Nel giorno della scomparsa di George H.W. Bush, il “normalizzatore” anche noto come “Bush padre”, la Francia e la sua capitale si è svegliata traumatizzata dall’ennesima rivolta di piazza, stavolta molto più violenta e furiosa.
Il mondo bipolare che proprio Bush, assieme all’allora presidente dell’Unione Sovietica Mikhail Gorbaciov, aveva traghettato senza “scosse” verso un futuro migliore fatto di disarmo e pace si è, nel tempo, avvitato su sé stesso, senza trovare soluzioni sociali e civili “buone” per risolvere i problemi di un Occidente che ha perso la sua forza propulsiva.
La Francia, probabilmente, sta pagando maggiormente le tensioni emerse in Europa negli ultimi anni e, come nello scorso week end, spesso ha manifestato il suo volto più estremo e violento. Il bilancio del terzo sabato di guerriglia urbana a Parigi parla chiaro: oltre 100 feriti e più di 270 arresti tra il “gilet gialli” che protestano contro il caro-benzina, ma tutta la Francia è stata attraversata da Nord a Sud da manifestazioni e scontri.
Una domenica che ci porta indietro ad immagini recenti di una Parigi sotto assedio, tra la rivolta delle banlieue, gli attacchi terroristici e le immagini di questi giorni la violenza rimane il fattore comune di un paese che sfoga i propri malesseri in maniera forte e distruttiva.
Il ministro Christophe Castener ha parlato di una “strategia di professionisti del disordine”, mentre la leader dell’estrema destra Marine Le Pen – che come l’estrema sinistra ha cavalcato l’ondata di protesta – ha lanciato ieri l’appello a Macron affinché riceva “i capi dei partiti politici dell’opposizione” al suo rientro dal G20.
Le proteste dei Gilets jaunes non sono rivolte solo contro il rialzo del prezzo ma più in generale contro l’aumento delle tasse e la diminuzione del potere d’acquisto e, come detto, sono un po' lo specchio del malessere sociale della Francia di oggi. La leadership di Macron è sempre più debole è la marcia indietro del presidente, di ieri, è volta proprio a tentare di ricucire i rapporti attraverso il dialogo. Basterà?