Parigi, 7 dicembre 2019 – In risposta alla forte mobilitazione del giovedì nero – con in tutto 806 mila manifestanti, 65 mila soltanto a Parigi, trasporti fermi, scuole chiuse – e alla seconda giornata di paralisi del Paese, il governo francese sceglie la strategia dell’attesa.
Lo sciopero dei trasporti andrà avanti fino a lunedì 9, e i sindacati, che stanno tirando le somme del successo della contestazione per affinare la loro strategia, annunciano una seconda giornata di scioperi per martedì prossimo.
Dal governo silenzio stampa, o quasi. Sibeth Ndiaye, portavoce dell’esecutivo, ha confermato una serie di appuntamenti decisi in agenda per la prossima settimana. L’Alto commissario per le pensioni, Jean-Paul Delevoye – che ha ricevuto dal presidente Emmanuel Macron l’incarico di affiancare il governo nella stesura della cruciale riforma – presenterà le sue conclusioni, sulla base delle consultazioni con i partner sociali.
Il secondo appuntamento vedrà in prima linea Edouard Philippe che illustrerà "l’architettura generale" della riforma, per "uscire dalla zona d’ombra" denunciata da sindacati e opposizione. Finora non c’è alcun progetto ben definito sul tavolo, ma solo una linea di orientamento generale che prevede l’abolizione dei 42 regimi pensionistici specifici e il passaggio a un nuovo sistema universale a punti, con l’obiettivo dichiarato di far risparmiare risorse allo Stato assistenzialista francese. All’indomani della contestazione, sottolinea Le Monde, "il governo cerca di relativizzare la forte affluenza e sta pensando ai possibili aggiustamenti".
Di fronte alla paralisi di trasporti, in parte di scuole, polizia, giustizia e nei prossimi giorni anche della sanità, i ministri "hanno ricevuto la consegna di non mostrare alcun segno di febbrilità, tenuto conto che si erano preparati da tempo a tale scenario", analizza il quotidiano.
In una Parigi totalmente bloccata, ogni membro del governo, nel proprio ambito di competenza, va sul terreno: ieri all’alba il segretario di Stato ai Trasporti, Jean-Baptiste Djebbari, è sceso nei sotterranei della metro per incontrare agenti della società Ratp e utenti bloccati. Volutamente rassicuranti i commenti del premier Philippe che ha definito scioperi e manifestazioni "globalmente in conformità con quanto previsto, con una forte adesione nei trasporti pubblici", complimentandosi con i sindacati per "un corretto svolgimento, con poche violenze".
Il leitmotiv governativo del giovedì nero è stato "c’è tanta gente ma i tassi di adesione allo sciopero sono molto al di sotto dei precedenti movimenti di protesta contro la riforma delle pensioni del 2010 e 2003". Una piccola battaglia si sta giocando, come sempre, sui numeri. Con uno dei principali sindacati, la Cgt, che ha registrato 1,5 milioni di partecipanti, 250 mila nella capitale, un’adesione di gran lunga superiore alle proteste del 2010, con 400 mila manifestanti su scala nazionale. Nella scuola si è trattato dello sciopero più importante dal 2003, con un tasso di adesione del 51% secondo il governo, del 65% per i sindacati, che ora invitano le scuole ad aderire ad iniziative locali di chiusura degli istituti.
Destabilizzato nei mesi scorsi dalle proteste dei gilet gialli e altri malcontenti sociali che ora rischiano di compattarsi, a questo giro l’esecutivo francese ha deciso di aspettare le reazioni della piazza, portando avanti nel contempo le trattative con i sindacati per trovare i dovuti compromessi e aggiustamenti, senza i quali difficilmente la riforma verrà adottata. Un processo a tappe quello strategicamente voluto da Macron che sull’altare della riforma delle pensioni si sta giocando la seconda parte del mandato e, in prospettiva, anche la rielezione nel 2022. Ma per ora il presidente manda avanti il suo primo ministro Philippe, incaricato di una missione difficile, quasi da equilibrista, che dalla sua parte ha ancora un margine di manovra negoziale verso il traguardo della riforma delle pensioni, impegno elettorale preso da Macron nel 2017.