore dell’attentato.
Si chiama Amid Mourad ed ha 18 anni, poco più di un ragazzino che si è spontaneamente consegnato alla polizia. Anche se nelle ultime ore subito dopo la sua consegna alla polizia francese, sembra circoli la notizia che Mourad abbia dichiarato di avere un alibi.
Rimarrebbero a piede libero i fratelli Said e Cherif Kouachi, franco-algerini, terroristi islamici, tornati in Francia in estate dopo aver combattuto la guerra civile in Siria.
Sarebbero stati identificati grazie alla carta d’identità ritrovata dalla polizia nella Citroen C3 lasciata durante la fuga vicino alla porte de Pantin, a Parigi.
Sono diverse le immagini che circolano online e che rivelano le foto dei loro documenti. Secondo un articolo del New York Times pubblicato nel febbraio 2005, Cherif Kouachi all’epoca 22enne era pronto per partire dalla Francia per combattere al fianco dei ribelli in Iraq.
Ecco le loro facce, svelate e rimbalzate da tutti i siti del mondo, gli autori della strage al Charlie Hebdo sono quindi franco-algerini, cittadini di una Francia che da decenni decanta le proprie politiche d’integrazione, cittadini di una Francia che conta circa cinque milioni di musulmani.
L’autista, Amid Mourad, si sarebbe quindi consegnato in tarda serata a Charleville-Mezières, vicino al confine con il Belgio, dove era in corso un’operazione di polizia, «dopo aver visto che il suo nome circolava sulle reti Internet». Secondo le prime ricostruzioni sarebbe un “senza fissa dimora”, “il meno implicato” nell’organizzazione e nell’esecuzione dell’attacco.
In base alle deposizioni raccolte il commando ha dapprima sbagliato il numero civico e ha dovuto chiedere l’indirizzo del giornale. Sotto le minacce delle armi ha obbligato una redattrice a comporre il codice per aprire la porta. Una volta dentro hanno chiamato le vittime per nome prima di sparare, cercando di uccidere soprattutto gli uomini, solo una donna tra le vittime, è una psicologa e psicoterapeuta, Elsa Cayat, che teneva una rubrica ogni 2 settimane sul settimanale. L’identificazione dei killer è stata resa possibile dal ritrovamento di una carta d’identità ritrovata dalla polizia in una Citroen C3 abbandonata dagli attentatori durante la fuga. La classica “smoking gun”.